LOTTA AL COVID

Disastro Sisp, Regione: quarantene nelle mani dei medici di famiglia

L'esasperazione dei cittadini per i ritardi e le proteste dei sanitari alla base della probabile decisione. Lunedì riunione al Dirmei per decretare un fallimento evidente del servizio. Affidando tutto ai camici bianchi del territorio si sveltirà la procedura

Ormai la misura è colma. Con i propositi di rimedio caduti nel vuoto, la crescente esasperazione dei medici di famiglia e dei cittadini vittime di isolamenti che diventano sequestri, la Regione sta andando verso un deciso cambio di passo che tolga (quanto più possibile) ai Sisp la (mala)gestione delle quarantene.

Quella di ieri è stata una giornata piuttosto agitata dalle parti del Dirmei e nei piani alti di molte Asl. Lunedì potrebbe essere il giorno in cui, preso atto di una situazione insostenibile (e indifendibile), da corso Regina Margherita si deciderà di mettere con forza sul tavolo la proposta di formalizzare quel che accade ormai da settimane, ovvero il lavoro che i medici di medicina generale svolgono “in supplenza” dei Servizi di igiene e sanità pubblica, affidando ai camici bianchi del territorio anche quella parte residuale delle incombenze per la “liberazione” dai provvedimenti contumaciali che i Sisp continuano a mostrare di non svolgere nei tempi dovuti. Non è escluso che si debbano affrontare alcune normative nazionali, questione che – una volta assunta la decisione – potrebbe trovare, se necessario, soluzione in un’interlocuzione con il ministero. 

Ieri, guarda caso, dopo l’articolo dello Spiffero in cui si dava conto dell’esasperazione dei medici di famiglia, di alcuni casi paradossali e purtroppo non rari e si riportava l’invettiva di Antonio Barillà, del segretario regionale dello Smi uno dei sindacati dei medici di medicina generale, dal Dirmei è partita, diretta ai Sisp e ai medici di famiglia, una circolare. Contiene “precisazioni sulla gestione e sul termine dell’isolamento dei positivi e della quarantena dei contatti ad alto rischio”, firmata dal direttore del dipartimento Emilpaolo Manno, di quello regionale Mario Minola, del responsabile della Prevenzione Bartolomeo Griglio e del consulente strategico Pietro Presti. Sono partite anche telefonate, tra l’allarmato e il piccato, che qualcuno ha letto come un’assenza o, perlomeno, un’incertezza di una strategia chiara di fronte a un’evidente disfunzione. Difficile definire altrimenti quel che accade, di fronte all’ennesimo caso: quello di una operatrice sanitaria che, dopo il periodo di isolamento e l’attestata negativizzazione al virus è stata “liberata” dal suo medico di base, riottenendo il Green Pass, ma vedendosi inibito il rientro al posto di lavoro (quanto mai necessario vista la penuria di personale) dall’Asl perché non ancora in possesso del documento il cui rilascio spetta al Sisp della stessa Asl.

Facile prevedere che se dal vertice regionale della Sanità arriverà una proposta che, superando logiche vanamente tranquillizzanti, prenderà di petto la situazione superando il collo di bottiglia dei Sisp e riconoscendo (anche economicamente) e attribuendo appieno il ruolo dai medici di famiglia non potrà che avere ampio consenso. Ammettere l’inadeguatezza e prendere atto dell’impossibilità a breve termine di porvi rimedio è meglio che continuare a sostenere tesi che l’evidenza smentisce. Insomma, se la Regione come pare assumerà una decisione, senza ledere norme ma trovando il modo di applicarle nella maniera più efficiente, in grado di mettere fine a situazioni non più sostenibili per i cittadini e per i medici che li hanno in cura farà ciò che è legittimo attendersi.

La riunione di lunedì, annunciata ieri ai diretti interessati da Presti, dovrebbe essere risolutiva. La catena di comando della Sanità piemontese, dai suoi vertici politico e tecnico a scendere, è chiamata a risolvere un problema che, con l’aumentare dei contagi e con una prospettiva di incertezza della pandemia e dei suoi effetti nelle prossime settimane, non può essere sottovalutato, tantomeno affrontato con timori reverenziali per quelli che, comunque, non devono essere né piccoli né grandi centri di potere. I medici di famiglia mostrano, nella gran parte dei casi, disponibilità a sopperire a disfunzioni del sistema. Affidare loro anche l’ultimo miglio nella gestione di quarantene e isolamenti, evitando che continui ad essere un sentiero impervio per i cittadini, appare oggi più che mai inevitabile. E inderogabile.