GLORIE NOSTRANE

Il Pd arruola Lady Bondi

L'ex parlamentare di Forza Italia Repetti (oggi manager di Leonardo) passa coi dem. Il segretario regionale Furia in brodo di giuggiole: "Un prezioso contributo". La parabola dell'amazzone di Berlusconi (sedotto e abbandonato) tentata pure da Renzi

Al Pd arriva “un prezioso contributo” (e si sa quanto se ne senta il bisogno), come annuncia il segretario regionale Paolo Furia salutando lo sbarco nelle fila dem di Manuela Repetti, presunta desaparecida della politica riparata tra carri armati e missili in un ruolo di rilievo in Leonardo dopo essere stata, lei, una mina vagante nel parco di Arcore.

Lady Bondi, appellativo urticante per l’ex parlamentare il cui attuale incarico in quella che fu Finmeccanica – tra business e segreti – indurrebbe a togliere l’ultima vocale torna sulla scena perché, come 007 insegna, mai dire mai. E in effetti la consorte di Sandro Bondi mai ha detto di aver lasciato per sempre la politica. 

Semmai lasciò con un palmo di naso, sguardo torvo e sconsolato (e un po’ tradito) sull’uscio di Villa San Martino il tanto amato e osannato Silvio, quando – maledetta primavera del 2015 – girò suo tacchi, pare 12, rifiutando l’ultimo disperato appello di Berlusconi a restare. In una lettera aperta la figlia di un noto costruttore di Novi Ligure arrivata alla cerchia più ristretta del Cav e approdata per la prima volta alla Camera nel 2008, aveva denunciato come un Forza Italia da lei ribattezzata Faida Italia fosse in corso “una vera e propria distruzione, con faide interne il cui unico fine è quello di spartire l’eredità politica di Berlusconi, a cominciare da coloro che gli stanno accanto e che dicono a parole di voler tutelare la sua leadership”

Nel frattempo passata da Montecitorio a Palazzo Madama, abbandonò insieme al marito, il gruppo azzurro accasandosi provvisoriamente in quello misto per poi aderire come indipendente ad Ala, la formazione costituita da Denis Verdini insieme ad altri fuoriusciti da Forza Italia per sostenere il Governo di Matteo Renzi.

E di un flirt politico con l’ex rottamatore allora a Palazzo Chigi si parlò a lungo. Breve, invece, la permanenza al fianco di Verdini: sei mesi dopo torna nel gruppo misto dove, con il consorte, resterà fino al termine della legislatura. Da lì Repetti andrà in immersione, facendo spuntare il periscopio dai piano alti di Leonardo dove si piazza nel settore della comunicazione, quando esplode il caso della sparizione di 100mila files dai server del colosso della Difesa. “Nessun attacco hacker” twittò lady Bondi dal suo profilo istutuzionale. Una versione “solo per i tuoi occhi” le avrebbe mandato a dire, sconfessandola, un suo quasi concittadino e quasi omonimo come l’ex generale della Guardia di Finanza ed esperto si cyber security Umberto Rapetto (lui di Acqui Terme, lei di Novi Ligure). Fu quella l’occasione per estendere la conoscenza, oltre la stretta cerchia, della nuova poltrona occupata da Repetti. Mica uno strapuntino.

E mica ha risparmiato entusiasmo e lodi il numero uno del Pd piemontese di fronte a quella tessera (ci sarà una consegna ufficiale con squilli di tromba?) pronta per l’ex amazzone azzurra che dopo aver battagliato con il cerchio tragico di Arcore, consapevole che finché  c’è guerra c’è speranza è entrata alla corte di Alessandro Profumo, l’ex banchiere che dal marzo 2017 (dopo Unicredit e Montepaschi) guida il gruppo dell’industria della Difesa.  

"La sua entrata nel Pd rappresenta la naturale conclusione di un percorso che l'ha vista sostenere i governi di centrosinistra e soprattutto partecipare, prima in veste istituzionale, poi negli ultimi anni da semplice cittadina, alle battaglie per i diritti civili e per la parità fra uomini e donne", spiega Furia.

Il segretario saluta l'arrivo di Repetti con la certezza che  “la sua adesione è importante e significativa perchè conferma che il nuovo Pd è in grado di attrarre personalità diverse, disponibili a dare vita a un campo largo delle forze progressiste e riformatrici, unite dall'ambizione di rendere l'Italia un paese più giusto”.

Saranno sparite, insieme ai files di Leonardo, anche i caustici giudizi e le pungenti interpretazioni molti esponenti dem piemontesi (e non) quando si vociferava di un possibile passaggio nel Pd, ma al Nazareno e a Palazzo Chigi c’era Renzi?

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