Si vince al centro

Sarà perché è una costante storica della politica italiana; sarà perché è il risultato della stagione “draghiana”; sarà perché dopo la triste e purtroppo tardiva fine del populismo giustizialista e manettaro dei 5 stelle la politica deve ritornare protagonista. Ma è indubbio che nella politica italiana si continua a “vincere al centro”. E le ultime elezioni amministrative lo hanno quasi platealmente confermato. Non solo per quanto riguarda la scelta dei candidati a sindaco nelle varie città ma anche, e soprattutto, nella composizione e nella presentazione delle varie alleanze politiche ed elettorali . Certo, il voto delle cosiddette “estreme” è sempre importante e per nulla trascurabile. Ma la qualità, o meglio, il “valore aggiunto” di ogni coalizione è fornito dalla capacità di modellare una alleanza che abbia nella cultura di governo, nella composizione degli interessi sociali contrapposti e nel linguaggio sobrio ma efficace il segreto della sua identità e del suo potenziale successo. E così è stato anche in questa tornata elettorale locale, sia nella selezione della classe dirigente e sia nella costruzione delle rispettive squadre.

Ora, è del tutto evidente che in vista delle prossime elezioni nazionali sarà proprio questo il terreno sul quale si giocherà la vera partita politica. Un terreno che prevede, di conseguenza, la presenza nei rispettivi schieramenti – il centrosinistra e il centrodestra – di un partito/lista/movimento di centro che sappia arricchire la coalizione senza snaturarla. Una presenza che, a tutt’oggi, semplicemente non c’è o non c’è più. Sul versante del centro destra l’indebolimento progressivo e forse irreversibile di Forza Italia ha reso quella coalizione politicamente più debole e meno affidabile sul versante delle garanzie europee ma anche e soprattutto nella stessa pubblica opinione italiana. È quasi inevitabile, quindi, che in vista delle elezioni politiche si riformi in quella coalizione un luogo che sappia realisticamente declinare e praticare una vera “politica di centro” espressione di un partito o di un movimento centrista e democratico.

E ancor più è necessario, sul versante della sinistra, dove l’alleanza con quel che resta del populismo dei 5 stelle non può non prevedere la presenza di un partito o movimento di centro che sia in grado di presentare una coalizione che non sia solo il frutto del vecchio retaggio massimalista della sinistra.

Come quasi tutti sanno, i rispettivi “cantieri politici” sono in movimento. Non è un caso, al riguardo, che il dibattito interno alla stessa Lega verta prevalentemente su come evitare di presentare un partito massimalista e sempre alla ricerca dell’ultima richiesta populista o urlata. Il bisogno di “moderazione” e di cultura di governo autentica si avverte anche, e soprattutto, da quelle parti se è vero, com’è vero, che la stessa leadership politica di Salvini è sempre più traballante. Nel campo della sinistra il vero nodo da sciogliere è sempre lo stesso. E cioè, come conciliare il populismo dei 5 stelle con un movimento o un partito o un soggetto politico che rifiuta alla base quella deriva massimalista e squisitamente anti politica. Al di là delle misteriose, improvvise e collettive conversioni politiche annunciate nelle settimane scorse.

Ecco perché la riflessione sul “centro” è destinata ad entrare nel vivo nelle prossime settimane. E il risultato delle recenti amministrative, seppur in attesa di molti ballottaggi, non è altro che la conferma che in Italia – piaccia o non piaccia – si continua a “vincere al centro”. A volte la storia si prende la rivincita sulle mode passeggere e temporanee.

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