VERSO IL VOTO

"A Torino è l'ora dei costruttori",
appello di Lo Russo ai vertici Pd

Il capogruppo in Sala Rossa si rivolge ai parlamentari che per il momento frenano sulla sua candidatura a sindaco. "Fondamentale il loro apporto, pronto al confronto". E sui grillini ammette: "Non sono più quelli di cinque anni fa". Le priorità per rilanciare la città

Superare le perplessità, convincere i recalcitranti, smussare gli angoli e accogliere nuove proposte. Dovrà farsi concavo e convesso Stefano Lo Russo per evitare che lui, assieme a tutto il Pd, resti impantanato nelle sabbie mobili. Il professore del Politecnico sarà pure il più accreditato all’incoronazione del centrosinistra per le prossime amministrative di Torino, ma sa che dopo tanto tempo a bagnomaria il rischio di finire rosolato a fuoco lento è assai concreto. Per questo si rivolge a chi ancora manifesta dubbi, a partire dai quattro parlamentari dem – Anna RossomandoAndrea GiorgisStefano Lepri e Davide Gariglio – che dopo vari rinvii dovrebbero finalmente vedersi per fare il punto sullo stato dell’arte ed esprimere pubblicamente indicazioni utili a uscire dallo stallo.

Lo Russo, partiamo proprio da qui, dalla resistenza manifesta di una parte consistente dei parlamentari torinesi del suo partito. Come la spiega? E soprattutto come intende superarla?
Anzitutto, sono contento di un consenso crescente intorno alla mia proposta che proviene dai colleghi in Sala Rossa, dai consiglieri di circoscrizione e da sindaci e amministratori dell’area metropolitana. Certo, ci sono ancora delle perplessità da cui non intendo affatto sottrarmi, per ciò che quei parlamentari rappresentano in termini di radicamento territoriale e per le culture politiche che esprimono, in città e nel partito.

Dunque?
Auspico che tutti insieme si riesca dare corpo e concretezza ai confronti di questi giorni, per trovare un percorso comune in grado di tenere uniti il Pd e la coalizione di centrosinistra. La nascita del governo Draghi ha archiviato la stagione dei portavoce e dell’uno vale uno, riproponendo con forza il valore della competenza. Io spero che, così come a Roma, anche a Torino arrivi il momento dei costruttori e che tutti insieme si possa uscire dalle contrapposizioni preconcette e pregiudiziali, avviando una riflessione sulle priorità della città.

Altri candidati, però, continuano a chiedere le primarie.
Io ho sempre sostenuto il valore delle primarie come strumento di mobilitazione e di discussione oltre che, ovviamente, di scelta del candidato sindaco. La votazione su una piattaforma elettronica è però cosa diversa e temo possa non rispondere appieno all’esigenza di coinvolgimento di militanti ed elettori, scatenando una sterile corsa al clic. Sarebbe inoltre pericoloso, nonché esiziale per le stesse primarie, che possano essere usate per una conta interna, una sorta di surrogato del congresso. Detto questo, mi adeguerò a ogni decisione che prenderà il mio partito.

La sua candidatura potrebbe essere letta come un salto indietro di cinque anni, una sorta di rivincita del “Sistema Torino”, essendo stato lei assessore di Piero Fassino. Quasi che quella domanda di discontinuità intercettata da Chiara Appendino nel 2016 sia stata frettolosamente archiviata. Non trova?
Non ha senso parlare di continuità o di restaurazione. Non voglio dire che tutto vada mutuato dal passato o che al contrario sia tutto da buttare: nessuna agiografia ma anche nessuna abiura. Diffido di ricette palingenetiche e rifiuto soluzioni traumatiche. Quella stagione del centrosinistra si è conclusa nel 2016, quella assai più breve del M5s è alla fine, ora serve un reset e ripartire da quanto di buono fatto da noi, prima, e da Appendino dopo.

