Tornano i partiti, cioè la politica

Dopo l’ubriacatura populista e qualunquista riassunta nel dogma del “vaffaday” finalmente ritorna, seppur lentamente e con enorme difficoltà, la politica. E con la politica dovrebbero tornare anche i partiti. Dico dovrebbero perché, come ben sappiamo, il paesaggio politico è ancora fortemente caratterizzato dai partiti personali, dai cartelli elettorali e da una sempre più insopportabile personalizzazione della politica. Il ritorno dei partiti, comunque sia, sarà realmente credibile solo quando questi strumenti organizzativi saranno, come sempre, ispirati da una cultura politica, con una credibile e qualificata classe dirigente e, soprattutto, animati da una vera democrazia al proprio interno. Tre elementi decisivi che qualificano un partito che persegue, al contempo, una prospettiva politica frutto di un progetto politico di lungo termine. L’alternativa è persin troppo nota per essere descritta. Ovvero, tutto dipende solo ed esclusivamente dalla popolarità, dalle fortune e dalla simpatia del “capo”. Quando il “capo” precipita nei sondaggi per svariate motivazioni, tutto è destinato a saltare, a frantumarsi e, di conseguenza, a sgretolarsi.

Ora, è di tutta evidenza che con il potenziale e possibile ritorno dei partiti, il quadro politico nel suo complesso è destinato a mutare. E a mutare in profondità. Basti fare un solo esempio. Tutti i sondaggi che vengono sfornati a getto continuo in questo periodo sono del tutto inutili e anche un po’ anomali perché è certo, ad esempio, che alle prossime elezioni politiche ci sarà la presenza di un “centro” che i sondaggi più accreditati lo danno attorno alla forbice tra l’8 e il 10%. E con la presenza di un soggetto politico del genere è di tutta evidenza che cambiano radicalmente gli attuali orientamenti di voto.

Ma, per ritornare ai partiti, è altresì vero che con la loro potenziale presenza anche le culture politiche storiche - riformiste e costituzionali - sono destinate ad uscire dall’isolamento in cui sono state confinate dopo l’irruzione del populismo demagogico, antipolitico e giustizialista di stampo grillino. Certo, non sarà un compito né facile e né immediato. E questo perché il populismo ha segnato in profondità la cultura e la stessa storia democratica nel nostro paese. E questo perché quando si criminalizza politicamente e culturalmente una intera classe dirigente, tutti i partiti che ti hanno preceduto per non parlare delle culture che li hanno ispirati, è di tutta evidenza che l’onda qualunquista e demagogica tutto travolge e tutto sconvolge. E così è stato in questi lunghi 15 anni che hanno segnato il decollo e poi l’eclissi del populismo nostrano.

Ecco perché, forse, è giunto anche il momento per aprire definitivamente, e finalmente, una nuova ed inedita stagione politica. Certo, non tornano più i partiti del passato come, del resto, è una pia illusione pensare di riavere una classe dirigente di qualità e di alta levatura – salvo eccezioni, come ovvio – come quella che ha caratterizzato l’intera prima repubblica. Ma, del resto, ogni stagione è figlia del suo tempo ed è anche inutile fare confronti e paragoni tra le varie fasi storiche e politiche che hanno costellato la nostra storia democratica. Ma con il ritorno dei partiti organizzati, democratici e con un chiaro riferimento culturale e ideale che li giustifica, anche la politica è destinata a ritornare protagonista. E questo non può che essere positivo per la qualità della nostra democrazia e per la stessa salute delle nostre istituzioni democratiche.

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