EMERGENZA SANITARIA

Anziani "parcheggiati" in ospedale, ora dimissioni più rapide. Forse

Un piano per garantire l'ospitalità temporanea nelle strutture o il ritorno a casa con l'assistenza del personale delle Rsa. Spese a carico delle Asl. Icardi: "Così si libereranno molti letti". Perplessità tra i gestori, Assandri (Anaste): "Solo annunci"

Con una brutta, ma efficace espressione, si dice che restano “parcheggiati in ospedale”. Quando in famiglia non ci sono le condizioni per poterli riaccogliere dando loro l’assistenza sanitaria e il percorso per un ingresso nelle Rsa si presenta, quasi sempre, lungo e difficoltoso molti anziani rimangono nei reparti ospedalieri pur non avendo più la necessità, tantomeno la volontà, di restarvi. Un problema grave, soprattutto per loro, non di oggi, ma che oggi con le corsie sature per i ricoveri provocati dal Covid mostra l’impellenza di una soluzione. Possibilmente strutturale e non solo emergenziale.

Che ci sia voluta la penuria di letti per mettere mano a una questione che si trascina, nel silenzio, da tempo è un fatto. Che la decisione assunta dalla Regione, con una delibera varata ieri, sia la soluzione è una legittima speranza. Il provvedimento, per alcuni aspetti, rivoluziona o comunque cambia profondamente il ruolo di quelle che si chiamavano case di riposo e imprime tempi certi e molto stretti tra la decisione dell’ospedale di dimettere l’anziano e il momento in cui viene ospitato nella Rsa o – e qui è la grande innovazione – torna a casa per essere assistito dal personale della struttura più vicina.

Gli interventi che seguono le dimissioni ospedaliere per gli ultrasessantacinquenni non autosufficienti o le persone i cui bisogni sanitari e assistenziali siano assimilabili a quelli di un anziano non autosufficiente, sono su due direttrici. La prima prevede che la cosiddetta dimissione protetta verso il domicilio, contempli la presa in carico dell’anziano da parte della Rsa più vicina che garantisce l’assistenza a casa in base al piano predisposto dall’ospedale e condiviso con il medico di famiglia. La casa di riposo diventa, in questo caso, soggetto sanitario accreditato e mette a disposizione il personale, pagata per i primi 30 giorni al 100% dall’Asl, ma anche dalle Aso nel caso il ricovero sia avvenuto in un ospedale di questo tipo di azienda.

La nuova disposizione, pensata per tutti quei ricoverati non Covid che fino ad oggi rimangono negli ospedali per periodi assai più lunghi rispetto a quanto sarebbe necessario, prevede anche un altro tipo di percorso che indirizza verso la Rsa. Condizione essenziale è la negatività dell’anziano al Covid, così come la Rsa deve essere totalmente esente da qualsiasi caso di Coronavirus. Accertate queste condizioni, l’anziano passa dall’ospedale alla struttura per un periodo di 30 giorni, raddoppiabili in casi particolari e sempre totalmente a carico dell’Asl dal punto di vista economico. Trascorso questo periodo la quota è in compartecipazione: metà continua a pagarla l’Asl, metà l’anziano o i consorzi assistenziali per un massimo di due mesi, visto che si tratta di una dimissione protetta e non un inserimento in Rsa, situazione quest’ultima che continua a seguire le norme in essere a partire dalle liste d’attesa e la libera scelta della struttura da parte dell’ospite o della sua famiglia. Per garantire l’assoluta sicurezza, il passaggio dall’ospedale alla struttura viene preceduto da due tamponi nell’arco di 48 ore e 14 giorni di isolamento nella Rsa.

Tempi rapidi, si diceva, tra la decisione di dimettere l’anziano dall’ospedale e il suo ritorno a casa o l’ingresso in casa di riposo: la delibera prevede non debbano passarepiù di quattro giorni. Se accadrà davvero così sarà un cambiamento radicale visto che, come raccontato non molti giorni fa da lo Spiffero, passano molti giorni, settimane, prima che la procedura venga completata. “L’obiettivo di questo provvedimento è favorire la riduzione della pressione dei ricoveri in ospedale, garantendo la continuità assistenziale attraverso la rete delle oltre 700 residenze sanitarie assistenziali che sono capillarmente distribuite su tutto il territorio regionale”, spiega l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, che sottolinea “la complementarietà tra ospedale e medicina territoriale, a supporto soprattutto delle persone più fragili”.

Ma le Rsa sono pronte a questo nuovo ruolo, in particolare a “uscire” e fornire l’assistenza a domicilio? “È stata partorita una delibera che riguarda le Rsa senza consultare chi le rappresenta”, attacca Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle associazioni dei gestori e proprietari della strutture per anziani. “Siamo consapevoli che l'ideale politico dell’assessore Icardi è orientato verso il modello ungherese che disprezza i corpi intermedi, ma per fortuna e con orgoglio siamo in Italia, dove la Costituzione tutela e promuove il modello partecipativo nella fase di produzione normativa”. Un’accusa pesante quella che Assandri muove al titolare della Sanità, ricordando che lo stesso assessore “non ha partecipato a nessuna cabina di regia provinciale sullo stato di crisi delle Rsa e si dimostra distante dalla realtà affidandosi alla funzione persuasiva della propaganda, con tutti i suoi limiti oggettivi, come se bastasse comunicare per far cambiare idea alle persone. Fra sistema partecipativo e sistema comunicativo c'è solo una differenza: nel primo – sostiene il presidente di Anaste – si ascolta, nel secondo si sente solo l'interlocutore, e pare che Icardi passi alla storia come ideatore del terzo modello, quello in cui non si ascolta e non si sente, ma si comunica e basta”. Forti critiche sul metodo con cui si è arrivato alla riforma della procedura di dimissioni protette, ma anche altrettanto forti preoccupazioni per la sua concreta realizzazione: “Abbiamo notevoli problemi di personale già adesso, pensare di poter fornire servizi a domicilio in tempi brevi, ci pare a dir poco azzardato”. 

Meno tranchant Michele Colaci, vicepresidente di Confapi Sanità, che nella delibera vede “un primo passo verso un nuovo sistema di assistenza diffusa e il superamento di criticità che oggi ci sono per gli anziani ricoverati in ospedale senza averne più necessità. Naturalmente ci si deve attrezzare e organizzare. Certo, se ci si chiede se domani siamo pronti a partire – spiega Colaci – la risposta non può essere positiva”.

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