LOTTA AL COVID

Vaccini dai medici di famiglia, "così non si possono fare"

Camici bianchi divisi. Per Barillà (Smi) "la burocrazia impedisce le inoculazioni nei nostri studi". Di parere opposto il collega Venesia (Fimmg): "Siamo perfettamente attrezzati e in grado di vaccinare negli ambulatori". La Regione batta un colpo e dirima la questione

Il Piemonte dovrà rinunciare alle vaccinazioni negli ambulatori dei medici di famiglia? La grande valvola di sfogo ipotizzata e annunciata da tempo e fermata fino ad ora dall’impossibilità di gestire la catena del freddo del vaccino Pfizer, risulterà estremamente stretta anche con il prodotto di AstraZeneca, maneggiabile al pari di un vaccino antinfluenzale? Andrà così, almeno a sentire uno dei sindacati dei medici di medicina generale. Insomma, i problemi rimarranno pur non essendo più quelli legati alla conservazione del farmaco. 

“Questi vaccini non possono esser fatti, indipendentemente dalla conservazione, nello studio del medico di famiglia”, sostiene con nettezza Antonio Barillà, segretario regionale dello Smi. Poche parole per mandare all’aria un piano su cui la Regione ha puntato fin dall’inizio, rimandandone la messa in pratica al momento in cui fosse stato disponibile, come lo è oggi, il vaccino di AstraZeneca. Una doccia fredda quando già i problemi, incominciando dalle forniture insufficienti e passando per obiettivi in fatto di inoculazioni quotidiane ancora troppo lontani, non mancano, tutt’altro. E la cosa incredibile è che l’ostacolo, insormontabile a detta dello Smi, non è logistico o tecnico, ma burocratico: “La normativa prevede che il consenso informato – ricorda  Barillà, riferendosi a quei tanti fogli che pochi o nessuno legge e altrettanti o meno ancora possono comprendere – deve essere firmato, oltre naturalmente dalla persona che si vaccina, anche da due sanitari presenti. O un medico e un infermiere o due medici”. 

Dunque o il medico di famiglia opera in un ambulatorio insieme ad altri colleghi, o ha un infermiere, oppure secondo quanto sostiene il sindacato non può vaccinare nel suo studio. Ma se è davvero così perché per settimane è stato spiegato che non appena fosse arrivato il vaccino AstraZeneca e si fosse passati alle categorie per le quali è somministrabile (ad oggi fino ai 65 anni) una parte considerevole della popolazione sarebbe andata nello studio del medico per farsi fare la puntura nel braccio? “Negli ultimi giorni abbiamo fatto due riunioni con l’assessore Luigi Icardi e con il commissario Antonio Rinaudo ed è stata confermata questa situazione”, spiega ancora il segretario dello Smi.

“Ma non è assolutamente così” ribatte a distanza Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, l’altra sigla sindacale dei medici di famiglia. “L’atto vaccinale è un atto medico e il medico è nella condizioni di garantire la sicurezza, ha i farmaci che possono servire in caso di effetti collaterali. L’anamnesi e il consenso informato lo firma il medico, poi se nei centri vaccinali lo firma anche l’infermiere che fa materialmente l’iniezione questo non significa che noi, che siamo dei professionisti, non possiamo vaccinare nei nostri studi usando un vaccino conservabile nei nostri frigoriferi. L’infermiere se c’è è un aiuto in più, non un obbligo”.

Capita anche questo, nel marasma di annunci, cambiamenti in corsa, previsioni mancate, dosi in ritardo e attese di nuove indicazioni dal governo su quali saranno i criteri che guideranno le prossime settimane e i prossimi mesi di campagna vaccinale. Capita che neppure il mondo medico riesca ad essere d’accordo su come muoversi, quando muoversi il più in fretta possibile è ormai un imperativo. 

La domanda posta al Dirmei, per capire chi abbia ragione e dunque se il medico di famiglia senza infermiere in studio potrà o meno vaccinare, per ora resta senza risposta. Ma la questione resta con tutto il suo peso e la sua assurdità. In alcune regioni i medici di base stanno già vaccinando nei loro studi, in Piemonte dove su circa 3mila poco meno di un terzo non opera in medicina di gruppo, cosa succederà? Per Barillà la prospettiva è chiara: “Chi non ha personale infermieristico o un collega di studio, darà il suo contributo andando a vaccinare nei centri predisposti”. Venesia al contrario conferma la possibilità del medico di inculare la dose anche se è solo nel suo ambulatorio. “L’importante è accelerare sulle vaccinazioni. In Piemonte abbiamo siglato il primo accordo del Paese, ma adesso devono darci i vaccini, decidere e comunicarci quali categorie o fasce di età da immunizzare. Noi siamo pronti, sia per dare il nostro apporto ai centri vaccinali, sia per fare, in tutta sicurezza, le iniezioni nei nostri studi”. Nel frattempo un’indicazione chiara e senza possibili differenti interpretazioni sarebbe più che opportuna da parte della Regione.

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