VERSO IL VOTO

Politecnico nella mischia elettorale, passerella di Giorgetti pro Damilano

Ministro e candidato sindaco del centrodestra al Competence center. Il rettore Saracco si ritrova (con qualche imbarazzo) a fare gli onori di casa, ma il Pd preferisce evitare la polemica. E Torino diventa strategica per (ri)spostare il baricentro della Lega al Nord

È stato con malcelato imbarazzo che Guido Saracco ha affiancato il ministro Giancarlo Giorgetti nella sua passerella elettorale al Competence Center. Non è sfuggita neanche al rettore quella che a tutti è parsa una evidente torsione della grammatica istituzionale: il numero uno del Mise che cala a Torino per fare campagna a favore di Paolo Damilano e una delle più prestigiose istituzioni cittadine – il Politecnico – che apre di domenica le sue porte tra i mugugni di una parte di accademici infastiditi da quella che è parsa una evidente strumentalizzazione.

“Dove c’è l’università che fa ricerca ci sarà l’industria del futuro” cinguettava su twitter il ministro leghista, mentre il suo candidato lisciava il pelo al Poli: “Ci sono pezzi di Torino che sono già nel futuro e dai quali bisogna ripartire”. E dire che ci avrebbe provato Saracco a sganciarsi da questa incombenza: trascinare il suo ateneo in campagna elettorale a una settimana dalle urne è cosa rischiosa soprattutto se il portabandiera del centrosinistra, Stefano Lo Russo, in corso Duca degli Abruzzi ci insegna e se tu sei stato per mesi il candidato in pectore. Per contro, come dire di no al ministro? Alla fine il Magnifico si è mimetizzato tra i vertici del Competence Center Enrico Pisino e Luca Iuliano e il presidente dell’Unione industriale Giorgio Marsiaj.

Le tensioni all’interno del Senato Accademico sono note e questioni professionali talvolta rischiano di intrecciarsi a fatti personali: così in meno di un anno Saracco è passato dall’essere il probabile nuovo sindaco di Torino a barcamenarsi in un ateneo, il suo, mai così in fermento. E se voci di corso Duca degli Abruzzi ieri sera assicuravano che della vicenda “se ne parlerà negli organismi deputati” almeno un paio di consiglieri di amministrazione promettono di “chiedere conto” allo stesso Saracco. Il Pd, che pure di fronte alle immagini della sfilata ha masticato amaro, per il momento preferisce tacere. E arriva un secco “No comment” anche dall’inner circle di Lo Russo.

Dal canto suo Giorgetti ha fatto di tutto per accreditare Damilano anche in quegli ambienti in cui il suo principale competitor appare in vantaggio. La vittoria del noto imprenditore può diventare la sua. È stato proprio lui a imporlo a Matteo Salvini che poi lo ha messo sul tavolo delle trattative con Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Già alle scorse regionali Giorgetti lo avrebbe voluto al posto di Alberto Cirio, ma in quel caso logiche nazionali gli avevano sbarrato la strada verso piazza Castello. Ma si sa che succede quando si chiude una porta e così due anni dopo un’altra strada potrebbe aprirsi e condurlo direttamente a Palazzo di Città. Damilano è un tassello fondamentale nel mosaico di Giorgetti, quello di una Lega che torna a presidiare il Nord, con i suoi amministratori e il loro spirito pragmatico, altro che no vax e altri impresentabili: la faccia autorevole di un imprenditore di successo che si concede alla politica con spirito di servizio. È strategico Damilano per spostare nuovamente oltre la linea gotica il baricentro di un partito che inizia a pagare il conto delle sue contraddizioni.

Chi detta la linea, Salvini o Giorgetti? Come sarà la nuova Lega, di lotta o di governo? “Ognuno ha la sua sensibilità ma la Lega è una, è sempre stato così” ribatte Giorgetti. Poi aggiunge: “Io ho sempre fatto l’esempio della squadra di calcio dove ci sono i ruoli, c’è chi fa il portiere, chi gioca in attacco, chi passa il pallone. Io ad esempio ho sempre fatto il portiere, evidentemente ero capace di parare ma non di segnare, così ha deciso l’allenatore”. Ed ecco la palla che è finita in tribuna. Ogni decisione è rimandata a dopo le urne.

“A Torino c’è una realtà dove sotto la cenere arde la brace, una vocazione industriale che sembra sopita e questo tipo di decadenza non può essere accettato” ha poi detto Giorgetti nell’ultimo appuntamento del suo tour elettorale, il convegno sul Pnrr all’Nh Hotel di corso Vittorio Emanuele. Per lui c’è un “problema di impostazione e visione culturale” perché “bisogna avere coraggio, guardare lungo, anche rischiare, bisogna avere visione”. Insomma “il sindaco non è solo fare l’amministratore e tenere le strade senza buche ma buttare il cuore oltre l’ostacolo. Qui abbiamo Damilano e ora tocca agli elettori”.

Intanto restano sul tavolo tutti i dossier che da tempo giacciono al Mise, a partire dalla crisi della ex Embraco per cui Giorgetti ha promesso la convocazione di un tavolo dopo le amministrative. Il tutto mentre – anche per scelta del Governo – Stellantis ha voltato le spalle a Torino per andare ad aprire a Termoli la sua fabbrica di batterie. E poi ci sono le incognite legate ai microchip di Intel: Giorgetti annuncia di aver proposto Torino, ma indiscrezioni di stampa parlano di una possibile apertura a Catania del backend della fabbrica. Tutti temi su cui sarebbe interessante conoscere la “visione” del governo e in particolare del ministro Giorgetti.

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