SANITA'

La Rete oncologica perde la testa

Con il pensionamento di Bertetto, che l'ha fondata e guidata, quella che è riconosciuta come una delle eccellenze della sanità piemontese è da giorni senza direttore. "Ho sollecitato più volte sia l’assessorato sia la Città della Salute ma nessuno mi ha risposto"

Una tra le maggiori eccellenze della sanità piemontese da giorni è acefala e nulla si sa circa i tempi e i modi con cui la Regione intenda intervenire. Si sa, invece, che proprio la Regione ha avuto tutto il tempo e tutti i modi, nonché tutti gli avvertimenti, per non arrivare al punto di lasciare la Rete Oncologica senza guida.

Nei giorni scorsi, Oscar Bertetto, il direttore della struttura è andato in pensione. Non certo una decisione improvvisa, semmai un’annunciata imposizione normativa che si sarebbe potuta in qualche modo aggirare, ma anche in questo caso laddove si decide s’è stabilito di rifiutare la disponibilità dell’oncologo a prestare la sua opera ancora per qualche mese nell’attesa del successore e in modo tale da poter assicurare un passaggio delle consegne per un ruolo tanto delicato quanto importante per la sanità.

In corso Regina Margherita così come in piazza Castello da mesi si sapeva che il medico cui si deve la nascita, una ventina d’anni fa, della rete oggi una delle migliori del Paese secondo la valutazione di Agenas, avrebbe dovuto lasciare il suo posto per limiti di età. Ma nessuno ha fatto qualcosa per evitare di lasciare senza guida, com’è oggi, un fiore all’occhiello della sanità, un sistema fondamentale per le cure del cancro, le indicazioni per gli interventi chirurgici in base alla patologia, il rilascio delle autorizzazioni per cure in altre regioni o all’estero. Amara realtà, nessuno si è neppure curato di aggiornare il sito dove Bertetto compare ancora come direttore, paradossalmente mentre di fronte alla sua offerta di restare ancora per un po’ e dar modo di rimediare a ritardi inammissibili e che alimentano dubbi sulle reali ragioni, si è visto rispondere dalla direzione della Città della Salute, di cui è dipendente, che è prassi aziendale non consentire un’ulteriore, pur normativamente legittima, permanenza in servizio.

Tanta solerzia non c’è stata nel predisporre la successione senza soluzione di continuità, come si richiede in casi come questo. “Ho sollecitato più volte sia l’assessorato, sia la direzione dell’azienda per fare un passaggio di consegne come di dovrebbe fare nelle organizzazioni di questo tipo, purtroppo non mi è stato mai comunicato nulla”, ricorda con amarezza Bertetto, un medico appassionato, un oncologo di riconosciuto valore e punto di riferimento per decine e decine di colleghi che operano sul campo, nelle grandi strutture come nei piccoli ospedali dove proprio grazie alla rete l’oncologia ha i suoi punti di riferimento, un tempo riservati solo a pochi centri e all’ambito universitario. Un medico che la sera dopo aver coordinato un sistema diffuso su tutta la regione e in Valle d’Aosta, non ha mai smesso di interloquire con colleghi e pazienti con seguiti interventi sui social. Perché, poi, la Rete era nata proprio da un’intuizione e da uno spirito di volontariato. 

A dare la spinta decisiva fu l’allora assessore alla Sanità, nel quinquennio 2000-2005, Antonio D’Ambrosio e da lì in avanti sarebbe stato un susseguirsi di miglioramenti, di trasformazione e di riconoscimenti per la struttura nata e cresciuta con Bertetto e una rete di oncologi sempre più diffusa con un’ovvia quanto riconosciuta ricaduta positiva sui pazienti.Per anni l’ha coordinata continuando a fare il primario di oncologia, poi quando otto anni fa la rete diventa un dipartimento interaziendale, Bertetto vi si dedicherà a tempo pieno con un pugno di collaboratori a Torino, nella sede delle Molinette, e una ramificazione capillare nella regione. E proprio da un ex primario delle Molinette, il luminare dei trapianti oggi vicepresidente del consiglio regionale, qualche tempo fa era arrivato un appello per predisporre la successione. “La Rete Oncologica del Piemonte e della Valle è la prima nata in Italia, è modello di riferimento nazionale nonché un’eccellenza della nostra sanità” aveva detto Mauro Salizzoni chiedendo alla giunta “quali siano gli orientamenti della Regione al fine di garantire la continuità di questo prezioso servizio”. L’assessore Luigi Icardi ha riconosciuto “il prezioso lavoro fin qui svolto”, assicurando che “non sarà disperso”. Quanto al successore di Bertetto, il titolare della sanità nell'occasione aveva spiegato che “la scelta è ancor in via di definizione”. Ma Icardi aveva aggiunto che la rete è un “sistema la cui normativa è tutta in evoluzione per quel che riguarda il consolidamento e l’organizzazione”. Sono in vista cambiamenti? E quali? Pensa male, ma rischia di azzeccarci, chi intravede possibili disegni tesi a modificare la Rete, riportandola in una posizione più centralista e maggiormente legate al mondo universitario rispetto al modello diffuso che l’ha portata ad essere una delle migliori e più efficienti del Paese? Di certo alla stesura del nuovo modello organizzativo non è stato chiamato colui che la Rete l’ha tenuta a battesimo e portata ad essere quello che è oggi. Un ulteriore elemento di difficile comprensione di una vicenda per nulla edificante.

“Non lo nascondo – dice Bertetto – sono molto amareggiato di come è avvenuto il tutto. C’era la possibilità nei tempi giusti di decidere il nuovo direttore di una struttura che nel giudizio dell’Agenas è emersa la migliore d’Italia, ma non è stato fatto”. Così, mentre la pandemia da un anno complica terribilmente le cose anche sul fronte delle cure oncologiche, mai come adesso c’è bisogno di una struttura di raccordo che funzioni a pieno regime: le richieste di autorizzazione per terapie fuori dai confini regionali, quelle per i percorsi di cura e altre ancora non hanno più il loro destinatario e pare vengano girate alla direzione sanitaria della Città della Salute. Intanto la scelta del nuovo vertice della Rete Oncologica è ancora “in via di definizione”.

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