Pandemia, ne usciremo peggiori

Questa estate verrà ricordata per il clima instabile che ha segnato i mesi di giugno e luglio, ma anche per l’odiosa gigantesca onda di parole provocata periodicamente da opinionisti incontenibili e presenti in ogni dove. Un fiume in piena che travolge ogni cosa.

Dal maroso di vocaboli, sovente accompagnato da toni perentori frutto di certezze assolute, si sono salvati solamente coloro che non possiedono un televisore e chi sintonizza la propria radio su canali musicali non interrotti dall’informazione, mentre per tutti gli altri è interdetto qualsiasi riparo da opinion leader e star del web.

“Parole, parole, parole” cantava Mina negli anni ’70. “Soltanto parole” sembra essere diventato il tormentone fastidioso di questi mesi segnati dall’epidemia. Una sorta di propaganda ufficiale ha da tempo tappato la bocca a tutte le dissidenze, facendo ricorso anche ad un martellamento incessante che mira a individuare nuovi untori: capri espiatori su cui far ricadere le tante responsabilità di un sistema dirigenziale sanitario non sempre all’altezza della situazione (le cui azioni nefaste vanno a scapito dei cittadini e ancor più dell’eroico personale da mesi in trincea negli ospedali).

Gli indici accusatori da qualche settimana sono puntati esclusivamente contro alcuni cittadini, non per forza “No vax”, su cui si abbattono spietatamente i dardi di giornalisti, di opinionisti da copertina e di virologhi vari: il Medioevo ha fatto il suo ingresso a sorpresa nell’era moderna. Un’armata di inquisitori e di santoni sacrileghi, funzionali all’esistenza di chi li tortura con lo scopo di screditare i veri antagonisti, si è abbattuta su questa estate già climaticamente difficile.

Le settimane volano mentre i media curano la lista dei buoni e dei cattivi (tra questi ultimi sono finiti pure Cacciari e Freccero, a cui è stato tolto perfino il diritto di replica). Elenchi parziali poiché hanno scordato di inserire tra i primi chi cade vittima di feroci ingiustizie, e tra i secondi coloro che da questa crisi hanno ricevuto ricchezza e fortune varie.

Sono infatti pochi (quasi nessuno) gli ospiti televisivi pronti a spendere una parola in merito ai lavoratori precari ai quali dopo un anno di lavoro spetta un’indennità mensile Naspi non superiore ai 130 euro (equivalente a tre tamponi igienici). Neppure viene ricordato l’esercito di dipendenti a tempo determinato della scuola: madri e padri di famiglia che non sanno cosa accadrà loro tra meno di un mese. Sulla lavagna dei cattivi non vengono annotati i grandi imprenditori determinati a delocalizzare le proprie attività e quindi pronti a licenziare i dipendenti tramite messaggio WhatsApp; neanche vengono riportati i nomi degli speculatori che hanno trassato sulle forniture di camici, mascherine, respiratori per le terapie intensive. Tra i cattivi naturalmente non appaiono i responsabili del saccheggio ambientale subìto incessantemente dal nostro pianeta (probabilmente unico colpevole del diffondersi del virus tra gli umani).

Tante parole per celare importanti silenzi. Nel nostro Paese è possibile riempire le piazze solamente al fine di festeggiare la vittoria della nazionale italiana di calcio agli Europei. Occorre ostacolare il dilagare del conflitto sociale, e a tal fine i commentatori possono inneggiare alla festa non prestando attenzione alcuna al contagio di massa che inevitabilmente da lì a poco si sarebbero manifestato. Nei giorni in cui si tifava per l’Italia non si cercavano untori perché era prioritario dispensare “panem et circenses”, come da antica tradizione nei tempi di crisi politica.

Molti sostenevano come fosse probabile che da questa epidemia risorgesse un Paese migliore, e addirittura noi stessi saremmo stati segnati da questi drammatici mesi a tal punto da riscoprire la solidarietà comunitaria e la sanità pubblica (anziché quella privata vantata citando a sproposito il famoso “modello lombardo”). Mai previsione fu più errata. L’epidemia ci ha resi maggiormente egoisti e spaventati, sino a perdere quel poco di capacità critica che ancora eravamo capaci di conservare.

Non ne siamo usciti bene per ora, anzi alcune categorie hanno addirittura subito una metamorfosi negativa: media e politica, aizzando i cittadini gli uni contro gli altri, stanno dimostrando ampiamente come 17 mesi di emergenza sanitaria possano annientare collettività e confronto democratico.

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