IN BALLO(TTAGGIO)

Damilano chiede una mano a Cirio (e rispunta come vice la Porchietto)

Summit tra il candidato sindaco e il governatore, indiscusso fuoriclasse delle campagne elettorali. Come recuperare lo svantaggio e sedare i malumori con i partiti della coalizione (soprattutto Lega). L'idea di mettere in campo la parlamentare

C’è anche una telefonata del Cavaliere nella strategia necessaria a Paolo Damilano per provare a ribaltare, tra due settimane, l’ordine di arrivo alle urne che lunedì hanno assegnato il maggior numero di voti a Stefano Lo Russo. Come dire di no al Presidente? Già, come potrebbe Claudia Porchietto, tra i parlamentari con più chance di tornare in lista alle prossime politiche e pure nel suo scranno di Montecitorio, dire di no se Silvio Berlusconi le chiedesse di comporre il ticket con l’imprenditore prospettando agli elettori il suo ruolo di vicesindaco in caso di vittoria?

Servirebbe, eccome, quella telefonata anche perché la deputata azzurra non scalpita certo all'idea di far coppia con l’imprenditore acqua&vino con cui i rapporti, come si dice, sono cordiali (e poco o nulla di più). Non voluta da una parte del suo stesso partito quando si prospettava per lei la corsa verso la guida della Regione, ostacolata sempre dal fuoco amico quando la direzione avrebbe potuto essere quella verso Palazzo di Città, adesso a Porchietto come capita alle riserve della Repubblica potrebbe toccare di rispondere obbedisco. E semmai lo farà, poi non si risparmierebbe nell’eventualità di vittoria in quel ruolo di numero due che porterebbe, tra gli effetti collaterali, Forza Italia ad avere una posizione rilevante nella futuribile giunta del civico Damilano.

Il nome di Porchietto ieri è probabilmente risuonato più volte nella saletta al piano ammezzato del bar Zucca dove il proprietario, ovvero Damilano, ha ospitato Alberto Cirio per un colloquio, il giorno dopo l’esito elettorale, che conferma ciò che non avrebbe bisogno di sigilli, ovvero la necessità per il candidato di trovare il modo per recuperare lo svantaggio di cinque punti sull’avversario. Un duello in cui i partiti non ci saranno più con il loro traino fatto di simboli, liste e candidati. Per il “moderato e liberale”, come si è definito alla vigilia del voto, provocando non poche orticarie nella coalizione, la nuova partita com’ è definito il ballottaggio in opposizione alla fallace immagine del secondo tempo, presenta più di una difficoltà non solo per il terreno di gioco, ma soprattutto per la “società” (con i suoi azionisti) che ha puntato su Damilano. 

Proprio quella presa di distanze – “Non sono un uomo di destra” – che avrebbe dovuto attrarre voti dal centrosinistra non solo non ha raggiunto l’obiettivo, ma ha provocato forti irritazioni nella Lega, poi sfociate in aperta arrabbiatura quando dalle urne Torino Bellissima, la lista dell’aspirante sindaco, ha superato quella del partito di Matteo Salvini e pure quello di Giorgia Meloni. La reazione più evidente è quella del segretario regionale Riccardo Molinari per l’azione di “cannibalizzazzione” che ritiene aver subito la Lega da parte della lista personale di Damilano: Torino Bellissima, infatti, ha preso l’11,86% diventando la prima forza politica della coalizione, seguita da FdI con il 10,47% e, infine, dalla Lega ferma al 9,84.

La maretta nel centrodestra si vede come la nebbia in autunno. E non si è dissolta la freddezza invernale nei confronti di Damilano che fin dall’esordio si percepì dalle parti dei meloniani dove il destrismo dell’imprenditore veniva giudicato troppo leggero, quasi impalpabile e gli incarichi ricevuti in passato dalla giunta di Sergio Chiamparino (e le cordiali relazioni con Chiara Appendino) erano macchie rossastre piuttosto che medaglie agli occhi dei Fratelli.

Che fare? Manca solo che aleggi lo spettro di Lenin nella saletta dove siede pure Giovanni Sallusti, nipote del direttore di Libero, esperto di comunicazione politica e nuovo spin doctor di Damilano. La domanda per nulla retorica racconta delle inevitabili difficoltà di qualsiasi candidato debba affrontare un secondo round, ma in questo caso quel clima non proprio di compattezza ed entusiasmo che si respira ai piani alti della Lega e pure tra i Fratelli sul candidato complica le risposte. Chissà poi quanto potrà cambiare le cose l’excusatio non petita  con cui ha ribadito l’unità del centrodestra, “Ho sentito i leader dei partiti e con loro ho condiviso la grande felicità per il risultato raggiunto”, ha detto rivelando di aver parlato al telefono nelle scorse ore con il Cav, Salvini e Meloni.

Prima di entrare da Zucca Cirio detta parole di sprone: “Damilano è un'ottima candidatura, fatta in modo non tardivo. Ho ascoltato leader del centrodestra con un pò di autocritica parlare di scelte tardive. A Torino questo ha pagato dando a Damilano la possibilità di muoversi con anticipo. Poi paga  Damilano come persona – prosegue Cirio – è una bella persona, di valore, che nella vita ha saputo dimostrare le sue capacità nei settori di cui si è occupato, ottenendo successi importanti e ha trasmesso sua immagine in queste elezioni. Oggi – chiosa il governatore – la partita è completamente aperta per tutti”. Vero, dipenderà da quanti e come la giocheranno nella metà campo di centrodestra.

Mentre a Trieste c’è l’azzurro Roberto Di Piazza e a Roma la Meloni si intesta la scelta di Enrico Michetti, delle tre città che vanno al ballottaggio la Lega non può neppure rivendicare il padrinaggio (che pure inizialmente c’è stato) di Damilano, sempre più impegnato a sfilarsi dal timbro dei partiti, ma soprattutto reo di averli superati con la sua lista. Non proprio il clima favorevole per attendersi Salvini e i suoi pancia a terra per questa e la prossima settimana. “Chieda aiuto a Giorgetti, lo porti nelle periferie”, sibila più di un salviniano irritato dalla liaison dell’imprenditore con l’eminenza grigia, punta di diamante dell’ala governativa della Lega. 

Dunque, che fare? “Torneremo nelle periferie, parleremo con chi ci ha premiato e cercheremo di entrare in contatto con un numero maggiore di persone per spiegare la forza, la determinazione e la volontà con cui vogliamo realizzare i nostri progetti”, annuncia Damilano. Poi si infila nella saletta del suo bar storico con Cirio. E spunta l’idea di Porchietto vicesindaco. Lei, annusata l’aria, è già ripartita per Roma. Accetterà? “Se glielo chiede il Presidente… non potrà dire di no”.

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