Istruzione, M5s e sanatoria

Secondo una procedura retorica antica almeno quanto la Sofistica, chi accusa violentemente qualcuno di avere commesso una certa azione è probabile che lo faccia per non venire accusato lui per primo della medesima azione. “Al ladro!” grida il ladro per evitare che lo scoprano.

È esattamente ciò che hanno fatto i Cinquestelle in merito alle cosiddette “sanatorie” scolastiche, un concetto indecente impostosi con violenza nel (poco) dibattito di settore (sempre troppo di settore: le persone ne sanno poco o nulla). Io ritengo che il Movimento voglia “sanare” il codazzo di precari universitari, soprattutto “gggiovani”, che ammorbano la vita del barone di turno, permettendo alla gran parte di loro di scavalcare chi a scuola vive e lavora ormai da anni. L’ultimo bacino elettorale forte dei Cinquestelle è rimasto lì, nel precariato universitario, soprattutto delle grandi città del Sud (Napoli, Palermo, Bari).

Non è solo l’enorme considerazione del punteggio accademico, considerata dal Cispi (il Consiglio superiore di pubblica Istruzione) del tutto starata rispetto agli obiettivi della selezione, o l’imposizione di concorsi con prove mnemoniche o del tutto astratte che valorizzano chi ha una conoscenza solo libresca e tutto il tempo di consolidarla visto che non lavora da dipendente e che spesso non ha una famiglia da mantenere e degli impegni serrati, e problemi coi figli e nessuna voglia o tempo per mettersi a ristudiare a memoria le vulgate come fosse uno studente; non è, dico, solo questo aspetto tecnico, ad essere in gioco. Vi è soprattutto che, nel Sostegno in particolare, la pletora di precari universitari viene caldamente invitata ad iscriversi in massa ai Tfa (Tirocini formativi attivi), che sono locali e che vengono organizzati dalle medesime Università in cui quel precariato lavora da anni. Lo stato non sempre trasparente delle selezioni universitarie non lo invento io: possiamo andare oltre.

Concorsi, dunque: un’oretta di domande selezionerebbe il migliore. Che assurdità, che disprezzo del lavoro accumulato! Oggi avere servizio scolastico è presentato come un demerito e fin una colpa. Eppure, esiste una precisa Norma europea, accolta e trasformata in legge dall’Italia ormai da anni, che stabilisce per legge che chi ha svolto tre anni almeno di servizio avendone titolo ha il diritto alla stabilizzazione sul proprio posto di lavoro. Invece il concorso dei Cinquestelle organizza complesse procedure “ammazzaprecari” a ostacoli per privare la metà degli aventi diritto del loro diritto di legge. Come ti dicessero: “So che hai il diritto di parola, ma ora fai una prova scritta, e se la fallisci non ce l’hai più”. Così si capisce meglio?

I docenti con tre anni almeno di servizio scolastico sono colleghi competenti e preparati. È per questo che ogni anno, lo stesso Ministero che finge poi di non conoscerli e cerca di farli fuori, li immette su cattedra, a parità di diritti e di doveri rispetto ai colleghi di ruolo, con la autonomia e la facoltà di insegnare, coordinare classi, fare i commissari agli esami di licenza media e di maturità, promuovere, bocciare, votare e dibattere nei Collegi e nei Consigli di dipartimento e di classe. La percentuale di laureati in età lavorativa in Italia (25-65 anni) è circa del 4%. Non tutti i laureati possono insegnare; è pieno di laureati in Legge o in Lettere che non possono insegnare nulla. Occorre avere messo nel piano di studi determinati esami capestro, che da sempre hanno una percentuale di bocciati altissima e che vengono dati più volte: a proposito di selezione. Diciamo che dal 4 si passa al 2%. E questa minoranza qualificatissima, che per tre anni almeno a scuola non soltanto insegna, ma si forma e acquisisce altri titoli, è considerata poco più di niente, e anzi dai Cinquestelle, ad avviso non tanto mio quanto della Uil Scuola ad esempio, viene aggredita, vilipesa, fatta passare per incompetente, svillaneggiata pubblicamente.

Si tratta di personale formato e già pronto per il ruolo, a cui far fare un concorso riservato per titoli e servizi, come prevede la legge (che tra l’altro porta il nome dell’attuale presidente Mattarella, allora Ministro dell’Istruzione), come vogliono e invocano, nell’ordine: tutti i sindacati, confederali e non, praticamente tutte le forze politiche, il Cispi, la Consulta nazionale deli assessori regionali all’Istruzione (nella quasi totalità dei suoi membri). Gli unici che non vogliono sono i Cinquestelle. E il Pd e Sinistra Italiana, pur di allearsi con loro, venderebbero anche l’anima, figurarsi se non svendono i poveri precari della scuola. L’unica forza politica di governo che propone una politica del reclutamento scolastico diversa e ragionevole e improntata al rispetto del diritto del lavoro è la destra. Sì. Ecco qui. Il senatore Pittoni della Lega è diventato il riferimento dei molti precari avviliti e offesi della scuola italiana. Per un socialista radicale come me è una nemesi difficile da sopportare e che mi lascia basito in merito alle scelte assurde e autolesioniste che la sinistra va facendo ormai da troppo tempo.

* Andrea Pascali, sociologo, ex responsabile Scuola e Università di Sinistra Ecologia Libertà di Torino

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