VERSO IL VOTO

Letta vuole le primarie (a Roma), Appendino "azzoppa" Saracco

Consultazioni di coalizione anche a Torino? Chissà, di certo le mosse della sindaca mettono in seria difficoltà il rettore del Politecnico che, qualora tornasse sui suoi passi, si ritroverebbe ad essere il candidato dei grillini. Ma in caso di conta...

Enrico Letta evoca le primarie per Roma e nel Pd di Torino ricomincia la sarabanda. Se i gazebo tornano a essere un’opzione per la Capitale possono diventarlo anche per gli altri grandi Comuni al voto. Almeno in teoria. Una questione di metodo, certo, ma che diventa anche politica, poiché le primarie sono per definizione del centrosinistra e dunque escluderebbero il Movimento 5 stelle da ogni ipotetica alleanza. Quantomeno al primo turno. Ed è questo ciò che vuole il neo segretario?

“So di giocarmi l’osso del collo”, ha confessato il nuovo inquilino del Nazareno, parlando proprio della partita per il Campidoglio; “ma ce ne sono anche altre importanti”, ha aggiunto, consapevole di quanto le amministrative d’autunno siano il primo banco di prova della sua leadership. Anima e cacciavite da tenere insieme per allearsi con quelli che fino a ieri agitavano minacciosi l’apriscatole, sperando che la scommessa su Giuseppe Conte non si riveli presto un azzardo. Roma però non è Torino. Certo, entrambe le città sono reduci da cinque anni di governo pentastellato, ma se all’ombra del Cupolone Virginia Raggi ha puntato i piedi per ricandidarsi, rendendo impossibile una convergenza del Pd con i Cinquestelle, sotto la Mole Chiara Appendino si è tirata indietro per tempo, mossa che almeno sulla carta potrebbe rendere più agevole l’asse giallorosso. Se le primarie a Roma, qualora davvero Letta andasse fino in fondo, sarebbero un modo per ricompattare il centrosinistra attorno al nome del vincitore, a Torino non potrebbero che trasformarsi in una sorta di referendum sull’alleanza caldeggiata dalla sindaca uscente. Evenienza che, non a caso, Appendino vuole assolutamente evitare.

Ma chi potrebbe partecipare a eventuali primarie? Certamente Stefano Lo Russo, che gode di una maggioranza netta negli organi dirigenti del partito, oltreché del supporto della stragrande parte degli eletti in Comune e nelle circoscrizioni, dei sindaci e degli amministratori dell’area metropolitana. Forte anche del recente sostegno giunto dal deputato Stefano Lepri, il capogruppo in Sala Rossa non avrebbe difficoltà a raccogliere le firme necessarie (serve il 35% dell’assemblea, in alternativa il 30% degli iscritti oppure circa 7mila sottoscrizioni tra gli elettori torinesi). L’impresa risulterebbe più complicata per Enzo Lavolta che a oggi non può contare neanche sull’appoggio della sua corrente, quella della sinistra interna, peraltro divisa con una parte orientata sull’ex assessore regionale Gianna Pentenero. Potrebbe esserci il radicale Igor Boni, giusto per dare una parvenza di allargamento oltre il perimetro del Pd. Di sicuro la conta di coalizione lascerebbe fuori Guido Saracco, sempre che il rettore del Politecnico accetti il pesante “madrinaggio” di Appendino. La sindaca l’ha nuovamente tirato in ballo con un profluvio di complimenti, nei fatti ritagliandogli l’abito di candidato di sintesi del patto Pd-M5s, resuscitando il vecchio piano del Chiappendino naufragato a fine novembre scorso anzitutto per indisponibilità dell’interessato.

Nei prossimi giorni si svolgerà la missione in terra sabauda di Francesco Boccia, il responsabile enti locali della segreteria cui Letta ha affidato il compito di istituire i dossier delle principali città al voto. I contatti con il numero uno della Federazione provinciale Mimmo Carretta sono quotidiani, così come sono già stati coinvolti e sentiti quasi tutti i maggiorenti del partito locale. L’ex ministro pugliese, benché tra i più spinti fautori dell’intesa con 5 Stelle, ha assicurato che nulla sarà calato dall’alto pur ribadendo la necessità di costruire percorsi in sintonia con quello tratteggiato a livello nazionale. E giusto per far annusare l’aria che tira, commentando il venerdì di protesta (dai tassisti ai giostrai, dagli operatori della cultura alla scuola), Carretta ha ieri vergato parole di fuoco: “Torino è scesa in piazza ed è solo il preludio di quello che ci aspetta – è l’incipit –. Mentre rabbia, incertezza e paura montano in maniera preoccupante va in scena un estenuante monologo della sindaca preoccupata di salvaguardare il suo futuro personale e di scappare dal giudizio degli elettori nei confronti della sua amministrazione. Non è in grado di rivolgere neanche un pensiero alla città che dovrebbe rappresentare”. Non proprio toni concilianti, insomma. Intanto, nella base dem in molti temono diktat romani e rivendicano autonomia: “Se non sarà Roma a tingersi di giallorosso, perché dovrebbe farlo Torino?”. C’è aria di rivolta nel Pd subalpino che da cinque anni duella con Appendino e i suoi scappati di casa e di patti, alchimie e alleanze non vuole neanche sentirne parlare.

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