Il nuovo (inedito) che avanza

Ci sono eventi epocali che con la loro forza travolgono la normalità. Accadimenti ciclici di grande importanza hanno il potere di sparigliare le carte e di creare un quotidiano in cui nulla è più come prima.

L’epidemia contro cui combattiamo da quasi due anni si annovera tra gli sconquassamenti che mutano la società e le persone. Finita l’epoca Covid (perché di certo finirà anch’essa) ci misureremo con una comunità in continua transizione, impegnata in una evoluzione (oppure un’involuzione) in cui lo scontro generazionale sarà inevitabilmente all’ordine del giorno.

Il salto tecnologico prodotto dall’emergenza sanitaria ha obbligato tutti ad adattarsi, ad imparare e ad accettare nuovi modelli organizzativi pure sul lavoro. Lo smart working ha consentito il controllo diretto sui lavoratori, mentre l’istituzione della carta verde ha permesso di sospendere un salario, oppure uno stipendio, in maniera insindacabile e immediata

La vigilanza sull’organico aziendale è quindi assai efficace, come dimostra l’estrema facilità con cui è diventato possibile controllare il rendimento dei dipendenti, e non necessita neppure che i manager delle risorse umane violino le norme dello Statuto dei Lavoratori ricorrendo al posizionamento di telecamere puntate sulle loro postazioni. Una stretta impensabile in passato, su cui erano chiamati a vigilare con grande attenzione i sindacati insieme ai tribunali.

La cerniera su cui però ruotano le porte di accesso al cambiamento sono quelle della “Questione ambientale”. Sul tema del mutamento del clima si muove il mondo politico. I leader mondiali si sono infatti dati appuntamento di recente a Roma intorno al G20, spergiurando il pentimento assoluto riguardo a come i governi hanno trattato il pianeta sino ad ora. Lo stimolo al cambiamento di rotta è giunto dai giovani: una moltitudine di studenti pronti a scendere in piazza ovunque nel mondo, per ricordare a tutti come la Terra sia l’unico pianeta disponibile per l’umanità.

L’imprenditoria, in particolar modo quella dominante i mercati, si sta velocemente adattando al nuovo corso. La new green economy è la dimostrazione di un capitalismo camaleontico e pronto a cogliere qualsiasi occasione gli si pari innanzi, anche a costo di sconfessare sé stesso e le recentissime scelte fatte nel nome del profitto a qualsiasi costo.

Meglio tardi che mai, si potrebbe affermare, ma mentre è indubbio come qualsiasi intervento che mostri sensibilità verso l’ambiente sia il benvenuto, è altrettanto certa l’ambiguità di alcune produzioni apparentemente ecologiche ma che saranno causa di futuri problemi di carattere ambientale e sociale (ad esempio lo smaltimento delle batterie destinate alle auto elettriche e l’estrazione del litio tramite sfruttamento dei lavoratori).

Una doppiezza d’azione che caratterizza pure i rapporti tra i grandi monopoli e gli esecutivi nazionali, come dimostra l’attuale rincaro del gas consumato da famiglie e imprenditori (ad esempio le vetrerie di Murano) del nostro Paese. Costi volati letteralmente alle stelle in una manciata d’anni, sino a ribaltare l’immagine del gas quale combustibile meno impattante sull’ambiente, rispetto al gasolio, e dai costi alla portata di chiunque. Nessun ministro sembra essere nelle condizioni di poter fermare la speculazione in corso.

Una nuova classe dirigente mette di continuo sotto accusa quella attuale, ma il cambiamento non può prescindere dalle faticose conquiste delle generazioni “passate”. Ambiente e diritti sociali sono due grandi ambiti che possono ridisegnare in meglio il futuro solo se camminano insieme di pari passo. Il nuovo che avanza è qualcosa che abbiamo già visti tutti, ma il nuovo che avanza mostrando disinteresse al carrierismo e attenzione alla società è cosa inedita quanto auspicata.

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