RETROSCENA

"Sulle nomine gioca in proprio"
Ricca finisce sulla graticola

L'assessore leghista alle Partecipate nel mirino dei suoi stessi compagni di partito: non condivide scelte e decisioni. Lui si accredita come riferimento di Giorgetti. E iniziano a destare sospetti le sue relazioni "trasversali" romane. "Cirio gli cambi le deleghe"

Un assessore alle Partecipate che fa partecipare poco. Si dovesse condensare in una battuta quel che da un po’ di tempo circola all’interno della Lega a proposito di Fabrizio Ricca, questo renderebbe l’idea dell’aria che tira, anche se i problemi tra una buona parte dei notabili leghisti rispetto al modus operandi – troppo autonomo, personalistico ed autocratico – del loro assessore paiono non essere limitati a questo. La questione è stata evidenziata con dovizia di particolari a Riccardo Molinari al punto che il leader piemontese e capogruppo alla Camera potrebbe oggi stesso affrontare l’argomento con Alberto Cirio a margine della sua odierna visita ad Alessandria. Al presidente, da qualche tempo ormai, giungono segnali e addirittura richieste di occuparsi della vicenda, prendendo in seria considerazione l’ipotesi di un cambio di deleghe. Eventualità che il governatore sarebbe intenzionato a non tradurre in pratica, almeno fino al giro di boa di metà legislatura con annessa verifica ed eventuali correzioni di rotta e di equipaggio.

Anche Molinari, del resto, non pare estraneo al fronte critico nei confronti del rampante assessore che al tema-totem leghista della Sicurezza, altra sua competenza, ha mostrato (pur senza tralasciarlo, né tralasciarne gli effetti mediatici e di consenso) di preferire quello meno di pancia delle società in pancia della Regione. Non certo quel che si dice un bel periodo su questo fronte, visto ciò che sta succedendo in Finpiemonte. E anche questo non aiuta il principale partito della coalizione a digerire la logica dell’uomo solo al comando dell’assessore, tantomeno egli può contare sull’aiuto degli alleati anch’essi sempre più malmostosi, specie di Fratelli d’Italia, verso una gestione che viene definita, appunto, assai poco partecipata.

C’è, però, anche dell’altro a innervosire la nomenclatura leghista. C’è quel continuare da parte di Ricca ad accreditarsi come l’uomo di Giancarlo Giorgetti in Piemonte. Un’etichetta, un brand parecchio in voga anche se, in verità, l’eminenza grigioverde una sua corrente non l’ha mai avuta e tantomeno organizzata. Al momento i giorgettiani sono più una categoria dello spirito che non una componente politica. Eppure Ricca sul canale privilegiato che avrebbe costruito con il numero due del Carroccio fonda molto per accrescere la propria rete di rapporti e di potere, dentro il partito come all’esterno, tra gli stakeholder della regione. E “poi passa più tempo a Roma che a Torino”, la battuta che circola tra i leghisti che racconta delle frequentissime trasferte così come delle relazioni, parecchio trasversali, coltivate proprio nella Capitale. 

“Mi chiede consigli e io glieli do”, ha risposto Angelo Tromboni a chi gli ha domandato di quelle ripetute visite di Ricca nel suo studio romano. Per unire Tromboni alla voce “politica” bisogna sfogliare gli annali della Prima Repubblica, quando era segretario del Pci di Ivrea, poi responsabile fabbriche durante la segreteria di Piero Fasssino. “Un operaio”, si definiva anche quando il suo percorso, incappando pure in Tangentopoli, avrebbe deviato dalla politica agli affari con consulenze per grandi gruppi nel settore dell’energia, rapporti con la Russia, ma anche un po’ border line con Gianpiero Fiorani, dominus della Banca Popolare di Lodi ai tempi del mancato salvataggio di Euronord, quando anche la Lega aveva una banca. A presentare Ricca a Tromboni, come ha spiegato l’ex politico poi diventato uomo d’affari, è stato Francesco Zambon, ovvero l’ex manager di Moody’s Investor Service e già consulente per il Politecnico e per il Comune di Torino (settore finanza straordinaria) dal 2014 al 2017, che proprio Ricca, che lo conobbe da giovane consigliere comunale, ha voluto alla presidenza di Finpiemonte Partecipazioni. Non un nome noto, quello di Zambon, tanto che furono in molti a chiedersi chi fosse quando venne nominato al vertice del contenitore di molte partecipate regionali.

Anche per lui, anzi ancor di più che per l’assessore, vale l’acida sintesi sulla maggior presenza nella Capitale piuttosto che sotto la Mole. La sua fu, all’inizio ottobre del 2019, a detta di Cirio e Ricca che lo misero nero su bianco, “la prima nomina importante della giunta”. Una scelta rivendicata e intestata, però, dall’assessore lasciando intendere quel che i suoi compagni di partito e gli alleati avrebbero compreso solo più tardi. Adesso quel metodo di lavoro, ma anche quelle relazioni trasversali e per qualcuno dal vago sentore di Deep State, sono diventati un problema. Per e nella Lega, ma non estraneo agli alleati sempre più insofferenti al metodo Ricca. Qualcuno ipotizza e caldeggia un rapido passaggio di delega, suggerendo anche il futuro titolare delle Partecipate nel vicepresidente Fabio Carosso. Quasi certamente non succederà, almeno non adesso per evitare di toccare altre caselle nell’esecutivo, ma la questione resta sul tavolo. Quello attorno al quale, con ogni probabilità già oggi, si siederanno Cirio e Molinari.

print_icon