SACRO & PROFANO

Veleni e "manine" agitano la Chiesa torinese per il post Nosiglia

Dietro la vicenda delle presunte vocazioni forzate, conclusa con il completo proscioglimento dei tre preti, la guerra interna alla diocesi tra la frangia progressista e il settore più ortodosso e tradizionale. Ecco perché la successione è complicata

Nell’ambiente ecclesiastico torinese (e non solo) sta suscitando un certo clamore la notizia di qualche giorno fa circa l’archiviazione, disposta dal sostituto procuratore Marco Sanini, del procedimento penale per violenza privata contro tre preti di Torino accusati di aver “forzato” delle vocazioni femminili alla vita religiosa. Dopo un’inchiesta durata più di un anno, il giudice ha stabilito che nessuna pressione psicologica è stata esercitata sulle ragazze e nessuna costrizione da parte di don  Salvatore Vitiello, don Damiano Cavallaro e don Luciano Tiso, i quali erano stati già sottoposti ad una indagine canonica, poi trasmessa a Roma, dov’è era stato appurato che le giovani avevano deciso di intraprendere o di rinunciare alla vita religiosa in piena libertà.

Fin dall’inizio, l’impressione in gran parte del clero è che, dietro a tutta la storia e alla connessa campagna mediatica, si celasse una “manina” clericale o meglio una guerra ecclesiale a tutto campo per colpire non solo i tre sacerdoti ma, in vista dell’arrivo del nuovo vescovo, tutto il settore più ortodosso e tradizionale del clero diocesano, non numeroso ma, a fronte del disastro della pastorale “progressista”, destinato sempre più a contare nella geografia ecclesiale.

Del fatto si discusse durante un consiglio presbiterale ma in termini assai sfumati. Forse chi stava dietro alle accuse, temeva sarebbero  riemersi antichi scenari di manipolazione psicologica che agli inizi degli anni Novanta turbarono la vita del seminario maggiore e portarono il cardinale Giovanni Saldarini alla sostituzione del rettore don Sergio Boarino, scomparso nel 2018. Oggi quei seminaristi sono preti, ricoprono incarichi di prestigio in diocesi e costituiscono un gruppo influente e coeso. E non è detto che su quella vecchia vicenda Roma, cioè il Vaticano, non fosse stato adeguatamente informato. Anche da questo fatto, apparentemente marginale per il mondo laico, si può capire molto bene perché la scelta del nuovo arcivescovo di Torino, da parte di Papa Francesco, si presenti così complessa e difficile.

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