Il motore elettrico non è la soluzione, quello tradizionale non è il problema

Per l’automotive il 2021 non è stato un anno facile. In Italia, nel buio del mercato auto, ha brillato solo la fiammella Stellantis di Mirafiori con la produzione della 500 elettrica e di Maserati: oltre 77mila auto prodotte superando anche l’anno d’oro del 2017 (con riferimento alla ripartenza degli stabilimenti torinesi dal 2013) quando le vetture che videro la luce furono 69mila.

Le immatricolazioni di Stellantis nell’anno appena trascorso sono state 551.421 (+2,7% sul 2020), con una quota di mercato del 37,8%. Nonostante la realizzazione di quasi un milione e mezzo di vetture (+5,5%), in Italia come nel resto del mondo hanno dominato l’aumento delle materie prime e dell’energia, la crisi dei microchip e il conseguente ritardo sulle consegne delle vetture al cliente. Oltre al fatto che il Governo si è “dimenticato” il bonus per acquistare l’auto elettrica per il 2022.

Strana dimenticanza se si tiene conto che il 21% delle auto prodotte in Italia usufruiscono degli incentivi anche se non tutte sono destinate al mercato interno. Il tema rimane quindi sempre come è distribuita l’immatricolazione di vetture rispetto alla loro alimentazione. Continua il declino della benzina con una flessione del 16% e una quota di mercato attestata al 30% e del diesel che scende al 22,2% del mercato rispetto l 32,7% del 2020.

Quasi il 48% delle immatricolazioni dell’anno scorso sono ad alimentazione alternativa di cui il 38% elettrificate e tra queste le ibride non ricaricabili sono il 29%; mentre le ricaricabili (motore termico ed elettrico) hanno una quota di mercato del 9,4%. Da sottolineare come la auto a gpl occupino il 7,3% del mercato con una crescita del 14% rispetto al 2020.

Non bisognerebbe nemmeno trascurare il mercato dell’usato che nel 2021 ha generato quasi 3,4 milioni di trasferimenti di proprietà (+14%). E non vi è dubbio che questo mercato crescerà ancora se dopo il 2035 cesserà la produzione di motori endotermici. Il punto rimane come realizzare e con quale tipologia di energia il cambio di propulsione.

Riporto un’analisi raccolta su una rivista specializzata: “Le emissioni di CO2 si misurano sulle 4 fasi del ciclo di vita (200.000 km): 1) Produzione dell’auto: circa 6 tonnellate per un’endotermica compatta, 12 t per un’elettrica equivalente. 2) Generazione dell’energia con cui l’auto viaggia: circa 25 g/km per diesel, benzina, metano, bio-metano, e-metano; da 5 a 100 g/km per elettricità, media UE 60 g/km. 3) Utilizzo dell’auto: ibride 40 g/km, diesel 90 g/km, bio-metano o e-metano 0 g/km; elettrica 0 g/km. 4) Riciclaggio dell’auto.

Le emissioni totali di CO2 dipendono dalla combinazione delle 4 fasi e si deduce che: - Il motore a combustione interna non è il problema, il motore elettrico non è la soluzione; dipende da cosa ci si mette dentro (le emissioni del metano sono principalmente CO2 e H2O, inquinamento trascurabile); - I carburanti bio (metano, benzina, diesel) si producono con biomassa da scarti organici. – I carburanti sintetici (metano, benzina, diesel) si producono con elettricità rinnovabile e in eccesso, perché il processo ha delle inefficienze (irrilevanti, l’elettricità in eccesso non sarebbe altrimenti stata generata). - La mobilità elettrica è nulla senza energie rinnovabili. – L’obiettivo è l’efficacia nella riduzione delle emissioni, il mezzo l’efficienza nell’utilizzo delle energie rinnovabili. – Ogni forma di mobilità ad energie alternative è necessaria, da sola non sufficiente. L’approccio combinato è il più efficace ed il più veloce a ridurre le emissioni. A clima e ambiente non importa da quale fase del ciclo di vita arrivi la riduzione delle emissioni, importa che arrivi e basta”.

Mi sembra un’analisi approfondita e che indica una strada ben chiara: bisogna percorrere più strada strade/soluzioni per ridurre le emissioni mentre invece sembra, anche qui altrettanto chiaro che l’Europa ha scelto principalmente o meglio essenzialmente l’elettrico. Ma credo che facciano bene i costruttori che continuano a esplorare e investire su più alternative di mobilità.

Allora è importante che, pensando al futuro degli stabilimenti torinesi, non solo dell’auto, i ministri dei Trasporti dell’Unione Europea si siano detti favorevoli alle proposte di aumentare la produzione e l’utilizzo dei carburanti sostenibili. Una buona notizia se si pensa per esempio allo stabilimento di Lungo Stura Lazio da dove escono motori endotermici per camion e trattori in gran quantità.

Nonostante i carburanti derivati da biomasse attualmente in commercio siano già in grado di abbattere come minimo il 20% di CO2 rispetto ai loro corrispettivi derivati dal petrolio, in qualche modo i carburanti “verdi” restano una sorta di campo teorico che non trova (se non rare) applicazioni. In Piemonte, nel pinerolese, abbiamo già degli impianti significativi che recuperano gli scarti e deiezioni delle attività agricole e degli animali per produrre biogas soprattutto per trattori e autotrazione. Ma non solo Acea a Pinerolo recupera e ricicla i rifiuti e lo scarto organico producendo materiale a sua volta riciclabile e biogas e biometano in un virtuoso intreccio tra processi industriali e fonti rinnovabili. Servono massicci investimenti ma si può fare.

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