LA SACRA RUOTA

Come Marchionne si accollò la Bertone

Le pressioni di Chiamparino e Dealessandri, l'interesse di Rossignolo, l'ambigua posizione della Fiom. E poi l'accordo per andare a produrre le Maserati in corso Allamano. Una storia durata 12 anni

A 12 anni dall’acquisizione di Fiat, si avvia alla conclusione la storia del glorioso stabilimento ex Bertone di Grugliasco, almeno nella versione per cui era nato nel 1959, quando in seguito a una grande commessa arrivata dalla Germania Nuccio Bertone dovette realizzare un nuovo sito produttivo dando il via all’epopea di una delle più prestigiose carrozzerie d’Italia.

Dopo la morte del padre padrone iniziò la decadenza del sito, l’interesse di Gian Mario Rossignolo (che poi andrà a fare danni altrove) e infine l’acquisizione di Fiat. Ma come nasce l’operazione  del Lingotto sulla ex Bertone che batte la concorrenza di Rossignolo? Intanto bisognava convincere Sergio Marchionne a partecipare alla manifestazione d’interesse all’acquisto. Marchionne non era assolutamente interessato ma l’accoppiata Chiamparino-Dealessandri, tra una pizza e una partita a scopone, riuscì nell’impresa. D’altra parte in quel periodo si rischiava sia sul fronte Pininfarina, con la chiusura dello stabilimento (anche qui) di Grugliasco con oltre 800 dipendenti, sia sulla ex Bertone con altrettanti dipendenti. Quindi il sindaco e il suo vice si mossero pazientemente per salvare almeno un sito e la ex Bertone aveva le caratteristiche giuste per produrre Maserati.

In quei giorni come Fim stavamo facendo una forte opposizione alla proposta Rossignolo di cui la Fiom era invece sostenitrice e non siamo nel campo della “narrazione” ma dei fatti. Tant’è che Giorgio Airaudo nel giugno 2009 dichiarava all’Asca: “Mi sembra che siano rimaste soltanto due proposte serie, quella di Rossignolo e quella di Fiat”. Per me esisteva solo una proposta da conoscere, quella di Fiat, di serie non ce n’erano perché abbiamo visto tutti come è andata con Rossignolo.

Alla fine, nell’estate 2009, la ex Bertone passa alla Fiat e mentre i dirigenti Fiom sono cauti anche per non urtarsi con Rossignolo, in fabbrica gli operai (di cui l’80% iscritto proprio alla Fiom) fanno dichiarazioni soddisfatte ai mass media. Finalmente ci riprende mamma Fiat!

L’acquisizione della ex Bertone provoca due reazioni: al Lingotto non tutti erano d’accordo e si apre uno scontro, che ovviamente è rimasto chiuso nelle loro stanze, in quanto molti pensavano che acquisire quasi mille dipendenti avrebbe pesato sulla gestione occupazionale di Mirafiori. La seconda reazione è in casa Fiom con due psicodrammi che avvengono nel 2011 quando la ex Bertone, diventata Oag (Officine Automobilistiche Grugliasco), si trasforma in uno stabilimento Fiat e deve applicare il contratto collettivo.

Il primo si consuma a fine febbraio quando all’Unione Industriale le Rsu Fiom si ritrovano a firmare il contratto collettivo da sole, abbandonate dal gruppo dirigente che non aveva sottoscritto quel contratto a livello nazionale. Avviene la scena della “chiamata” perché l’azienda aveva dichiarato con abbondante arroganza che si sarebbe proceduto all’acquisizione solo se tutte le Rsu, a stragrande maggioranza Fiom, avessero firmato. Per provocare la Fiat, chiesi a Paolo Rebaudengo, allora responsabile delle relazioni industriali, se voleva davvero tutte le firme per procedere e lui, avendo già incassato la firma della Fiom, si riposizionò dicendo che bastava la maggioranza. Ho sempre pensato che un dirigente sindacale non deve mai abbandonare i suoi delegati di fabbrica per anteporre la sua organizzazione.

Il secondo psicodramma avviene nella successiva assemblea dei lavoratori dove, da Maurizio Landini in giù, tutto il gruppo dirigente Fiom interviene contro il Ccsl, contro la Fiat ma contemporaneamente lasciava libere le Rsu Fiom di decidere se accettare l’accordo o meno. Ipocrisia pura. Le Rsu, fortemente divise al loro interno, dopo una nottata d discussioni, diede il via libera all’accordo. E i lavoratori? Non vedevano l’ora di cominciare a lavorare sotto il cappello della Fiat dopo cinque anni di cassa integrazione.

Così è cominciata nel 2009 l’avventura della ex Bertone. Rossignolo tentò altre strade che portarono anche alla sua detenzione e i fatti successivi hanno chiarito a tutti dove saremmo finiti con lui. Purtroppo nel 2008 era anche iniziata la grande crisi dei subprime che dagli Usa investì tutto il mondo e dopo due anni di forti vendite anche la Maserati rallentò la produzione.

Non c’è un finale e spero che non sia la chiusura di uno storico stabilimento ma a volte serve arroccarsi in una posizione, a Mirafiori, piuttosto che essere sconfitti e avere disoccupati.

D’altra parte che in Fca e ora in Stellantis lo stabilimento di Grugliasco non sia mai stato digerito fino in fondo me lo confermava qualche anno fa un importante dirigente aziendale che alla mia domanda sul futuro della ex Bertone mi rispose che si sarebbe dovuto fare quello che tutti sapevano si doveva fare ma che nessuno, in azienda, aveva il coraggio di dire: la ex Bertone non andava acquisita e andava chiusa il più presto possibile.

Almeno per dodici anni, quella tendenza aziendale, non ha vinto ma comunque il sindacato deve governare i cambiamenti evitando esuberi, considerando che si avvicina l’anniversario dell’accordo dopo i 35 giorni alla Fiat sarebbe una prova che analizzare le sconfitte serve.

*Claudio Chiarle, ex segretario generale Fim-Cisl Torino

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