Anche a Torino si vince al centro

Sono tanti, come ovvio, gli ingredienti che contribuiscono alla vittoria elettorale al Comune di Torino. Come, del resto, in molte altre grandi città italiane. Dal profilo del candidato alla qualità della coalizione, dal programma per il concreto governo della città alla modalità con cui ci si presenta alla città. Certo, sembrano ormai lontani – anche se è consigliabile sempre parlare con il condizionale – gli anni in cui la delegittimazione violenta e senza sconti nei confronti degli avversari era la cifra distintiva del successo politico ed elettorale. Gli anni in cui il grillismo imperversava e dove l’attacco personale e la demonizzazione politica erano gli asset costitutivi e vincenti per affrontare con successo la consultazione elettorale. Meglio dirlo al condizionale, però, per il semplice motivo che questa deriva è ancora molto presente, purtroppo, nella dialettica politica italiana. Tanto a livello nazionale quanto a livello locale. Perché l’incultura del populismo, dell’antipolitica e dell’attacco alle persone sono disvalori profondamente radicati nella società italiana e dureranno ancora a lungo nella concreta contesa politica. Al di là dello stesso destino politico ed elettorale dei singoli partiti populisti.

Ma, comunque sia, c’è un elemento tra i tanti – forse il determinante nella fase politica che stiamo vivendo – che anche a Torino potrebbe essere vincente nel prossimo mese di ottobre. Ed è quello che potrebbe essere riassunto con uno slogan. E cioè, si “vincerà al centro”. Detta così sembra quasi uno slogan da prima repubblica. Ma probabilmente sarà proprio questo il versante decisivo.

Perché “la vittoria al centro” non significa solo la percentuale politica ed elettorale delle liste e dei partiti che seppur vagamente si richiamano alla tradizione politica e culturale del “centro”. No, la “vittoria al centro” si sostanzia di alcuni elementi strettamente legati l’uno all’altro che potrebbero essere così sintetizzati: il profilo “civico” e politico del candidato a Sindaco; la modalità con cui si presenta agli elettori e alla città; il programma non aggressivo della sua coalizione; il ruolo, il peso, la qualità e la credibilità delle liste civiche – non di quelle camuffate, però, cioè quelle costruite da indomiti professionisti della politica che continuano a spacciarsi per “civici” –; e infine anche il peso di quei partiti che dichiaratamente si ispirano al “centro” politico e culturale. E questo perché se i principiali blocchi elettorali sono ormai noti e consolidati – cioè sappiamo già quasi in partenza quali saranno i rispettivi pesi elettorali – resta una incognita la scelta finale di quell’elettorato non schierato pregiudizialmente ma in attesa degli eventi. In altre parole, in attesa di come si comporterà concretamente il candidato a Sindaco in campagna elettorale, che cosa dirà, come lo dirà lui e la sua coalizione. Un pezzo di elettorato molto volubile e, di conseguenza, molto mobile che deciderà quasi all’ultimo.

Ecco perché anche a Torino questa porzione di società, e quindi di elettorato, sarà decisivo in vista della vittoria finale. Sarà bene che i due candidati a Sindaco più gettonati ne tengano conto per tutto il periodo della campagna elettorale.

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