GRANA PADANA

Lega, la conta parte dalle città

Salvini ottiene la "piena fiducia" dal Consiglio federale ma ormai la faglia è aperta e lo scontro è solo rinviato. Intanto il confronto si sposta sul territorio: a dicembre congressi cittadini e conferenza programmatica. Pressing su Molinari: "Più autonomia del Piemonte"

“Nella Lega ognuno può dire quello che pensa, certo dipende dal modo…”. Attovagliato con il Capitano e altri dirigenti della Lega, Riccardo Molinari va di punta di forchetta su Giancarlo Giorgetti, piatto forte e un po’ indigesto pur per gli stomaci forti degli eredi dei mangiatori di bistecche d’orso e famelici commensali delle mitologiche cene degli ossi. 

“Ascolto tutti, poi decido io”, dice sei ore dopo Matteo Salvini arrivando alla Camera per la riunione del consiglio federale, traslocato dalla storica via Bellerio, che si concluderà cinque ore dopo con il voto unanime della linea politica “affidando mandato pieno al segretario sulla via della Lega nazionale”. Giorgetti, l’”eretico”, l’eminenza grigia, verde speranza per quella parte dei leghisti cui va di traverso il sovranismo, assapora il governismo draghiano e ha l’orticaria per i No Green Pass, dirà: “Un bel consiglio federale. Una bella discussione, il confronto è sempre positivo. Salvini ha ascoltato tutti, anch'io ho espresso le mie idee. La Lega è una, è la casa di tutti noi e Salvini ne è il segretario. Saprà fare sintesi, porterà avanti la linea”. 

Pochi, forse nessuno, credevano a una rottura che non c’è stata. “Procediamo con l’unità del centrodestra, la Lega vanta più di 100mila iscritti e più di 800 sindaci”, dice il leader per ora incontrastato. “Quando si parla di Giorgetti prima arriva al sua ombra, poi lui”, diceva un parlamentare piemontese nell’attesa del Consiglio federale dell’ultimo partito leninista. Speranze e timori svaniscono un’ora prima della mezzanotte, o almeno vengono rinviati ad altra data. A dicembre, conferma Salvini, ci sarà la conferenza programmatica “per sancire, aggiornare e decidere i binari su cui viaggiamo”. E nello stesso mese si apriranno i congressi cittadini, per dare alle sezioni attualmente nelle mani di commissari un segretario eletto. A Torino si tratterà di confermare o sostituire Fabrizio Ricca, lui sì giorgettiano dichiarato, come non pochi nella compagine regionale, sia di giunta sia di consiglio, anche se sempre più consapevoli di avere come riferimento un possibile capocorrente senza corrente, un solitario poco o nulla propenso a crearsi una squadra, preferendo giocare da solo come ha fatto in questi mesi e anche ieri, spiazzando, forse deludendo chi si aspettava una traduzione dei pensieri sull’Europa e delle metafore cinematografiche almeno in un deciso dibattito col Capo. 

Arriverà a dicembre anche la nuova guida del partito ad Alessandria, città di Molinari e Comune chiamato al voto dove la Lega ostenta sicurezza nella riconferma del suo sindaco Gianfranco Cuttica. L’altro ieri si era dimesso Roberto Molina, dopo anni di guida del partito nel capoluogo mandrogno. Una lettera, quella delle sue dimissioni, con passaggi di amarezza e qualche sassolino tolto dalle scarpe. Su chi prenderà il suo posto, per ora, nessun nome. 

“Oggi per me è solo San Carlo, che è la cosa più importante, è il mio santo patrono”, diceva Giorgetti a chi gli chiedeva cosa sarebbe successo  nella sala Salvadori blindatissima di Montecitorio. Nulla. Cosa succederà ai giorgettiani, dopo la conferma a quel che si sapeva del loro uomo di riferimento e della suo giocare in solitaria, sarà da vedere. Per adesso, e chissà per quanto, non possono non dirsi salviniani. Resta però, anche dopo il plebiscito di ieri, una Lega che seppur non partorisce una componente giorgettiana nel senso compiuto, resta più vicino a quel sentire del ministro, quella dei governatori che su questioni cogenti come vaccini e Green Pass, ma anche su altro, ha le voci di Massimiliano Fedriga e di Luca Zaia non certo ventriloqui del Capo. Non potendosi non dirsi salviniani, anche in Piemonte molti chiedono non di andare contro il Capitano, tutt’altro, ma di avere un’impronta più propria, visibile e un po’ autonoma, come accade in altre regioni. Il destinatario di queste istanze, ieri aveva usato con cautela la forchetta su Giorgetti, con quale non c’è mai stato quel che si dice un feeling. Si sapeva come sarebbe andata di lì a poche ore? Certo si sapeva quel che Salvini ha comunque ricordato: “Ascolto tutti, poi decido io”.

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