LOTTA AL COVID

Medici no vax ancora in corsia

Gli elenchi dei sanitari in servizio non sono stati ancora incrociati con quelli della piattaforma vaccinale. Mancano i dati di alcune aziende. Icardi: "Applicheremo la legge con rigore sabaudo". Trasferimento ad altro incarico o sospensione senza stipendio

Quanti sono i medici, gli infermieri e gli operatori sociosanitari che fino ad oggi in Piemonte non si sono fatti vaccinare? Il dato, di estrema importanza, ancora non è disponibile. Non tutte le Asl hanno rispettato i tempi per l’invio in Regione degli elenchi del personale, come previsto anche per le cliniche e i laboratori privati, le Rsa, gli ordini professionali di chi opera in ambito sanitario. Il decreto del 1° aprile, con il quale è stato previsto l’obbligo vaccinale queste categorie e i provvedimenti per chi si rifiuta di sottoporsi all’immunizzazione, fissava il termine di cinque giorni da quella data. A oggi, invece, non sappiamo chi non ha fatto il vaccino.

“Le aziende sanitarie devono agire con molta celerità su questo fronte” esorta l’assessore alla Sanità Luigi Icardi che annuncia una “rigorosa, direi sabauda, applicazione della legge” nei confronti di chi opera negli ospedali, così come negli ambulatori o nelle strutture per anziani e disabili e resta fermo nel suo rifiuto del vaccino. “Non possiamo pensare che qualcuno vada in ospedale e si contagi a causa di un operatore non vaccinato. Non lo possiamo consentire. È una cosa inaccettabile eticamente”, ribadisce Icardi quando ancora non si sa quanti siano e dove operino i sanitari che, eccetto coloro che non abbiano ricevuto il vaccino per valide e motivate ragioni, è difficile non definire no vax, anche se la loro scelta non viene manifestata, anzi tutt’altro. Proprio per questo è necessario incrociare i dati. “Appena pubblicato il decreto, ho inviato una nota alle Asl, agli Ordini e a tutte le strutture, chiedendo di provvedere immediatamente a fornire gli elenchi”, ricorda il commissario alla campagna vaccinale Antonio Rinaudo.

Tempi stretti che, però, si sono allungati lungo il percorso tanto da superare i limiti imposti dalla norma varata dal Governo di Mario Draghi e, di conseguenza, spingere in avanti la data in cui chi persiste nel non vaccinarsi, scatta la sospensione dalle attività che “implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio”. A quel punto il medico, come l’infermiere o l’oss può essere impiegato in mansioni, anche inferiori, con relativo stipendio. Ma se quel posto non c’è o non serve, per il sanitario scatta la sospensione senza stipendio. Una prospettiva che, come osserva Icardi, “sta facendo cambiare idea a più d’uno tra coloro che non si erano vaccinati e che il vaccino lo stanno facendo anche in questi giorni, dopo l’introduzione dell’obbligo”.

Non tutti, però, si stanno “convincendo” di fronte al rischio di rimanere a casa. Ci sono casi molto eclatanti, come quello dell’infermiera dell’ospedale di Chivasso, Barbara Squillace, che nega l’efficacia dei vaccini partecipando agli aperitivi del bar plurimultato per aver violato ripetutamente le disposizioni anticontagio. “Un caso, quello dell’infermiera, che teniamo attentamente sotto la lente d’ingrandimento”, spiega Rinaudo. Ma per un’infermiera che rivendica apertamente il suo rifiuto, quanti sono i suoi colleghi e i medici che in silenzio hanno lo stesso approccio con il vaccino? La vasta platea del personale sanitario, dove sono compresi anche gli amministrativi e i tecnici, impedisce anche una stima di massima raffrontando il numero totale del personale con quello dei vaccini somministrati. “L’incrocio dei dati farà emergere ogni singolo caso”, assicura l’assessore. “Per questo, pur tra il pesante impegno sul fronte vaccinale, le aziende sanitarie devono velocizzare queste procedure così come faranno gli uffici regionali. Poi chi non avrà validi e comprovati motivi per non vaccinarsi, penso a chi ha già contratto in precedenza il Covid, non potrà  continuare a stare a contatto con i pazienti”.

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