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Sanità, alleanza Alba-Alessandria: nasce il primo Irccs pubblico 

Si va verso l'unione tra Verduno e l'ospedale mandrogno per un unico Istituto di carattere scientifico riconosciuto dal ministero. Icardi: "Soluzione ottimale per unire le forze". Superare i campanilismi. Ad oggi nella regione c'è solo Candiolo, mentre in Lombardia sono 18

Il Piemonte non ha un Istituto di ricovero e cura pubblico e l’unico Irccs presente sul territorio è quello della Fondazione per l’oncologia di Candiolo, mentre nella vicina Lombardia sono 18 di cui 14 in capo alla sanità privata. Questa carenza spiega la notevole attesa riposta nell’iniziativa dell’Aso di Alessandria, che data ormai qualche anno ma solo un paio di mesi fa ha ricevuto dalla giunta regionale il placet per la prosecuzione del progetto da presentare al ministero per il riconoscimento.

Nel frattempo spunta una novità. L’Irccs focalizzato nella sua missione scientifica sulle patologie ambientali e in particolare sul mesotelioma pleurico, la terribile malattia provocata dall’amianto, molto probabilmente non sarà ristretto al capoluogo mandrogno e all’ospedale di Casale Monferrato, città dove il mesotelioma provocato dalle lavorazioni all’Eternit ha provocato nei decenni una strage infinita. L’ipotesi di un ingresso nel futuro Istituto alessandrino dell’ospedale di Verduno pare più concreta di quanto molti possano immaginare. Un asse tra Alessandria e Alba, nella cui Asl Cuneo2 è compreso il tanto atteso ospedale aperto in tutta fretta dopo anni di ritardi lo scorso anno per essere subito adibito al ricovero di malati di Covid, è quel che si sta profilando con un deciso viatico della Regione.

“Unire le forze di Alessandria e Verduno non solo potrà rendere più rapido il riconoscimento da parte del ministero, ma produrrà effetti positivi in futuro sui due ospedali e di conseguenza sull’intero territorio regionale, anche se gli Irccs sono strutture di valenza nazionale”, spiega l’assessore alla Sanità Luigi Icardi.

Della classificazione in Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico della struttura di Verduno Icardi ne aveva già fatto cenno proprio nel corso dell’intitolazione dell’ospedale a Michele e Pietro Ferrero lo scorso settembre. “Potrebbe risultare vincente la candidatura del nuovo ospedale a Irccs nel campo della nutrizione clinica e delle malattie metaboliche, punto di riferimento regionale e nazionale per patologie come l'obesità e il diabete, in continuo aumento e tra le frontiere più interessanti con cui si confronta la scienza medica”, aveva detto l’assessore. Ma allora l’ipotesi di una “fusione” con Alessandria non era ancora all’orizzonte e se c’era era assai più lontana di quanto non lo sia oggi. 

A rendere possibile il matrimonio mandrogno-langarolo è, come spiega lo stesso Icardi, l’inserimento delle patologie della nutrizione in quelle legate all’ambiente, specificità sulla quale si è incominciato a progettare l’istituto destinato a trasformare l’ospedale alessandrino da Aso in Irccs, con quei finanziamenti statali che connotano gli istituti di questo tipo, insieme a una gestione anch’essa differente (basti pensare che il direttore scientifico è nominato dal ministero, sentita la Regione), senza trascurare la ricaduta positiva sulla sanità regionale, oggi ancora priva di un istituto pubblico di questo genere. 

Un aspetto interessante guardando al futuro Irccs è dato dalla normativa che prevede la possibilità di una trasformazione, su richiesta della Regione, in Fondazione di rilievo nazionale aperta alla partecipazione di soggetti pubblici e privati. E proprio la probabile fusione di Verduno con Alessandria non può che rimandare al ruolo fondamentale che la fondazione per l’ospedale di Alba e Bra, con un tessuto imprenditoriale pronto a mettere pesantemente mano al portafoglio, ha avuto per la realizzazione della struttura a partire dal 2008 quando venne costituita da 11 fondatori per arrivare adesso a contare 62 soci. Una potenza quella economica, che ha accompagnato e aiutato il tormentato cammino per la costruzione dell’ospedale, che unita al peso politico che quell’area ha in Regione può oggettivamente suscitare qualche timore di un’annessione negli alessandrini. 

Nulla di peggio della guerra dei campanili, si sa e purtroppo è dimostrato può far male a una sanità già acciaccata, ma tant’è il rischio è da mettere in conto anche se, dietro le quinte a lavorare per un’intesa piena e convinta tra l’Aso e l’Asl alessandrina da una parte e l’Asl Cuneo 2 (e la potente Fondazione) dall’altra, c’è una figura di spessore ed esperienza della sanità piemontese come Paolo Tofanini, in passato al vertice dell’azienda ospedaliera alessandrina e artefice insieme a Giovanni Monchiero dell'apertura di Verduno nella sua funzione di commissario ad acta, nonché consulente della Fondazione. 

Che sia “un’occasione per rafforzare sia Alessandria sia Verduno” Icardi se ne dice convinto. Segnali positivi starebbero arrivando da chi sta lavorando al progetto per far fare il salto di qualità all’ospedale di Alessandria, peraltro da ricostruire ex novo attraverso un’operazione con l’Inail con uno stanziamento di 300 milioni cui si aggiungeranno i contributi del fondo nazionale. Sui tempi di realizzazione ancora non ci sono certezze, mentre per arrivare ad avere dal ministero il primo Irccs pubblico in Piemonte, metà alessandrino e metà albese, “se tutto va come deve andare – dice l’assessore – non più di un anno e mezzo”.

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