Il capitalismo "femminista"

Camminando per le vie di Torino si notano dei manifesti colorati, che nelle intenzioni del Comune di Torino dovrebbero rappresentare un’iniziativa a favore delle donne. Sarebbe da chiedersi se in piena pandemia i soldi spesi per la campagna pubblicitaria potessero essere spesi meglio, per esempio a favore delle donne: forse un aiuto concreto è meglio di qualche manifesto colorato. La campagna pubblicitaria più che essere un qualcosa a favore delle donne pare essere uno spot a favore delle femministe e perciò una campagna politica di parte a spese del contribuente. Il messaggio è “puoi fare questo grazie ad una femminista” e in tutta sincerità più che sensibilizzare sui diritti delle donne è una bieca pubblicità a favore delle femministe. Vero che una campagna pubblicitaria deve dare messaggi semplici e chiari, ma in questo caso sono fin troppo semplicistici.

Uno dei messaggi che trovo più approssimativo è quello in cui si afferma che le donne possono lavorare grazie alle femministe. Scusandomi per la nota personale, ma mia nonna contadina che si spaccava la schiena nei campi come altre milioni di donne in tutto il mondo non deve ringraziare nessuno. Il modello dell’uomo che lavora fuori di casa e la donna casalinga ha riguardato solo una parte della società umana e per un breve periodo storico e non può essere considerato un modello totalizzante. In tutte le società contadine le donne hanno condiviso la fatica dei campi con gli uomini e non lo consideravano certo un privilegio. Mia nonna, come tutte le donne che come lei lavoravano in campagna al gelo o al sole cocente invidiavano quelle fortunate, che grazie alle maggiori entrate dei mariti, potevano fare le casalinghe. Perché non scrivere più correttamente che l’accesso ad alcune professioni è stato una conquista civile? Non era un messaggio molto complicato da scrivere, per quanto anche questo non propriamente preciso.

Quello che si dimentica con una certa facilità che quelli che si chiamano diritti civili, conquiste di civiltà, progresso si sono potuti avere perché c’è stato un pregresso sviluppo economico dovuto al tanto vituperato capitalismo e allo sviluppo tecnologico. Mia nonna contadina non aveva altra possibilità che lavorare nei campi, ma questo valeva anche per mio nonno perché quelle erano le condizioni economiche in cui erano nati. Il fatto di essere maschi o femmine non influenzava la condanna a vita al lavoro nei campi. Tra parentesi, questo passato contadino dell’Italia porta in retaggio l’attuale diffuso disprezzo per i lavori manuali. Il problema si poneva nelle classi agiate in cui c’era la possibilità di studiare o di scegliere una professione, ma per gran parte della popolazione non c’era possibilità di scelta.

Con il boom economico del dopoguerra le condizioni economiche sono cambiate e si è posto il problema dell’accesso ad alcune professioni delle donne. Le migliorate condizioni di vita della donna e dell’uomo in generale, sono più dovute allo sviluppo tecnologico e al capitalismo che non ai movimenti di idee dei diritti civili. È stato lo sviluppo tecnologico a ridurre la fatica dell’uomo e non certo i benpensanti con le loro teorie. Ha fatto di più il capitalismo con elettrodomestici, supermercati e cibo pronto per la donna che non i tanti movimenti di idee. Bisogna considerare che la cura della casa e della famiglia richiede tempo e fatica e che la divisione del lavoro dell’uomo che lavora fuori di casa e la donna in casa aveva una sua funzionalità per le famiglie non contadine. In breve, in passato non si poteva fare diversamente o per lo meno era quasi impossibile fare diversamente, tranne che per le famiglie agiate che potevano contare sul lavoro della servitù. Con la riduzione del lavoro casalingo grazie allo sviluppo economico e tecnologico si è posto il problema del lavoro anche per le donne per quel gruppo di famiglie in cui la donna non lavorava. Un paio di note storiche. Non mi pare che nelle industrie tessili dell’800 ci lavorassero solo gli uomini, anzi, oltre alle donne ci lavoravano anche i bambini. L’accesso in fabbrica delle donne in ruoli prima occupati solo dagli uomini, è nato sotto la spinta delle due guerre mondiali quando si sono dovuti sostituire gli uomini andati al fronte. Le cose non sono così semplici come le si vorrebbe far apparire.

Le idee sono importanti, ma i mezzi per realizzarle sono dati dal capitalismo e dallo sviluppo tecnologico.

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