FINANZA & POTERI

Banca Generali, Crt nel mirino

Malumori nei salotti finanziari subalpini per il ruolo della fondazione torinese nell'istituto di credito controllato dal gruppo triestino. Perché Lapucci che siede nel cda ha avallato l'ultima maxi operazione di accantonamento? Strani intrecci tra soci

Per la seconda estate di fila, il dossier Banca Generali ha attirato l’attenzione dei vertici del gruppo triestino e della fondazione torinese Crt. L’anno scorso era stato un pesantissimo articolo-inchiesta del Financial Times, il quotidiano finanziario della city di Londra, ad accendere un faro sulla disinvoltura con cui l’istituto di credito “rimpacchettava” attivi di dubbia provenienza (provenienza ’ndranghetosa, scrisse senza mezzi termini il giornale della City).

Ancora di più balzava all’occhio l’inadeguatezza delle procedure di Banca Generali e dei soggetti coinvolti nell’ingegneria finanziaria. Tra questi ultimi figurava la società di advisory Cfe, con sedi tra Ginevra e il Lussemburgo. Ed erano proprio i bond costruiti dalla boutique svizzera, che erano riusciti a eludere i controlli antiriciclaggio, a finire nel mirino. Inoltre, come riferisce Start Magazine, con Cfe Banca Generali ha da sempre un rapporto forte, e ancora più stretta è l’amicizia di uno dei soci, Daniele Ferrero, patron del colosso cuneese del cioccolato Venchi, con l’ad di Banca Generali, Gian Maria Mossa. Ferrero, altresì, vanta ottimi rapporti anche con Giovanni Quaglia, presidente della fondazione di via XX Settembre, azionista di Generali. Quaglia siede ancora oggi nel collegio sindacale di Venchi, mentre un fedelissimo di Quaglia, il segretario generale della Crt, Massimo Lapucci, è nel consiglio di amministrazione di Banca Generali, dove è stato riconfermato nella primavera di quest’anno.

Insomma, l’anno scorso emerse un quadro di controlli carenti, procedure scombiccherate e network amicali che rendevano poco onore alla solida reputazione delle Generali. Proprio per questo, anche nel quartier generale del leone alato, molti si aspettavano un cambio di rotta da parte di Mossa. Comprensibile, dunque, lo stupore degli analisti quando la semestrale di Banca Generali di pochi giorni fa ha evidenziato massicci accantonamenti (80 milioni di euro), legati alla scelta di Mossa di ricomprare le tranche senior di cartolarizzazioni di crediti sanitari per un valore complessivo di poco inferiore al mezzo miliardo di euro.

Nel complesso, l’impressione è che, ad un anno di distanza, la musica non sia affatto cambiata. Chi voleva discontinuità non l’ha avuta, e i nomi-chiave nel consiglio di amministrazione sono rimasti gli stessi, per nulla intenzionati a sconfessare le proprie scelte del passato.

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