L’Ulivo con i 5 stelle?

Con una dose estrema di fantasia e di creatività si legge qua e là che con la potenziale alleanza tra il Partito democratico di Letta e i 5 stelle di Grillo (?) e di Conte (?) si riproporrebbe, quasi d’incanto, nella politica italiana la storica e positiva esperienza dell’Ulivo. Ora, che la fantasia nella politica nostrana sia all’ordine del giorno non c’è alcun dubbio. Che il trasformismo lo sia altrettanto lo sappiamo ormai da tre anni, cioè dopo il voto delle ultime elezioni politiche quando il Movimento 5 stelle si è alleato allegramente prima con la Lega, poi con la sinistra e infine con tutti. Ma tant’è. Adesso, però, e al netto di ciò che capita in quel partito dopo la guerra di potere senza esclusione di colpi – sempre in nome del cambiamento, del rinnovamento e della novità, presumo – tra il fondatore e l’ex presidente del Consiglio, alcuni esponenti del Pd parlano addirittura della possibilità di “ricostruire l’Ulivo” con un’alleanza tra questi due partiti.

Per carità, come dicevo poc’anzi, nella politica contemporanea ormai tutto è possibile. E quindi si può anche parlare, paradossalmente e misteriosamente, di rifare l’Ulivo con ciò che resta del populismo nostrano e la sinistra post comunista. Ma, per fermarsi all’Ulivo e senza addentrarsi nei meandri di queste fantasticherie, almeno su tre elementi non si può non fare chiarezza. Innanzitutto l’Ulivo, in quella stagione storica, era un preciso progetto politico e di governo. Non era una mera sommatoria di sigle contro un “nemico” dichiarato ma un progetto che, non a caso, ha contribuito a ridare speranza e qualità all’intera politica italiana. Un progetto basato sull’apporto decisivo di culture politiche altrettanto definite che rappresentavano il miglior riformismo culturale e politico italiano. Cosa c’entra tutto ciò con il populismo, l’anti politica e il giustizialismo dei 5 stelle resta, francamente, un mistero.

In secondo luogo la classe dirigente. Non c’è alcun dubbio, al riguardo, che la gran parte della classe dirigente dell’Ulivo era riconosciuta dalla pubblica opinione del nostro paese. Una classe dirigente radicata sul territorio, espressiva di precise e storiche culture politiche e, soprattutto, competente e preparata. Cosa centra tutto ciò con la vulgata dell’“uno vale uno”? Anche questo aspetto resta un mistero.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, l’Ulivo resta universalmente noto – al di là di chi condivideva, o meno, quel progetto politico e di governo – per la “speranza” che ha rappresentato e che ha introdotto nella politica italiana. E non solo per la felice e bella “canzone popolare” di Ivano Fossati che è stata la colonna sonora per tutta quella campagna elettorale. Una speranza frutto, anche e soprattutto, della capacità di saper aprire una nuova stagione nella politica italiana in grado di unire in un impasto fattivo e concreto, radicamento territoriale, progettualità a lungo termine, qualità della classe dirigente, coerenza nella prospettiva e alleanza delle migliori culture riformiste. Anche qui, di grazia, cosa centra tutto ciò con il populismo, il giustizialismo e l’antipolitica dei 5 stelle?

Ecco, ho voluto fare solo alcune riflessioni, brevi e molto generiche, per arrivare ad una conclusione persin banale. E cioè, quando si fanno paragoni con altre stagioni politiche forse sarebbe opportuno procedere con maggior cautela e prudenza. Il tutto per evitare di cadere nel ridicolo o nel grottesco. E questo perché ogni stagione politica è caratterizzata da attori politici e culturali e da classi dirigenti definite e nette. E l’Ulivo, semplicemente, non è replicabile oggi con questi attori politici, con questa classe dirigente e con queste pseudo culture politiche.

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