Quei valori al tappeto tra Rocky e Drago

Leggendo i quotidiani, e soprattutto passando da un canale all’altro della Tv, si può riscontrare facilmente la matrice ideologico-culturale che domina le nazioni occidentali. I media da anni diffondono senza sosta modelli sociali incentrati sull’individualismo, sul primato del singolo a svantaggio dell’agire comunitario.

L’era degli sceneggiati, delle serie televisive intrise di messaggi egualitari, e dei personaggi epici impegnati nella perenne lotta contro l’ingiustizia sociale, è finita. Al posto di “Sandokan”, della “Freccia Nera” e di “Robin Hood” arrivano nuovi eroi la cui esistenza è dedicata alla lotta svolta in solitaria a difesa degli interessi capitalistici: muore il combattente ispirato dagli ideali comunardi e nasce il super palestrato a salvaguardia dell’alleanza atlantica.

Hollywood è consapevole del compito propagandistico affidato a pellicole che hanno fatto record di incassi in tutto il mondo. Ad esempio Rocky IV negli anni ‘80 è stato il paladino dei valori americani, nonché un devastante missile puntato oltre cortina: nel cuore del sistema sovietico. 

I produttori cinematografici a stelle e strisce affermano con disinvoltura un assioma per loro incontrovertibile, che individua il problema del Comunismo nel ruolo di protagonista assoluto affidato al “collettivo”, al gruppo. In America invece domina l’individualismo vincente, ossia la forza del singolo “che si è fatto da solo”. I registi e gli sceneggiatori statunitensi criticano convintamente i film sovietici dove, secondo loro, le storie non hanno spessore (sono “perdenti”) poiché intrise di collettivismo: non vince il più forte ma il gruppo, in cui lo spettatore non si immedesima.

La contrapposizione tra comunità e colui che possiede denaro e potere risale ai tempi antichi. Da secoli le rivoluzioni raffigurano la potenza sprigionata dall’unità del popolo, il quale si trasforma da soggetto sottomesso a classe dominate: l’unione fa la forza. Chi gestisce il potere ha compreso nei decenni che per sopravvivere deve isolare i cittadini, evitare il loro compattarsi per rivendicare dignità e diritti.

La retorica sovietica era certamente intrisa di buoni sentimenti e di atti vittoriosi grazie all’opera collettiva. Un messaggio ricco di principi solidali, e quindi non adatto a scatenare istinti da uomo o donna “Alpha”, o desideri da scalatori sociali pronti a passare sopra tutti per un business o un avanzamento di carriera. Soldi per soddisfare ambizioni personali, moneta per poter acquistare accessori di marca e auto di lusso o ville con piscina: desideri indotti per creare una società in cui ognuno anela alla ricchezza (anche se difficilmente la raggiungerà).

In quest’ultimo anno una parte del Paese ha dimostrato dedizione e passione (i lavoratori della Sanità, i volontari e molti cittadini), mentre un’altra ha vissuto l’emergenza ritenendo che la Costituzione (magari disprezzata dai medesimi sino a poco tempo prima) difenda esclusivamente la libertà di non indossare la mascherina e fregarsene della salute altrui, anziché il bene della collettività insieme a quello del singolo. Tutto è caduto nella visione ideologica egocentrica e le vicende politiche lo confermano drammaticamente.

I testi di molti rapper neomelodici, in voga tra i giovani, sono incitamenti all’accumulo di denaro come unico modello di vita, ed è un’affannosa caccia ai soldi che porta alcuni politici a cercare l’appoggio delle famiglie ‘ndrine calabresi. Cadono le visioni sociali, scompaiono gli atti di solidarietà tra i lavoratori, e rimangono le macerie di quanto l’idealismo del dopoguerra ha creato con tanta fatica (diritti, servizi pubblici, decentramento, scuola e sanità).

Le stesse riforme legislative, promulgate dopo gli anni ’90, premiano con incrementi in busta paga la produttività dei dirigenti pubblici, rapportando il premio in denaro agli atti in sintonia con gli obiettivi contenuti nella linee guida dei ministeri e degli altri organi istituzionali. Non è quindi sufficiente una retribuzione per compensare il tempo dedicato dai vertici amministrativi all’attività lavorativa, ma è necessario inventare un bonus al fine di attivare la macchina burocratica.

Lo stesso destino sembra ora riservato ai magistrati, i quali saranno interessati dalla riforma della Giustizia. La legge, se approvata, costringerà i giudici a lavorare tra il bastone e la carota: responsabilità civile nel caso emettano sentenze errate per colpa (tradotto in “risarcimenti”) e premio di produttività ove siano bravi a chiudere velocemente i processi. È facile pensare cosa produrrà un meccanismo monetario di questo genere: un sistema giudiziario a servizio dei facoltosi e ostile alla povera gente.

Rocky sconfigge Drago (il pugile del blocco comunista) e qualche anno dopo crolla la cortina di ferro e poi la Sinistra socialista europea. Chissà cosa pensano oggi di quella pellicola i tanti giovani cittadini dell’ex Unione Sovietica che negli anni ‘80 appendevano in camera il poster di Sylvester Stallone: il mito dell’eroe dal super-ego ha dato forza alla libertà dei moscoviti, oppure semplicemente ha permesso loro di bere la Coca-Cola sulla piazza Rossa a un prezzo accessibile. Una lattina in cambio del tentativo di Gorbaciov di far convivere l’uguaglianza (le pari opportunità per chiunque) con la libertà, quella vera.

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