In bottiglia l'acqua del sindaco

Mancano circa quattro mesi alla data in cui si svolgerà la consultazione elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale torinese: un ampio lasso di tempo che non risparmia la politica da una frenetica ricerca di visibilità e da molte preoccupazioni per quel che avverrà in autunno.

Nessuno ha depositato simboli e liste agli uffici competenti, la procedura verrà avviata non prima di un paio di mesi, ma le primarie del centrosinistra hanno comunque consentito di aprire le danze delle candidature e soprattutto di avviare le contrattazioni da cui deriveranno alleanze oppure, in caso di fallimento, rotture irreversibili.

La tempestiva entrata in campo di Damilano ha dimostrato l’efficienza della sua macchina organizzativa. L’imprenditore ha bruciato le tappe costringendo tutti gli altri a rincorrerlo, e la sua candidatura annunciata con grande anticipo si è imposta su qualsiasi altra, diventando per mesi l’unica su cui i media hanno puntato i riflettori. L’inattività mista ad incertezza che ha contraddistinto il rimanente mondo politico sembra giocare comunque a favore del centrodestra, che ha subito un momento di impasse solo grazie alle interviste che la carta stampata ha dedicato alla competizione in seno al centrosinistra.

Il Pd ha dovuto digerire il flop della “consultazione popolare” che però in parte è stato riequilibrato da una buona esposizione mediatica offerta dallo scontro, a volte aspro, tra i pretendenti al ruolo di candidato sindaco. Osservando lo scenario dal mondo reale si constata subito l’assenza di un vincitore assoluto delle primarie, mentre Tresso appare l’unico vero sconfitto, poiché è rimasto con il cerino acceso in mano pur ottenendo senza dubbio un buon risultato. Abbandonato da Grimaldi, ormai orientato a presentare una propria lista, l’ex esponente del gruppo Monviso (la lista fondata da Giaccone) deve ora decidere come proseguire la sua corsa solitaria e valutare le proprie chance.

Infine la selezione del candidato unitario ha alterato gli equilibri delle alleanze con i Democratici. Lo Russo infatti da una parte ha incassato l’appoggio della lista civica La Piazza, vero colpo di scena, mentre dall’altra traballa vistosamente il sostegno dei Moderati di Portas (sovente colto a guardare di soppiatto verso Damilano).

Percorso di guerra per il M5s, il quale non deve farsi distrarre dalla lotta interna Conte vs Grillo. È prioritario per il Movimento designare una proposta forte da spendere alle comunali: il tempo impegnato per costruire l’alleanza con il centrosinistra ha dimostrato responsabilità da parte dei vertici cittadini pentastellati, ma non ha prodotto risultati utili. La maggioranza comunale rischia di finire nel cono d’ombra riservato dai media locali a coloro che le redazioni definiscono “fuorigioco”.

Un cono d’ombra che non interessa solamente la compagine della sindaca Appendino, ma che anzi risucchia (come farebbe un buco nero) la galassia della sinistra non interessata all’alleanza con i Dem. I sondaggi, spietati con queste forze politiche, hanno dimostrato con tutta la loro freddezza come sia difficile costruire proposte per il Comune incentrate sui temi sociali e non solo sul Tav. Complessità dovuta anche alle pagine dei quotidiani sempre generose nel fornire i dettagli dell’agenda politica dei candidati espressi dalle forze partitiche maggioritarie (Lega e Pd), riservando viceversa poche occasionali righe a tutti gli altri.

Gli esclusi dal circuito mediatico possono puntare esclusivamente su atti eclatanti per avere una minima attenzione giornalistica, sino a inventare dichiarazioni spettacolari che non offrono però una ribalta utile a programmi e proposte per il governo cittadino. Una situazione nei fatti poco garantista, per nulla democratica nonché lontana dal fornire pari opportunità a chiunque, nell’ambito del riconoscimento dei valori costituzionali, si proponga a essere eletto in Sala Rossa.

A 100 giorni dal voto il gioco appare a un passo dalla conclusione. La palma della vittoria è già stata assegnata virtualmente all’industriale delle acque in bottiglia, da poco sostenuto pure dal proprietario del marchio Lauretana. Imprenditori che imbottigliano un bene comune e che forse da ottobre diventeranno i maggiori azionisti dell’acqua del sindaco, ossia della Smat (già intenta a “privatizzare” le forniture nei condomini dal terzo piano in su). A Torino si rischia infatti di cadere in un macroscopico conflitto di interessi.

Sembra che gli elettori non abbiano imparato nulla dal periodo epidemico in corso, tanto meno la necessità di un pubblico che garantisca e gestisca la salute, e continuano imperterriti a voler premiare chi nel nome del libero mercato svuota i loro portafogli senza porsi troppi scrupoli.

Il Partito democratico, affossando qualsiasi intesa sia con i 5 Stelle che con la sinistra, dimostra di non essere assolutamente preoccupato dalla probabile privatizzazione che si paventa all’orizzonte, anzi forse per i dirigenti della corrente neoliberista una tale ipotesi sarebbe addirittura auspicabile.

La vittoria di Damilano è gradita anche al di fuori della cerchia conservatrice e nazionalista: tra imprenditori ci si intende sempre, al di là delle appartenenze partitiche e degli schieramenti.

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