Starà mica ammettendo che Appendino ha fatto anche cose buone?
Non ho mai avuto difficoltà ad ammetterlo. Penso alle Atp Finals, ai passi avanti sui temi dei diritti civili, alla liberazione delle palazzine ex Moi. Ma la mia valutazione sull’amministrazione resta nel complesso negativa.

Un altro dei nodi da sciogliere è proprio il rapporto con il M5s: sarebbe sciocco non riconoscere che non è più il partito di cinque anni fa. Al netto della progressiva convergenza a livello nazionale e dei cinque anni di contrasti in Sala Rossa ritiene che a Torino si possa aprire una nuova fase con i grillini?
Sarebbe un errore politico clamoroso non cogliere l’evoluzione e la scomposizione del M5s per come lo abbiamo conosciuto. Allo stesso tempo sono convinto che una proposta organica e forte del centrosinistra possa dare rappresentanza proprio a quelle istanze di rinnovamento che hanno premiato in passato i 5 Stelle e che oggi sono prive di rappresentanza politica.

E allora quali sono i pilastri della sua proposta?
L’obiettivo che deve avere il centrosinistra è far ripartire Torino avviando nuova fase di sviluppo da coniugare con la necessità di aiutare chi è in difficoltà, soprattutto a chi ha perso il lavoro o ha dovuto chiudere la sua attività a causa del Covid. Quindi da una parte dovremo concentrarci sullo sviluppo attraverso investimenti su quattro assi strategici: transizione ecologica, digitale, infrastrutture e turismo, assieme alla promozione internazionale della città. Dall’altra dovremo destinare una parte dei fondi del Recovery per aiutare chi è rimasto indietro. In questo senso dico che è fondamentale l’apporto dei parlamentari che, per loro natura, hanno il compito di coniugare bisogni e interessi del territorio con una prospettiva di governo più ampia.

La città ha delle eccellenze che l’hanno caratterizzata negli ultimi lustri. Come coinvolgerle e integrarle?
Penso serva sostenere sempre di più i nostri atenei e portare a compimento il processo che sta trasformando Torino in una città universitaria di livello internazionale. E per ampliare le opportunità dei nostri studenti dopo la laurea dobbiamo promuovere lo sviluppo attraverso partnership virtuose tra pubblico e privato, come avvenuto sul Parco della Salute. Penso ad un rilancio forte degli investimenti della sanità pubblica e, anche alla luce della pandemia, ad un potenziamento della medicina territoriale, come ad esempio le case della salute. Il grande progetto del Parco della Salute e della Scienza non rappresenta il solo rifacimento delle Molinette, pur necessario, ma anche una straordinaria occasione di coniugare offerta sanitaria ad alta complessità, formazione universitaria e post-universitaria e ricerca e trasferimento tecnologico nel settore della scienze della vita. È proprio in questo ultimo ambito che peraltro è possibile incentivare meccanismi di partnership pubblico-privato che possono far diventare Torino un hub sanitario ancora più importante. Ma oltre allo sviluppo dobbiamo occuparci di chi resta indietro, sostenendo interventi di sussidiarietà su larga scala e tutte quelle realtà preziose per la nostra comunità che compongono il terzo settore.

Si dice che sia già a buon punto la composizione della sua futura giunta. Che ci sarà una vice donna. È così?  
Mi sembrano discorsi prematuri. Da questo punto di vista non possiamo far altro che seguire il buon senso e la lungimiranza che ha sempre contraddistinto Pd e centrosinistra: dialogo con le diverse articolazioni sociali ed economiche della città, rispetto del ruolo delle forze politiche, massima apertura all’ascolto e al confronto. La competizione elettorale è estremamente difficile e richiede l’impegno di tutti. I ragionamenti sulla composizione della squadra non potranno che essere rimandati a una fase successiva a una auspicabile vittoria. Riguardo alla rappresentanza di genere posso dire che non solo vorrei un vicesindaco donna, ma punterò ad avere una presenza femminile in giunta superiore del cinquanta per cento. Però questa è una sfida non solo politica ma molto più ampia e vorrei lavorare nel concreto per favorire una reale parità di condizioni in campo lavorativo e a livello retributivo.

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