Lucano, Socrate e Travaglio

In un recente articolo sul Fatto Quotidiano, Marco Travaglio ha compitato diligentemente, come è suo costume, i dettagli e le motivazioni della sentenza al sindaco di Riace. L’apparenza è quella di una chiarificazione, di una erklaren: un po’ di luce della ragione su una vicenda ammorbata da troppa emotività. A mio avviso però, il ragionamento di Travaglio è soltanto astratto-strumentale: è Verstand (ragione operativo/matematica) ma non Vernunft (ragione etico-pratica).

La questione è già nel Socrate di Platone, che nella Repubblica discute di giustizia con due tipi umani diversi, il legalista Polemarco e il cinico-scettico Trasimaco. Il primo, come Travaglio nel suo articolo, mette in evidenza la necessità oggettiva del rispetto della legge, l’obbligo di attenersi ai suoi dettami, che devono essere chiari e distinti e richiedono di venire onorati, pena la ricaduta nella barbarie del diritto soggettivo. Così Travaglio/Polemarco, evidenzia come il sindaco sia accusato per rendiconti molto allegri, per false fatturazioni, per distrazione di fondi dal loro uso previsto, il tutto aggravato ovviamente dalla truffa ai danni dello Stato operata da un Sindaco. Il fatto che questa distrazione di fondi, questa contabilizzazione allegra e fin falsa, questa rendicontazione creativa, avesse la funzione di destinare risorse alla creazione di un sistema di accoglienza e di tutela del migrante mai visto prima, e meno che mai in Calabria, o che le associazioni destinatarie di queste distrazioni, come peraltro lo stesso Lucano, non distraessero questi soldi per versarli su un conto corrente privato, per arricchirsi, ma per costruire un ricco sistema dell’accoglienza invece, non trova spazio nelle considerazioni di Travaglio, mi pare, come non lo trovava in quelle di Polemarco. Lì, di fronte all’insistenza di costui a difendere la correttezza legale del gesto di restituire a qualcuno ciò che si era preso in prestito, Socrate ricorda che se restituisci una spada a chi te la chiede ma è in evidente stato di alterazione emotiva, e tu sai che potrebbe commettere un omicidio, sarà anche legalmente corretto (Verstandig) che tu gliela restituisca, ma non si sa se sia anche giusto ed etico (Vernunftig), visto che ti renderesti complice di un omicidio.

Di Travaglio, e della mentalità grillina in generale, a me è questo che non va. La celebrazione della strumentalità rispetto alla complessità della cosa. È una attitudine di destra questa, perché l’ossessione per il dato, per il calcolo, per ciò che è corretto formalmente, rappresenta la natura interna dei bilanci aziendali, lo scheletro operativo del sistema della merce. La legge non ragiona nel senso del Vernunft, ma del Verstand. Processa, replica, applica, cataloga. Ed è formalmente giusto sia così: solo formalmente giusto, però, non anche giusto davvero. Se fai una resistenza all’arresto, non importa se difendevi dai palazzinari una occupazione per dare casa provvisoria agli ultimi della terra; se distrai risorse, che tu lo faccia non per arricchirti e non per nascondere una evasione fiscale non importa, se non come eventuale attenuante di qualcosa che resta comunque un reato. Il reato è un concetto operativo e formale: non è giusto o sbagliato davvero ma solo provato oppure no.

È importante che la Politica costituisca una fuga dalla ragione tecnica e strumentale, soprattutto per evitare di dare concime ai molti Trasimaco, a quelli che di fronte alla evidente distanza fra Legge ed Etica rinculano verso l’anarchismo dei desideri, la cultura della violenza, la celebrazione dello schifo così come è, e tanto vale combattere per sé senza farsi illusioni. Si sa che il mondo è marcio, dice Trasimaco a Socrate, che i potenti possono, e costruiscono giustificazioni per il loro potere: si sa, ed è stupido sperare, nella Giustizia meno che mai. Quel che Socrate risponde dovremmo gridarlo noi oggi alla Politica, e anche ai molti Travaglio. La giustizia vera affonda le radici nella storia e nella società, è umana e non matematica, non applica ma disattende, pone dubbi, rompe i coglioni, e così facendo cerca di somigliare sempre più al proprio concetto. Ha un corso storico e non tecnico, valoriale e non logico-descrittivo.

È la Politica la grande assente oggi, mi pare, dalla nostra vita, e la lamentatio di Platone non potrebbe essere più attuale. La Politica determina il campo in cui la Legge e l’Economia esercitano poi i loro calcoli legalmente corretti e con-formi. La Politica è però assente oggi, e quel fantasma che è rimasto sarebbe almeno tenuto alla coerenza. Che senso hanno le esternazioni di Letta o di Verducci a favore di Lucano? Mancano di intelligenza e sono incoerenti, appunto. Chi ha contribuito a costruire i campi di detenzione libici come epilogo di un processo lungo di abuso e sfruttamento di intere popolazioni, a vantaggio nostro e di nessun altro? Chi ha mancato di reintrodurre il permesso di soggiorno umanitario per non perdere l’alleanza con i Cinquestelle? Chi ha celebrato comunque e dapprima la sacralità delle sentenze della Magistratura, e l’indiscutibilità del sistema del Mercato, quando invece doveva e deve condizionare entrambi, nel senso di fornire le condizioni sole alle quali quei due ambienti possono condurre le proprie azioni(punto di domanda) Era illegale divorziare e abortire fino a qualche tempo fa; era illegale che una donna votasse, fino a qualche tempo fa; era legale invece, per la Magistratura cilena, buttare dagli aerei i dissidenti, fino a qualche tempo fa.

È una questione di tempo: il tempo della giustizia è il futuro, oppure non è. Ciò che è ingiusto anzitutto, è il contesto che Lucano ha provato ad affrontare. Quel che ha fatto o non ha fatto per riuscirci è solo scorretto o corretto, e sinceramente a me interessa poco, se non per il fatto che rischia di privare della libertà un uomo che ha acceso una luce di speranza e di umanità nella Calabria dei Clan, e che ha nove euro circa sul proprio conto corrente.

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