POLITICA & GIUSTIZIA

Sindaca leghista in manette

Ai domiciliari la prima cittadina di San Germano Vercellese, Michela Rosetta. Era anche stata candidata in Regione, ottenendo oltre 2.700 preferenze. Con lei ai domiciliari altri due amministratori: le accuse, a vario titolo, vanno dal peculato all'abuso d'ufficio

Cinque persone sono finite in manette questa mattina nel Vercellese. Tra loro figura anche la sindaca leghista del comune di San Germano Michela Rosetta, ai domiciliari. Le accuse a vario titolo mosse a carico degli indagati riguardano più ipotesi di peculato, falsità materiale e falsità ideologica in atto pubblico commessa dal pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale. Oltre al sindaco Rosetta, è ai domiciliari anche il consigliere comunale (assessore di San Germano all’epoca dei fatti) Giorgio Carando, mentre l’ex vicesindaco dello stesso comune, oggi consigliere, Maurizio Bosco, avrà l’obbligo di presentazione davanti al Pg. Stesse misure restrittive anche per G.S., 62enne, ex dipendente comunale, e ad una quinta persona, D.M., 49enne, tutti e due residenti in quel centro. Nell’ambito dello stesso procedimento sono stati sottoposti ad indagini altri sette privati cittadini tra i quali due impresari edili.

Michela Rosetta è un esponente di punta della Lega vercellese. Candidata alle scorse elezioni regionali ha ottenuto oltre 2.700 preferenze. È politicamente vicina al segretario regionale Riccardo Molinari che l’ha sempre usata in quel territorio per arginare il deputato e sindaco di Borgosesia Paolo Tiramani, considerato non sempre allineato con il vertice piemontese del partito e per questo fin troppo autonomo. Così, finisce nei guai un'altra sindaca leghista, dopo le grane giudiziarie che hanno colpito il primo cittadino di Biella Claudio Corradino. (LEGGI)

Le indagini, coordinate dalla Procura di Vercelli, sono nate a seguito di dichiarazioni rilasciate ai Carabinieri da una impiegata del Comune sulla sua estromissione dalla gestione delle pratiche relative alle assegnazioni delle derrate alimentari acquistate dal Comune con fondi economici statali, quelli erogati ai sensi dell’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito dell’emergenza alimentare conseguente al da Covid-19. L'indagine ha portato a scoprire almeno diverse condotte che hanno fatto scattare le misure cautelari.

L’articolata attività di indagine che è scaturita - e che per il contesto storico-epidemiologico nel quale si è sviluppata si vorrebbe non aver mai avuto la necessità di svolgere - si è protratta dal mese di febbraio al mese di novembre del 2020 ed è stata attuata anche attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, ed in particolare grazie alle microspie installate nel locale magazzino del Comune dove erano state riposte le derrate alimentari, portando alla luce una serie di condotte illecite, poste in essere in prima persona dal sindaco e dall’allora assessore, nella gestione degli aiuti alimentari, con particolare riferimento all’individuazione della platea dei legittimi beneficiari ed alla distribuzione dei predetti beni, che è stata attuata consegnandoli di volta in volta in maniera non omogenea, per tipologia e quantitativi, oppure nei confronti di beneficiari carenti dei relativi requisiti, al punto da consegnare gli aiuti anche a nuclei familiari con redditi oltre i 7mila euro mensili. Al contempo sono stati estromessi dagli aiuti anziani non autosufficienti con redditi modestissimi e stranieri in situazione di evidente difficoltà, con figli minori e disabili.

Sono gli stessi pubblici ufficiali arrestati che, nel corso di una intercettazione, commentano il proprio operato ammettendo di fare “figli e figliastri” e di consegnare, ai soggetti a loro meno graditi, il “pacco da sfigati”, ovvero di minor valore per tipologia e quantità dei beni contenuti.

Particolarmente significativa la vicenda di una cittadina extracomunitaria in gravi difficoltà economiche, alla cui richiesta di evitare l’invio di alimenti che lei ed i suoi figli non avrebbero consumato per motivi religiosi, ha fatto seguito, su disposizione del sindaco, la mancata erogazione di ulteriori aiuti e la distruzione dagli atti del protocollo della richiesta recapitata in Comune dalla donna. Anche in ragione delle intercettazioni ambientali all’interno dei locali comunali nel corso delle quali il sindaco esterna animosamente il proprio disappunto per le richieste della donna, si contesta a carico del primo cittadino l’aggravante della finalità di discriminazione ed odio razziale. Accanto alla distribuzione fortemente iniqua delle derrate alimentari, in violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza della pubblica amministrazione, è stato accertato ed è contestato l’acquisto, da parte del Comune con fondi pubblici, di generi alimentari non essenziali, come nel caso di taluni prodotti surgelati, quali mazzancolle tropicali e capesante.

Per il solo consigliere Carando sono altresì stati accertati numerosi episodi, monitorati dai militari dell’Arma sia attraverso le intercettazioni tra presenti sia mediante monitoraggio satellitare della sua autovettura, in cui questi, avvalendosi delle proprie funzioni, ha avuto accesso al magazzino ove erano custodite le derrate, asportando una parte consistente di prodotti di cui si è impossessato a vantaggio proprio o dei propri familiari.

Oltre a tali vicende sono emerse dalle indagini ulteriori irregolarità sull’approvvigionamento di 2mila mascherine protettive, acquistate dal Comune presso una ditta campana che risulta legata, per motivi professionali, allo stesso Carando, nonostante l’esistenza di un altro più economico preventivo fornito da diversa azienda operante nello specifico settore.

Le investigazioni hanno riguardato anche le note vicende connesse all’abbattimento della ex Chiesa del Loreto di San Germano Vercellese, sottoposta a vincolo da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali, demolita il giorno 3 febbraio 2020 su disposizione del primo cittadino, alla presenza degli allora viceindaco, Bosco, e assessore Carando, in quella che venne all’epoca indicata come una scelta necessaria, adottata nell’emergenza scaturita dal crollo di una porzione della facciata principale dello stabile, avvenuto nel corso della messa in sicurezza da parte della ditta incaricata dallo stesso Comune. Dall’esito degli accertamenti espletati risulta invece che tale iniziale crollo è stato appositamente procurato, in accordo con la ditta incaricata, proprio allo scopo di giustificare la conseguente immediata demolizione dello stabile, così da arrecare un grave danno alla Soprintendenza.

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