Piano tra fini e mezzi

Si moltiplicano i progetti nostrani per impostare gli investimenti previsti dal Recovery Plan e anche dai fondi europei non ancora spesi, dal Sure, e che passano attraverso il Pnrr nazionale.

Di questi giorni la presentazione del Piano Strategico Metropolitano (Psm) 2021-2023, che però traguarda solo al 2023, perciò  “strategico” ma di corto respiro. Infatti la parte più interessante del Psm è la fotografia del territorio. A una sua lettura risaltano soprattutto gli indirizzi dei sei assi collegati al programma Next Generation Europe e al Pnrr. Ciò permette una visione d’insieme e i collegamenti tra idee e finanziamenti.

Il Psm parte da alcuni concetti base di cui sicuramente uno è la trasformazione e la transizione ecologica dove però l’asse strategico deve rimanere il  sostegno alla nostra industria locale e la transizione ecologica deve diventare strumento attraverso il quale si realizza l’obiettivo di rilanciare e trasformare i processi produttivi e migliorare il prodotto per rendere più competitivo il nostro territorio. La sensazione che emerge dalla lettura, magari non ho capito, invece diventa quella per cui la transizione ecologica e la digitalizzazione sono fini e non mezzi: per fare che cosa allora?

Interessante la lettura del documento di Cgil-Cisl-Uil Piemonte per la ripresa e la resilienza del Piemonte che ripercorre gli stessi sei assi strategici ma dove si parte da un assunto fondamentale: tutto ciò che si fa deve creare occupazione. Quindi dire che per “ogni Progetto sia definita la quantificazione dell’impatto occupazionale atteso” mi pare non solo ragionevole ma un punto dirimente della questione. Punto che mi pare nel Psm non sia presente alla fine di ogni asse e strategia. Forse una dimenticanza, forse non previsto o calcolabile? Sicuramente un problema perché se ogni progetto locale non prevede come finale dell’elaborato la crescita dell’occupazione il Piemonte non ripartirà mai. In realtà solo sull’asse 1 vi è un timido riferimento  a “aumentare così l’offerta di occasioni di lavoro e di impresa”, un po’ poco…

Ecco che allora la digitalizzazione è necessaria, non per un esercizio di bello stile, ma per rinnovare la pubblica amministrazione e per evitare che nella dad chi è più debole, senza strumenti informatici per condizione sociale, non rimanga di nuovo indietro. La digitalizzazione allora va finalizzata; diventa strumento di coesione sociale  e di funzionamento della Pa. Basta non prendere esempio dall’attuale amministrazione torinese e dalla vicenda anagrafe. La digitalizzazione si conferma un mezzo non un fine per la trasformazione delle varie tipologie industriali dall’agricoltura all’industria manifatturiera, all’edilizia per rendere le aziende più competitive sul mercato.   

La transizione ecologica diventa strumento per lavorare in ogni direzione come sostiene il ceo di Cnhi e quindi lavorare sui motori diesel, elettrici, a idrogeno e anche alla loro integrazione è transizione ecologica. Non vorrei che ci fosse chi pensa che le “strade vecchie” siano escluse a priori mentre, invece, sono integrabili. In questo, e fanno bene i sindacati confederali piemontesi a sottolinearlo, l’automotive rimane elemento imprescindibile soprattutto per l’area metropolitana.

Dove bisogna agire profondamente è sul tema della salute dei cittadini ma essendo il Paese dei no, basta vedere le reazione al piano nazionale di smaltimento delle scorie radioattive anche prodotte dagli ospedali dove ci curiamo o dai no recenti agli impianti a biogas per capire che sul tema transizione ecologica e sviluppo ci sarà da battagliare. Già mi immagino le reazioni, sfogliando il Psm, quando si proporrà di installare un campo di pannelli solari in un’area dismessa in città.

Ogni progetto che richiede dei cambiamenti trova ostacoli e il Recovery Plan con i suoi stanziamenti sui due campi della digitalizzazione e della transizione ecologica, richiederà grandi cambiamenti e mi chiedo se saremo pronti a recepirli. Mi auguro che l’idea della transizione ecologica e della mobilità sostenibile non diventino progetti concreti come quelli dell’attuale amministrazione comunale che con le due piste ciclabili in via Nizza e la riduzione degli spazi di marcia delle auto ha trasformato, insieme alle assurde e inutili chiusure di corso Marconi (non c’è mai nessuno nel tratto chiuso alle auto) e parti di via Madama Cristina, la zona di San Salvario in un quartiere della Londra industriale dell’ottocento come tasso d’inquinamento.

Infatti, per capire meglio cosa il Psm vuole fare bisognerebbe tradurre in italiano, per noi gente comune alcuni concetti come la seguente frase: “Aumentare la qualità ecologica, ambientale e paesaggistica dell’area metropolitana, riducendo la sua impronta ecologica, ridefinendo i suoi processi metabolici in forma circolare, e contribuendo così attraverso azioni locali alla sfida globale posta dal cambiamento climatico.” E tralascio i riferimenti olistici! Lo chiedo perché ho fatto “solo” le scuole professionali laddove ti insegnano a “girare le maniglie del tornio”… Ma ho fatto la verifica, anche alcuni di coloro che hanno partecipato alla stesura del documento non hanno capito cosa vuole dire.

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