EMERGENZA SANITARIA

Stop a visite e ricoveri non Covid, esattamente come un anno fa

Una storia che si ripete. Travolta dalla terza ondata la Regione è costretta a riprogrammare le attività ospedaliere, procrastinando cure e interventi per migliaia di malati. E il promesso potenziamento della medicina del territorio? "Tante delibere rimaste sulla carta"

È durata poco la ripresa dei ricoveri e delle cure ospedaliere per patologie che non siano quelle provocate dal Covid. Ma è stata, purtroppo, sufficiente a confermare quel che si temeva: “I nostri colleghi ci hanno segnalato un diffuso aggravamento nei pazienti che, nei mesi scorsi, avevano dovuto rinunciare a controlli, diagnosi e cure per la sospensione dovuta alla seconda ondata, così com’era accaduto per la prima”, spiega Chiara Rivetti, segretario regionale di Anaao-Assomed, la principale sigla sindacale dei medici ospedalieri.

Ricoveri sospesi, cure e visite rinviate, solo con alcune eccezioni tra cui le malattie oncologiche, i casi urgenti e poche altre. È successo e torna a succedere. L’Unità di Crisi ieri ha dato disposizione a tutte le aziende sanitarie del Piemonte di sospendere temporaneamente i ricoveri no Covid, escluse le urgenze, le ospedalizzazioni oncologiche e quelle in cosiddetta fascia “A”, cioè da effettuare entro 30 giorni. Differite anche tutte le attività ambulatoriali, ad eccezione di quelle contrassegnate con codice “U”, ovvero quelle urgenti, da garantire entro 72 ore e “B”, da assicurare entro i entro 10 giorni. Esclusi dal provvedimento anche gli screening oncologici. Un provvedimento reso necessario per passare da 2.201 posti letto Covid a 4.403 come previsto dal piano pandemico, a fronte di una soglia di occupazione che lunedì ha superato di due punti la soglia critica, attestandosi al 42%.

“La necessità di allentare la pressione sulla rete ospedaliera costringe il Dirmei a prendere nuovi provvedimenti, nella corretta applicazione del piano pandemico. Ciò non vuol dire che siamo in affanno, visto che abbiamo ancora ampi margini di manovra sulla riorganizzazione delle nostre strutture in caso di peggioramento della situazione – dice il direttore del dipartimento Emilpaolo Manno –  ma occorre agire in considerazione dell’evolversi dell’epidemia. Quanto alle prestazioni ordinarie procrastinate, queste verranno riprogrammate appena possibile e in ogni caso le urgenze, le patologie oncologiche e i percorsi nascita saranno tutelati come sempre. Inoltre, abbiamo raccomandato alle aziende che si cerchi il più possibile di sviluppare la gestione dei pazienti Covid a domicilio”.

Con un maggiore e più diffuso ricorso alle cure domiciliari – parere ormai unanime tra gli infettivologi e i virologi – la pressione sui reparti avrebbe potuto e potrebbe essere mitigata. “Il territorio, purtroppo, non funziona ancora come dovrebbe e l’ospedale quasi sempre è l’unica risposta per i malati di Covid. Certo ci vuole del tempo, però in tutti questi mesi che sono trascorsi non c’è stata l’accelerazione necessaria – osserva la segretaria regionale del sindacato dei medici ospedalieri –. Le associazioni tra i medici di famiglia non mi pare siano aumentate come auspicato, a parte progetti sulla carta, tante delibere, tanti stanziamenti, ma di fatto non mi risulta che sia cambiato qualcosa come sarebbe stato opportuno, anzi necessario proprio vista la situazione”. 

Un altro aspetto riguarda il rafforzamento del personale ospedaliero che in parte c’è effettivamente stato, anche se alcune decisioni appaiono ancora poco comprensibili. Una di queste riguarda la possibilità di utilizzare i medici specializzandi, “la nostra richiesta di coinvolgerli è caduta nel vuoto” spiega Rivetti che ricorda come questi sanitari siano impiegati solo nei reparti universitari e non anche nei presidi ospedalieri delle province che sono sempre a corto di personale.

Una decisione, a questo punto, inevitabile quella assunta dall’Unità di Crisi e alla quale devono attenersi tutte le Asl, ma che purtroppo finirà col provocare quel che è già accaduto quando si sono chiusi i ricoveri e le visite ambulatoriale con gli stessi criteri applicati oggi. “Quando si sospendono i controlli sui malati cronici, come i bronchitici, i nefropatici, i diabetici e altri ancora si procrastineranno ottimizzazioni delle terapie, si rinvieranno esame di approfondimento per eventuali modifiche delle cure. Le conseguenze, purtroppo le abbiamo viste nell’ultimo periodo in cui si era ripreso a visitare e a ricoverare, quadri clinici in moltissimi casi peggiorati”. La prospettiva, purtroppo, è quella di “doverci preparare a gestire dopo la pandemia del Covid quella delle patologie non Covid trascurate ormai da un anno”, conclude con amarezza Rivetti.

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