VERSO IL VOTO

Centrodestra, duello per la leadership (alle spalle di Damilano)

Lega primo partito della coalizione ma "solo" al 18%. Molinari: "Bisogna fare meglio". Per Euromedia Fratelli d'Italia molto al di sotto delle performance nazionali. Comba: "Non ci credo, in città il nostro consenso è più ampio". La tenuta (improbabile) dei berluscones

Maneggiare con cautela. L’avvertenza, di fronte ai sondaggi, vale sempre e a maggior ragione quando il tempo che separa dalle urne si conta non in giorni o settimane, ma in mesi. Gli effetti collaterali che le misurazioni delle intenzioni di voto possono avere, e spesso hanno, su chi al voto affida il proprio destino politico sono i più svariati. Capita, senza eccezione, anche di fronte al primo sondaggio dei molti che da qui a ottobre verranno sfornati per provare a preconizzare l’esito delle urne per le comunali a Torino. I numeri forniti da Euromedia Research, in questo caso, si può dire che aiutino. 

Per dire, restando nell’ambito del centrodestra – dato in vantaggio sia per quanto riguarda il candidato sindaco Paolo Damilano, sia (pur in misura minore) per quanto attiene alla coalizione – basta e avanza quell’ 8,7% attribuito a Fratelli d’Italia per far scuotere la testa allo stato maggiore meloniano, convinto che quella prospettiva sia decisamente lontana, al ribasso, rispetto alla realtà e alla tendenza nazionale di un partito dato, sempre dai sondaggi, in crescita notevole e costante. Ma quel numero, poco sopra la metà del peso attribuito a FdI a livello nazionale, ha tra gli effetti collaterali citati anche la malcelata serenità indotta nella Lega che vede allontanare lo spettro del sorpasso o anche solo del tallonamento a brevissima distanza da parte dell’alleato. La stessa Lega che pur doppiando i Fratelli con il 18% conferma la difficoltà a superare gli atavici e mai risolti problemi sotto la Mole, dove lo sfondamento resta un obiettivo, quanto lontano non si sa. 

“La percezione che abbiamo, parlando con la gente nei mercati, girando le periferie è quella di un consenso ben diverso e assai più ampio rispetto a quello indicato dal sondaggio”, osserva Fabrizio Comba, coordinatore regionale di FdI. ”Non mi permetto di criticare i sondaggisti, ma quel numero è troppo basso. A Moncalieri, dove c’era un sindaco di centrosinistra fortissimo come Paolo Montagna che pescava anche nel centrodestra, l’anno scorso la Lega ha fatto il 10,9% e valeva a livello nazionale più di oggi. Noi ci piazzammo dietro soltanto a un punto in meno”. Possibile che oggi a Torino i meloniani vengano doppiati dal partito di Matteo Salvini? È quello che si chiede, non credendo a una risposta positiva, Comba.

“Se il voto dovesse confermare il sondaggio per noi sarebbe ottimo, confermando alla grande la Lega come primo partito del centrodestra e Damilano in testa rispetto a Lo Russo”, premette il segretario regionale Riccardo Molinari che sul dato del partito della Meloni, di fatto alla pari con Forza Italia, sempre prendendo i numeri con le molle, avanza una possibile spiegazione che non piacerà affatto agli alleati: “Un conto è la narrazione mediatica, altro è la realtà. Non è un mistero che ci sia un lavoro per provare a dividere il centrodestra esasperando la concorrenza Meloni-Salvini, che in realtà non è così vera tra gli elettori”. Non nega, Molinari, che Torino sia la città dove storicamente in Piemonte il suo partito abbia la percentuale più bassa e, quindi, non proprio male il 18%, “anche se dobbiamo lavorare per fare di più”. Forse più del dovuto o del prevedibile ha fatto pure chi, come osserva a dir poco stupito Comba, “ha messo Italia Viva nel centrodestra” nel computo dei voti assegnando al partito di Matteo Renzi un misero 0,6%, poco meno di Azione di Carlo Calenda, anch’esso conteggiato nella coalizione con candidato sindaco Damilano. “E darci alla pari con Forza Italia…”. Il coordinatore regionale di FdI lascia la frase in sospeso, ma si capisce bene cosa pensi.

Maneggiare con cautela i sondaggi, soprattutto quando la variabile tempo insieme a moltissime altre rischiano di far scrivere i numeri sulla sabbia. “Indagini attendibili prima di settembre mi sembra difficile poterne avere”, spiega Paolo Natale, politologo dell’Università di Milano. Ciò che, davanti ai numeri, va tenuto presente è “il peso del candidato sindaco, maggiore rispetto a quello delle coalizioni che lo sostengono. In genere circa un 20 per cento degli elettori vota scegliendo solo il candidato sindaco e questo è un elemento indicativo dell’importanza della scelta della figura adatta e del suo porsi di fronte all’elettorato”.

Le prossime elezioni non sono segnate soltanto dall’anomalia del rinvio dettato dall’emergenza Covid, ma anche dal quadro politico nazionale anch’esso derivato dalla pandemia e dalla sua gestione. Per la prima volta si vota nelle grandi città con un governo sostenuto da una larghissima maggioranza dalla quale manca, tra i grandi partiti, solo quello della Meloni. “L’effetto più rilevante potrebbe essere quello di concentrarsi sui temi locali, sull’economia, sul lavoro. I candidati – sostiene Natale –  dovranno mettere in primo piano il rilancio della città, rinunciando o mettendo sullo sfondo i temi identitari, dall’immigrazione alla sicurezza al ddl Zan, che pur divisivi risultano poco rilevanti in una competizione comunale, anche di una grande città”.

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