Tim, gli americani e l'interesse nazionale

Il fondo americano Kkr ha proposto di acquistare l’intera Tim ha un prezzo più elevato rispetto a quello di borsa risollevando nell’immediato i corsi borsistici della ormai da anni deprezzata azione. Si è gridato allo straniero, ma Tim è ormai da anni in mani straniere, prima spagnole e ora francesi. Che ora finisca in maniera americane, ovvero di un paese amico, non credo che possa costituire un problema. Se sono buoni i francesi perché non dovrebbero essere buoni gli americani? La Tim erede della vecchia Telecom Italia da anni vivacchia zavorrata dal debito ereditato dalla gestione dei “capitani coraggiosi” quando qualcuno pensava di trasformare palazzo Chigi in una banca d’affari. Con la scusa della strategicità del settore delle telecomunicazioni lo stato è sempre intervenuto pesantemente in Telecom/Tim con i risultati che tutti vediamo. Ci piacerebbe un mondo con scarso o nullo intervento dello Stato, ma visto che lo Stato esiste sarebbe almeno auspicabile che quando interviene lo faccia in maniera intelligente e non deleteria.

Nonostante i debiti, Tim rimane un’impresa con alcuni asset interessanti come la filiale brasiliana, per fortuna non venduta, la rete che arriva nelle case degli italiani e infine non meno importante la società Telecom Italia Sparkle proprietaria delle infrastrutture internazionali del gruppo, con dorsali in fibra ottica nel Mediterraneo, Oceano Atlantico e Indiano risultando il secondo operatore in Europa e il settimo a livello mondiale. Questo è la componente più strategica perché collega l’Italia con nazioni quali l’Egitto e Israele. L’80% del traffico di quest’ultimo passa proprio da Sparkle. Anche giganti come Facebook e Google utilizzano questa rete. E qui si concentra il vero interesse nazionale, ma ovviamente è interesse anche degli americani. Non è immaginabile che il governo degli Stati Uniti d’America possa essere contento se una società del genere finisse in maniera cinesi o russe. In questo caso credo che si possa ragionevolmente credere che l’interesse nazionale possa coincidere con quello dell’alleato americano e non costituire un reale problema, anzi potrebbe essere un vantaggio perché il fondo americano potrebbe portare oltre a fondi freschi, tecnologie utili a sostenere il futuro sviluppo di Tim.

Bisogna notare che l’interesse nazionale qualunque cosa voglia dire non si tutela solo con la proprietà diretta delle aziende, ma anche con interventi più indiretti come quelli legislativi. Se un’azienda è di proprietà straniera e rispetta tutte le regole financo quelle riguardanti la sicurezza nazionale non credo che possano esistere problemi rispetto ad analoga impresa con proprietà nazionale.

Una notizia passata sotto silenzio è il blocco della cessione del credito per i vari bonus edilizi. Dopo il servizio delle Iene sulle truffe, l’Agenzia delle Entrate ha bloccato la cessione del credito introducendo nuovi obblighi senza dare delucidazioni su come fare bloccando i lavori di tanti condominii e privati. In Italia non si può programmare nulla perché lo Stato cambia sempre le regole del gioco. Se si vuole rilanciare l’economia non è certo questo il modo. Si programmano delle spese e degli investimenti in base a certe regole che poi cambiano puntualmente ritrovandosi con costi aggiuntivi o mancati introiti. È piuttosto difficile lavorare in tali situazioni. Bisogna notare che ogni cambiamento legislativo che comporta ulteriori obblighi burocratici comporta dei costi in più che si vanno a ripercuotere sul consumatore finale. Gran parte del lavoro delle aziende informatiche che si occupano di software gestionali è quello del continuo adeguamento del software ai cambiamenti normativi e solo una parte è dedicata al miglioramento e allo sviluppo di nuove soluzioni. Tutto questo è ovviamente a carico del consumatore finale che si trova i prezzi più alti senza sapere cosa c’è a monte.

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