LOTTA AL COVID

Vaccinazioni anche negli ospedali,
ora però a mancare è il personale

Deciso l'aumento dei centri di somministrazione, ma servono più medici e infermieri. Nei nosocomi insegnanti e forze dell'ordine. Rivetti (Anaao): "Non pregiudicare l'attività dei reparti". In stallo la trattativa con i privati pronti a mettere a disposizione le strutture

Sfiorite ancor prima di sbocciare le primule di Domenico Arcuri, la complicata e mutevole stagione dei vaccini in Piemonte vede spuntare, all’improvviso, gli ospedali come nuova seppur non esaustiva soluzione. A confermare che vaccinare nei nosocomi “non era previsto” è lo stesso commissario dell’Unità di Crisi Antonio Rinaudo, il quale motiva la decisione assunta nella riunione di ieri del Dirmei con “la necessità impellente di aumentare i punti vaccinali” e “l’efficienza mostrata dagli ospedali nella campagna di immunizzazione del personale sanitario”.

Un cambio o aggiustamento di rotta in poche ore. E non di poco conto. Dei presidi ospedalieri come luoghi dove convocare centinaia di persone ogni giorno non s’era mai parlato prima e non a caso. Se si considera che le restrizioni per le visite ai pazienti sono ancora rigidissime, che non tutti gli ospedali hanno provveduto a quelle modifiche strutturali per i percorsi “sporco-pulito” previsti da uno dei primi decreti dello scorso anno, la decisione assunta ieri, se da un lato conferma il bisogno di molte più sedi per le vaccinazioni, dall’altro non può che suggerire la ragione della scelta non solo dovuta a una questione logistica, quanto piuttosto legata al personale necessario per le inoculazioni e a tutte le incombenze annesse.

Si dirà: ma non era pronto l’esercito degli oltre 3mila medici di famiglia con i quali il Piemonte, prima Regione in Italia, aveva siglato un accordo annunciato come la soluzione di gran parte dei problemi della campagna vaccinale? Quanti siano effettivamente i medici di medicina generale che volontariamente prestano servizio nei centri vaccinali non è ancora dato sapere, mentre è noto che il piano iniziale nel quale era prevista la possibilità di vaccinare i loro assistiti negli ambulatori era stato accantonato per il ritardo dell’arrivo del vaccino AstraZeneca, l’unico ad oggi manipolabile in quelle condizioni. Ma adesso AstraZeneca c’è, anche se con dosi ridotte rispetto al previsto, e proprio questo farmaco è usato per vaccinare insegnanti e forze dell’ordine, le stesse categorie che dalla prossima settimana secondo i piani del Dirmei andranno negli ospedali. E lì poi andrà anche una parte considerevole della popolazione quando si passerà alla fase successiva allargando la platea. Archiviate le ipotesi di usare palazzetti dello sport e altre strutture? Il padiglione del Valentino trasformato in ospedale da campo, da settimane ormai inutilizzato, non era forse tra le sedi indicate come ottimali per le vaccinazioni?

Difficile non vedere che quello del personale, medici, infermieri, operatori sociosanitari e amministrativi, non sia un problema decisamente più grande e di più complessa soluzione rispetto a quello delle sedi. I rinforzi promessi da Arcuri si sono ridotti di molto rispetto agli annunci, il reclutamento affidato ad agenzie private si è rivelato un flop. Un altro segnale della fame di operatori arriva dalla richiesta avanzata al settore della sanità privata e rispedito al mittente di fornire medici e infermieri da utilizzare nei centri vaccinali pubblici. I grandi gruppi, sia quelli laici rappresentati dall’Aiop sia quelli religiosi che hanno riferimento nell’Aris, sono pronti a mettersi a disposizione, ma con le loro strutture, non certo “prestando” il personale e questo per tutta una serie di implicazioni. 

Humanitas sarebbe nelle condizioni di assicurare ben 500 vaccinazioni al giorno in una delle sue tre strutture torinesi, il Policlinico di Monza 200 inoculazioni al giorno alla Salus di Alessandria, così come numeri anche più elevati in altre cliniche nella regione. Lo stesso vale per molte strutture di carattere religioso. Perché chiedere solo medici e infermieri e non coinvolgere strutture attrezzate e organizzate? Il dialogo con corso Regina e con il Dirmei è in corso, ma per ora senza una decisione presa dalla Regione.

Intanto si sta diffondendo un certo malcontento proprio tra i medici ospedalieri di fronte alle richieste di prestare la loro opera nella campagna vaccinale. Non perché non vogliano fare le vaccinazioni, bensì per la richiesta avanzata da alcune Asl di farle durante l’orario di lavoro e quindi, come osserva Chiara Rivetti segretaria regionale di Anaao-Assomed “distogliere i medici dai loro reparti con conseguenze ancor più pesanti perché in un periodo in cui c’è l’estrema necessità di recuperare cure non fatte per un anno e con liste d’attesa che raccontano drammaticamente quanto ci sia da fare per malati molto complessi e in qualche modo trascurati a causa dell’emergenza Covid”. 

Ma anche nel caso gli ospedalieri decidano di effettuare le vaccinazioni al di fuori dell’orario di lavoro ci sono problemi. Uno, su tutti, di ordine economico. Se i medici di famiglia ricevono 6,16 euro per ogni inoculazione, per i colleghi degli ospedali è previsto il riconoscimento di 80 euro l’ora. Su questo punto Anaao-Assomed già lo scorso 4 febbraio aveva scritto all’assessore regionale Luigi Icardi chiedendo questa remunerazione prevista per legge. Icardi il 16 febbraio rispose che “l’erogazione delle risorse è subordinata all’accertamento della necessità di ricorrere ai medici ospedalieri, stabilita con decreto del ministro”. Decreto che non c’è e che le Regioni hanno chiesto lo scorso 10 febbraio al ministro Roberto Speranza. Fino ad ora nessuna risposta. “Intanto, però, l’Emilia Romagna e la Toscana – osserva Rivetti – pagano le prestazioni aggiuntive agli ospedalieri”. I loro colleghi del territorio vengono di nuovo evocati da Icardi, in vista della fase 4, quella che comprenderà tutto il resto della popolazione: “I 3.200 medici di famiglia piemontesi saranno coinvolti in un sistema analogo a quello, già rodato, della vaccinazione antinfluenzale”. Per capire quando la fse 4 potrà partire “è fondamentale – ricorda l’assessore – poter contare sugli approvvigionamenti delle dosi”. Nel frattempo non è che anche il personale abbondi.

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