Democrazia precotta

Da qualche decennio Torino affronta le elezioni comunali nello stesso modo in cui un consumatore si reca a comprare una confezione di cibo surgelato, per rimediare un pranzo organizzato all’ultimo minuto. Quando si è vittima dei tempi stretti, quelli che impediscono pure di cucinare un piatto, viene in soccorso chi prepara e vende razioni di alimenti precotti pronti all’uso; allo stesso modo, quando non si ha un momento libero per farsi un’idea su chi votare, l’elettore può abbandonarsi al candidato precotto e servito dai media locali.

Dai tempi dello storico ballottaggio Novelli/Castellani, alcuni quotidiani torinesi hanno giocato un ruolo essenziale nel dare visibilità a un candidato rispetto ad un altro. Allo stesso modo, un importante telegiornale regionale prende spesso posizione nella competizione elettorale adottando metodi fini, ad esempio ponendo le domande ai candidati sindaci partendo da assiomi assoluti che aiutano a descrivere una certa immagine della città a scapito di un’altra.

Sono io stesso vittima della politica dei due pesi e delle due misure attuata da alcuni organi di informazione. A fine luglio mi è stata negata un’intervista televisiva su un tema a me caro, nello specifico il giorno prima della conferenza stampa che annunciava la mia candidatura in Circoscrizione, ma un paio di settimane dopo è andato in onda senza problemi un servizio su un ex magistrato candidato comunale per le liste Damilano.

I giornali solitamente nei loro articoli danno spazio ai vari candidati sindaco in un ordine che fa presumere un primo posto, un secondo posto e poi tutti gli altri. Abitualmente sono riservati spazi a pagina intera per i candidati di Centrosinistra e Centrodestra, lasciando ai rimanenti competitori spazi molto più piccoli oppure addirittura niente. Il pensiero precotto è servito, non occorre neppure più scegliere poiché lo hanno fatto gli editori dei quotidiani per noi.

In questo contesto è nata la leggenda secondo la quale il candidato di Destra è solo un “civico”, quindi un cittadino non proveniente dalla Politica (cose non del tutto vera). La sua attività imprenditoriale nel settore acque minerali è passata in secondo piano, mentre è stata evidenziata l’ineluttabilità di una sua vittoria al primo turno. Questa costruzione fatta da opinionisti di varie testate comporta un ulteriore effetto sulla pubblica opinione, ossia la convinzione in molti cittadini democratici e progressisti di dover votare il candidato a sindaco del Pd per “non far vincere la Destra”. Una sorta di pistola puntata alla tempia che vincola le scelte degli elettori e che al contempo impedisce la sperimentazione di nuove proposte politiche da Sinistra.

La paura non rende gestibile quel che è comunque fuori dal nostro controllo, ma in compenso uccide qualsiasi proposta alternativa, comprese le compagini che la propongono. Il rito che ne consegue è oramai stanco, entropico, sino a essere causa di un fenomeno paradossale in quella che si dice una Democrazia: l’astensionismo come primo partito.

Torino in queste elezioni comunali ha registrato un considerevole calo di elettori. Circa il 52% degli aventi diritto ha desistito dal recarsi alle urne, cifra a cui si somma il notevole numero di schede nulle o bianche (5,5%). Contraddicendo quanto scritto da un’autorevole testata, non è un cittadino su quattro a non essere andato a votare, bensì addirittura uno su uno e mezzo. Inoltre, parlando di errate valutazioni, la stessa affermazione al primo turno del candidato sindaco della Destra non è avvenuta, così come non si è verificata una vittoria del medesimo sulle otto circoscrizioni cittadine.

Teoricamente la disputa elettorale dovrebbe essere combattuta da tutti i contendenti ad armi pari, evitando spese folli e permettendo ad ognuno di avere il medesimo risalto sui media. I singoli programmi andrebbero spiegati ai cittadini e questi ultimi dovrebbero fare la loro scelta con coscienza, alla luce delle informazioni raccolte.

Parlare di Democrazia diretta è oramai utopia allo stato puro, laddove non vengono spese molte valutazioni, anzi nessuna, su un dato oggettivo: coloro che diventeranno presidenti nelle circoscrizioni così come il futuro Sindaco (salvo grande partecipazione al ballottaggio) rappresentano poco più della metà del 48% degli elettori, cioè degli aventi diritto che sono andati a votare al primo turno. Una sorta di delegittimazione delle istituzioni su cui pochi sembrano voler riflettere.

Il boccone precotto a volte è insidioso per la digestione.

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