LOTTA AL COVID

L'ultima sfida dei medici: convincere i colleghi no vax

Confronto martedì nella sede dell'Ordine con il Dirmei. Il presidente Giustetto: "Prima delle sanzioni cerchiamo il dialogo". Intanto, tra gli over 60 il 77,7% dei piemontesi ha completato il ciclo vaccinale. Di Perri: "Dobbiamo accelerare"

L’ultima sfida dei medici piemontesi è convincere i colleghi no vax a vaccinarsi. Il Dirmei, in collaborazione con l’Ordine dei camici bianchi, ha invitato i medici che non si sono sottoposti alla vaccinazione anti-Covid a un incontro di approfondimento sull’argomento. L’incontro si terrà martedì prossimo nella sede dell’Ordine, in corso Francia, a pochi giorni dalla parata dei No Vax andata in scena ieri a Torino. Interverranno il coordinatore generale e commissario per il piano vaccinale Antonio Rinaudo, il direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive dell’Università di Torino, Giovanni Di Perri, il presidente dell’Ordine Guido Giustetto. Obiettivo della riunione è di instaurare un confronto costruttivo con i quei medici contrari alla vaccinazione affrontando la tematica in tutti i suoi aspetti, dal punto di vista scientifico e dal punto di vista deontologico, con le conseguenti ricadute di carattere giuridico legate all’obbligatorietà. L’invito è stato inviato ai medici piemontesi che si sono opposti anche formalmente alla vaccinazione, presentando ricorso al Tar contro la normativa dello Stato che sancisce l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Ma l’incontro è esteso a tutti i colleghi che volessero partecipare, sia in presenza che a distanza.

“Come diciamo da mesi, la vaccinazione è uno strumento di grandissima importanza nella lotta contro il Covid e personalmente ritengo che, in assenza di problemi di salute che veramente lo impediscano, e sono pochi, tutti i medici e gli operatori sanitari dovrebbero vaccinarsi” sottolinea Giustetto. Riguardo alle norme che prevedono la sospensione delle proprie mansioni per i medici che non si sottopongono al siero Giustetto aggiunge: “Crediamo sia giusto, prima che si proceda con le sanzioni, cercare un dialogo con questi colleghi, provando a discutere insieme le ragioni per cui vaccinarsi e i motivi del loro rifiuto”.

Intanto le somministrazioni procedono, in particolare con le seconde dosi. In Piemonte dall’inizio della campagna sono state oltre 4 milioni e mezzo le dosi inoculate, corrispondenti a circa il 94,5% di quelle disponibili. Tra gli over 60 il 77,7% della popolazione ha già completato il proprio ciclo, percentuale che sale all’86,5% per quelli che hanno avuto almeno una dose. Se invece si tiene conto della popolazione completa con più di 12 anni nei giorni scorsi il Piemonte ha superato la metà dei cittadini che hanno completato il ciclo vaccinale (52,1%) .

“La situazione in Piemonte è migliore che in molte altre regioni” afferma Di Perri ai microfoni di Radio Veronica One. “Abbiamo meno casi degli altri – spiega – e anche se la pressione ospedaliera ha cessato di ridursi l’aumento è minimo e assolutamente sostenibile senza sacrificare divisioni di chirurgia e medicina come successo nelle ondate precedenti”. Poi assicura: “I dati a nostra disposizione in letteratura scientifica ci indicano che è meglio procedere speditamente perché il ciclo completo ci protegge in questa fase molto molto bene anche dalle varianti. Dobbiamo ridurre la circolazione e quindi fare in fretta, perché potrebbero essere selezionate altre varianti magari con una sensibilità minore agli effetti del vaccino”. In merito alla vaccinazione del personale docente osserva che “su questo bisogna insistere, da una parte c’è la persuasione, dall’altra per categorie che sono più a rischio di trasmettere l’infezione bisognerà pensare a un vincolo stretto o si può anche arrivare, in estrema ratio, all’obbligo”. Riguardo al Green Pass l’infettivologo conclude: “Va fatto, se ne parla da tempo e personalmente ero favorevole a un ingresso condizionato nelle attività al chiuso anche prima che esistessero i vaccini, nel senso che si poteva già fare con un tampone negativo. Oggi abbiamo un gran numero di vaccinati, anche in aumento, il che rende possibile riaprire tutto, ma ovviamente alcune attività sono più a rischio di altre e devono poter essere condizionate da un ingresso vincolato a una condizione di non pericolosità per gli altri. Non sara' facilissimo ma va fatto”.

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