VERSO IL VOTO

Tavolo Castellani in panne, troppe teste e pochi voti

Langue il progetto dell'ex sindaco di costituire una lista "riformista" per Torino con Italia Viva, Azione e civici. Più Europa resta sola a sostenere Boni alle primarie e anche all'interno dei vari partiti convivono posizioni inconciliabili

Sono quelli che più di tutti hanno avversato il Movimento 5 stelle e ora che il Pd ha escluso ogni tipo di alleanza, almeno al primo turno, si sentono orfani. Figli di uno spettro – l’aborrita intesa giallorossa – che li ha tenuti per mesi con un piede dentro e uno fuori dalla coalizione di centrosinistra e che ora li costringe a decidere da che parte stare e come presentarsi alle prossime elezioni. Si sono incontrati di nuovo lunedì sera i componenti del cosiddetto Tavolo Castellani, apparecchiato dall’ex sindaco che si è messo in testa di costituire un polo riformista con Italia Viva, Azione e il Laboratorio Civico di Federico De Giuli (chi ci è rimasto). Con un pizzico di nostalgia c’è chi definisce quest’esperimento la nuova Alleanza per Torino, quella lista creata nel lontano 1993 con il compito di attrarre sulle sponde del centrosinistra personalità tutt’altro che organiche agli eredi del Pci, a suo modo anticipatrice dell’Ulivo di prodiana memoria.

Il paradosso è che il simbolo di Alleanza per Torino non è dell'ex sindaco, oggi ottantenne, bensì dell'ultimo capogruppo in Sala Rossa, Michele Paolino, il quale ora sostiene Stefano Lo Russo alle primarie. Tra coloro riconducibili a quella storia che si sono tirati fuori da tempo c'è Pino De Michele, già segretario della Margherita sotto la Mole e depositario del logo di Alleanza per Torino, ora alleato di Mario Giaccone nel Polo Civico costituito assieme a Demos e Centro democratico. Anche Più Europa si è defilata, essendo in campo alle primarie al fianco del presidente di Radicali Italiani Igor Boni. In compenso si sono uniti i Socialisti. Non proprio una macchina da guerra, insomma, un arcipelago di sigle con tante teste e pochi voti.  

Anche all’interno dei vari partiti che dovrebbero costituire questo nuovo fronte unitario ci sono posizioni differenti. Prendi Italia Viva: se il coordinatore torinese Davide Ricca tiene i piedi ben saldi dentro il centrosinistra, la deputata Silvia Fregolent si era premurata, tempo fa, di far sapere di aver preso un caffè con Paolo Damilano, candidato del centrodestra, e non disdegnerebbe la nascita di un terzo (anzi, ormai quarto) polo, situato in quella terra di nessuno tra sovranisti e progressisti. Di Mauro Marino, l’altro parlamentare renziano, tra i pochi superstiti della stagione politica segnata da Castellani e dalla giunta dei professori, si sono invece perse le tracce. E che dire di Azione? Il coordinatore regionale Claudio Lubatti è stato assessore ai Trasporti nella giunta di Piero Fassino, è stato eletto cinque anni fa in Sala Rossa con il Pd, e si sente di casa nel centrosinistra, mentre il cuneese Enrico Costa, proconsole di Carlo Calenda in Piemonte, viene da tutt’altra storia politica, vissuta in gran parte sotto le insegne di Forza Italia, e resta a mezza via tra l’impresa solitaria e Damilano.

Compito arduo quello di Castellani. Di certo c’è che nessuno oggi sembra intenzionato ad avere un ruolo attivo nelle primarie. Men che meno di schierarsi con Boni, cui viene imputato di giocare al solito in proprio “da buon radicale”. Questioni politiche s’intrecciano con qualche ruggine personale e soprattutto con le ambizioni di chi in quella ipotetica lista intende correre. Uno dei temi, sollevati a mezza bocca negli ultimi incontri, riguarda proprio il ruolo dei candidati alle primarie (c’è Boni, ma anche il civico Francesco Tresso ammesso che riesca a raccogliere le firme): è evidente che la competizione ai gazebo darà a entrambi una visibilità spendibile nello sprint elettorale in cui contano le preferenze. “E perché dovremmo ritrovarci a correre con chi è partito settimane prima di noi?”. Se questi sono i presupposti…

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