LOTTA AL COVID

"Vaccinazioni 24 ore su 24 per arginare la variante inglese"

Accelerare il più possibile la campagna di immunizzazione e triplicare il numero di tamponi. La strategia contro il Covid più contagioso indicata dall'infettivologo Di Perri. A marzo all'Amedeo di Savoia un'apparecchiatura per sequenziare il virus

“Vaccinare, vaccinare il più possibile lavorando ventiquattr’ore al giorno, sabato e domenica compresi. C’è stato un problema sulle forniture, ma adesso il Piemonte ha bisogno di uno sforzo titanico. Bisogna dare una risposta alla popolazione che ha sofferto molto e che è stata trattata molto spesso dal governo con ambiguità e adesso deve vedere concretamente che i nostri governanti regionali stanno facendo tutto quel che si deve fare”.

Quella che dà Giovanni di Perri, primario di Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia è una salutare sferzata, ma anche la precisa indicazione, insieme ad altre che l’infettivologo sollecita, di fronte a uno scenario dove la variante inglese del Covid e la sua rapida diffusione non è un’eventualità, ma una certezza. Proprio questa mutazione del virus è alla base della discussa e a dir poco improvvisa decisione assunta dal ministro della Salute Roberto Speranza di vietare la riapertura delle stazioni sciistiche. Il consulente del ministro, Valter Ricciardi ha invocato come inevitabile soluzione, di fronte all’espandersi di nuove varianti, un lockdown totale dividendo sul punto la comunità scientifica nazionale.

Professor Di Perri, ha ragione Ricciardi o quella del consulente del ministro è una soluzione esagerata e improponibile?     
“Da un punto di vista tecnico, laico e se vuole un po’ cinico l’intervento di Ricciardi e il parere del professor Massimo Galli sono ineccepibili. Oggettivamente siamo in una fase di stabilità, però su alti numeri di contagi. Stabilità che adesso sta un po’ scricchiolando verso l’alto. E questa variante inglese sta prendendo spazio, perché è più facile da trasmettere”.

Vuole spiegare questa maggiore capacità di infettare?
“Questo virus si attacca a un recettore del nostro albero respiratorio, chiamato Ace2. La collosità, per usare un’immagine efficace, con cui il virus si può attaccare può essere più forte e questo accade con la variante inglese. Se mettiamo dieci persone davanti a un infetto con la variante normale se ne infettano due, con la variante inglese almeno tre. Il virus si lega più facilmente alla proteina”.

Però i vaccini proteggono anche da questa variante, giusto?
“Assolutamente sì, ecco perché è importante vaccinare il più in fretta possibile il maggior numero di persone. Tornando alla contagiosità, va osservato che se abbiamo tarato il nostro comportamento, devo dire non con grandissimo successo, per quanto riguarda distanziamento e mascherine ed è stato insufficiente con il virus nomale, figuriamoci cosa succederà adesso che progressivamente la variante inglese prende il posto del virus originale”.

Dalle sue parole emerge che è impensabile non si diffonda sul territorio piemontese in maniera pesante come già avviene in altri Paesi, ma già anche in altre regioni italiane 
“Non vedo perché non dovrebbe succedere, quanto accaduto all’estero. Avremo via via delle percentuali crescenti. Oggi nell’area di Londra si è al 90% di variante inglese, in Scozia al 40% in Francia al 25%, in Italia in base ai dati di due settimane fa intorno al 18%”.

Il suo ospedale nei giorni scorsi ha collaborato con il ministero per il sequenziamento, i dati regionali?
“Sono indietro di un po’ di giorni, ma la percentuale in Piemonte dovrebbe aggirarsi tra il 10 e il 20% Piemonte, ci sono un paio di focolai importanti”.

Il divieto di riaprire gli impianti sciistici arrivato poche ore prima e che ha provocato la sollevazione degli operatori del settore, ma anche di gran parte della politica, lei da scienziato come lo ha giudicato?
“I modi sono stati terribili, sono rimasto molto deluso. Detto ciò ritengo che sarebbe stato meglio aver ragionato con più calma e attenzione, il momento è particolarmente grave per quel che potenzialmente può succedere nelle prossime settimane”. 

Fino all’altro giorno si parlava di terza ondata, ora di variante inglese, cosa cambia?
“La variante porterà a breve termine ad un rialzo dei casi, poi la possiamo chiamare recupero della seconda ondata che non è mai scesa del tutto oppure terza ondata, ma poco cambia”.

Cosa deve fare il Piemonte di fronte a questa prospettiva? 
“Aumentare di molto i tamponi, triplicarli a partire dalle scuole. E non perdere assolutamente tempo sui vaccini”.

Servirà anche sequenziare il virus per verificare l’espandersi della variante inglese e di altre? 
“Nel nostro ospedale ai primi di marzo arriverà un apparecchio per il sequenziamento. Quando lo avremo la variante inglese sarà già molto diffusa, ma servirà anche per individuarne tempestivamente altre che potrebbero tendere ad eludere gli effetti del vaccino”.

print_icon