Fantasmi dietro le batterie

La Battery Alliance (friends of battery) in Europa è un colosso da oltre 100 miliardi di euro di investimenti già mobilitati, più di 500 attori coinvolti, di cui 19 italiani (aziende, istituzioni, università), una quindicina di giga-factory in corso di sviluppo. Tranquilli, Carlstrom non centra nulla.

L’obiettivo è che l’Europa diventi il secondo produttore mondiale di batterie al litio nel 2024-2025, dietro la Cina e davanti agli Stati Uniti e agli altri paesi asiatici. L’Europa nel 2019 è diventato un hotspot per gli investimenti nella filiera delle batterie (oltre 60 mld di euro) e finora nel 2020 investimenti nel settore per oltre 25 miliardi, il doppio della Cina.

In questo ambito l’obiettivo europeo di legiferare verso una sostenibilità competitiva che riguarderà l’intero ciclo di vita delle batterie, in modo che tutte le batterie immesse sul mercato europeo siano non soltanto sicure e con elevate prestazioni, ma anche sostenibili sotto il profilo ambientale vuole coniugare la vocazione industriale europea con la sostenibilità ambientale. Anche se studiosi del settore e ricercatori ritengono che già dal 2027 il litio comincerà a scarseggiare come materia prima con conseguenze di approvvigionamento e aumento costi. Per contro un recente rapporto di Ihs, segnala che il costo medio di una cella per batterie al litio (quelle impiegate sui veicoli e nelle installazioni per l’accumulo energetico stazionario) scenderà sotto 100 dollari per kWh da qui a tre anni. Il dibattito è aperto. Ma come si muovono le case automobilistiche?

Bmw ha siglato un contratto da 2 miliardi di euro con l’azienda svedese Northvolt (di nuovo nulla a che fare con il “nostrano” Carlstrom)  per la fornitura di lungo termine di celle per le batterie al litio. Northvolt sta costruendo una super-fabbrica a Skelleftea, nel nord della Svezia; la gigafactory inizierà la produzione nel 2024 utilizzando energia di origine 100% rinnovabile da impianti eolici e idroelettrici.

La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha approvato un prestito complessivo da 135 milioni di euro, destinato alla costruzione di una fabbrica di componenti innovativi per batterie al litio in Polonia. Destinatario dei finanziamenti è il gruppo Johnson Matthey, multinazionale inglese specializzata nella chimica e nelle tecnologie sostenibili, che li userà per sviluppare uno stabilimento a Konin, il primo al mondo a produrre la nuova generazione di materiali per il catodo delle batterie, sviluppata dalla società con sede a Londra.

Entro il 2030, il gruppo Volkswagen realizzerà sei gigafactory in Europa, per una capacità produttiva totale di batterie pari a 240 GWh. Il costruttore di Wolfsburg, in particolare, ha deciso di imprimere una svolta alla gestione della filiera delle batterie focalizzandosi maggiormente sulle partnership e sulla produzione interna piuttosto che sull'acquisto da fornitori esterni.

Nel campo del rafforzamento delle partnership il rapporto privilegiato è con la svedese Northvolt, scelta come fornitore strategico per celle di batterie destinate a modelli per il segmento premium.

Le due aziende hanno deciso di ampliare da 32 a 40 GWh la capacità produttiva dell’impianto in costruzione a Skellefteå (in Svezia, dove le attività di assemblaggio inizieranno nel 2023) con l’obiettivo di sostenere ordini per un valore totale di circa 12 miliardi di euro nei prossimi 10 anni (salgono così a oltre 22,5 miliardi di euro gli ordini raccolti dall'azienda svedese tra i clienti  chiave). Una seconda gigafactory la realizzeranno a Salzgitter, in Germania. la terza fabbrica sarà probabilmente realizzata entro il 2026 in Spagna, in collaborazione con il governo di Madrid e la società energetica Iberdrola. A tal proposito, è stato precisato che una scelta definitiva non è stata ancora presa e che la Spagna è solo uno dei Paesi presenti in una shortlist comprendente anche Portogallo e Francia (“la scelta dipenderà dalle condizioni offerte”). Una quarta gigafactory è prevista per il 2027 in Europa orientale tra Repubblica Ceca, Polonia o Slovacchia. In ogni caso gli impianti saranno realizzati dal gruppo, autonomamente o in partnership con altre realtà.

Si sta quindi sviluppando una filiera industriale europea nel campo delle batterie per le auto elettriche, che proverà a contrastare l’attuale dipendenza dai fabbricanti esteri, soprattutto asiatici; secondo Bruxelles, saranno necessarie 10-25 gigafactory al 2025 nel nostro Continente per soddisfare la crescente domanda di batterie e competere con i produttori stranieri.

In tutto questo movimento e laboriosità di investimenti l’Italia è ferma al palo con nessuna candidatura di gigafactory, e non mi pare che l’idea del presunto finanziere Carlstrom di mettere un centesimo dell’investimento totale per realizzare un impianto a Scarmagno sia credibile in quanto escluso dalla pianificazione europea. Sia perché gli attori italo-fraco-statunitensi hanno optato per strategie più interne creando, prima con Fca la battery hub a Mirafiori, sia in casa Cnhi sempre a Torino. Sia perché Psa ha già realizzato una joint-venture con Total, tramite la società controllata da quest’ultima, Saft, specializzata nella fabbricazione di batterie, allo scopo di creare una nuova società comune, Automotive Cells Company (ccC). L’accordo prevede due gigafactory di cui una in Francia e una in Germania frutto anche dell’acquisizione da parte di Psa di Opel.

Con la nascita di Stellantis si pone, con più urgenza, il problema di una gigafactory in Italia e qui le carte da giocarsi a Torino sono tante, considerando alcuni criteri: la strategia di Tavares sembra quella di un reinternalizzazione parziale della supply chain, in ottica riduzione costi, quindi calano le chance di creare stabilimenti ad hoc vedi Scarmagno su cui Stellantis non ha mai proferito parola. Infatti, come dicevo, i due battery hub già operativi sono dentro gli stabilimenti produttivi torinesi. Inoltre Fca Italy nel territorio torinese ha molti stabilimenti liberi e utilizzabili subito e/o a breve. Ad esempio con il trasferimento e il concentramento della Mopar nello stabilimento a Rivalta dove si svolgerà tutta l’attività europea e non solo dell’aftermarket, Stellantis si ritroverà con gli enormi stabilimenti di None e Volvera da riutilizzare, che guarda caso sono anche sulla direttrice francese.

Ancora una volta c’è qualcuno sul territorio che rincorre “fantasmi” perché si rifiuta di guardare e collaborare con la più grande realtà industriale torinese che, invece, seppur tra le difficoltà oggettive derivanti dalla crisi pandemiche non ha smesso di tenere in considerazione, in un contesto mondiale, la realtà torinese nonostante l’ostilità e, sovente, la mancanza di visione delle Istituzioni del territorio.

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