EMERGENZA SANITARIA

Piemonte record di ricoveri,
il Covid si cura poco a casa

Ospedalizzazione doppia rispetto alla media nazionale. Icardi: "A Torino poco applicato il protocollo di terapia domiciliare". Problemi sul fronte dei medici di famiglia. Valle (Pd): "Ancora indietro nei tracciamenti e mistero sui nuovi posti di rianimazione"

Ci sono le immagini, quelle che alcune giorni fa mostravano pazienti sulle barelle nei pianerottoli e nei corridoi degli ospedali, e ci sono i numeri, quelli che collocano il Piemonte al non invidiabile primo posto tra le regioni per numero di ricoveri rispetto al totale dei positivi accertati. I dati aggiornati a ieri dell’Agenas fissano la media nazionale al 6%, il Piemonte è al 13,6 con davanti solo la Provincia Autonoma di Bolzano al 15,7.

“È vero, abbiamo un alto tasso di ricoveri”, ammette l’assessore alla Sanità Luigi Icardi. Durante l’informativa in Consiglio regionale a chi gli chiede, come il dem Domenico Rossi, perché dopo un anno negli ospedali siamo ancora a livelli preoccupanti, l’inquilino di corso Regina Margherita formula alcune ipotesi: “il Piemonte ha una popolazioni tra le più anziane”, e soprattutto “ci sono ancora problemi nella medicina territoriale”. Ma è forse ancora un’altra la causa che più incide e che porta oggi a vedere una forte differenza tra la pressione che grava sugli ospedali torinesi, rispetto a quelli del resto della regione che fungono da vitale camera di compensazione accogliendo centinaia di malati dagli ospedali del capoluogo e del suo hinterland. “I dati ci dicono che dove il protocollo per le cure domiciliari viene applicato in maniera diffusa, i ricoveri calano. E a Torino il protocollo stenta a decollare”, spiega l’assessore. Dunque quel posto in cima alla classifica dell’Agenas va visto con la lente d’ingrandimento per notare le differenze all’interno degli stessi confini piemontesi e cercare di capire perché a Torino si curano a casa meno malati di Covid rispetto a quanto si fa ad Asti, come ad Alessandria e in altre province.

Qui i dati sulla ospedalizzazione

“Sul protocollo per le cure domiciliari, sia per la parte che prevede l’attivazione delle Usca, sia per quella che contempla l’assistenza domiciliare integrata, ci sono una serie di problemi che come sindacato ho evidenziato alla Regione”, spiega Antonio Barillà, segretario regionale dello Smi, uno dei sindacati dei medici di famiglia. Problemi circa l’effettiva disponibilità e capacità di fornire tutte le prestazioni necessaria a partire dagli esami del sangue a domicilio, le radiografie e altri accertamenti. “Le Usca sono nelle condizioni di fare tutto questo? Hanno gli strumenti per farlo?”. Anche per quanto riguarda la procedura di apertura dell’Adi-Covid (l’assistenza domiciliare integrata, con visite del medico e assistenza infermieristica) che vede riconoscere 75 euro al medico per ogni pratica e 27 euro per ogni visita a domicilio, a fronte delle circa 15mila attivazioni registrate nella regione a metà di marzo, qualche dubbio permane. Forse sarebbe opportuno verificare quanti casi di ospedalizzazione a casa sono poi sfociati in veri e propri ricoveri e perché.

Se a Torino e provincia si cura meno a casa, si deve guardare all’atteggiamento dei medici di famiglia e, se del caso, attuare nei loro confronti una sorta di moral suasion da parte della Regione? “Ne discuterò con il presidente. Certo ci sono maggiori difficoltà logistiche tipiche delle aree metropolitane. Non è un caso che questo si verifichi anche a Milano rispetto al resto della Lombardia”, spiega Icardi. Possibili spiegazioni che però non convincono l’opposizione. “Non solo siamo la regione che ha più ricoveri, ma continuiamo anche ad essere tra le regioni con meno isolamenti domiciliari, segno di un tracciamento che fa fatica e di un protocollo di cure domiciliari che non decolla”, rimarca Daniele Valle, il consigliere del Pd che coordina la commissione di indagine sull’emergenza Covid. “I pronto soccorso torinesi, specie con la trasformazione del Martini in Covid Hospital, sono presi d’assalto e costretti a trasferire ricoverati fuori provincia. Mentre resta un segreto che non si vuole condividere dove siano stati realizzati i famosi 160 posti di terapia intensiva acquistati con il bando di Scr o i 299 del piano Arcuri. Abbiamo richiesto più volte il dato, ma ad oggi non abbiamo avuto alcuna risposta”.

Restano quei numeri, ancora troppo alti, dei letti occupati dai pazienti Covid. Ieri i ricoveri sono scesi di 100 unità, ma restano pur sempre 3.800, pari a 96 su 100mila abitanti, poco meno rispetto al picco massimo di lunedì scorso quando la cifra era arrivata a 98, ma decisamente superiore al tasso attorno ai 50 su 100mila registrato ai primi di gennaio.

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