Emergenza continua

Finirà, perché è indubbio che finirà. Da circa due anni siamo investiti da un turbine fatto di parole quotidiane sempre uguali. Bollettini di contagiati, morti, guariti e vaccinati ci percuotono i timpani senza sosta. I giornalisti dei talk show e i conduttori dei programmi di cronaca fanno uso di un vocabolario ridotto a pochissime espressioni: vaccini, No vax, terza dose e andamento della pandemia.

La vendita dei quotidiani, messa già in crisi dalla digitalizzazione delle news, è crollata grazie alla stagnante ripetitività degli articoli. L’omologazione delle prime pagine di quasi tutte le testate nazionali (salvo rarissime eccezioni) ha creato di fatto una povertà di notizie, le stesse ripetute ovunque, da cui il lettore fugge. Stupisce il numero di cittadini che, approfittando del nuovo segnale televisivo digitale, ha deciso di non rinnovare l’abbonamento alla Rai per manifesta insofferenza nei confronti del teleschermo.

Viene da chiedersi cosa accadrà quando tutto sarà finalmente finito, quando non si parlerà più di green pass, di tamponi, di quarantene e soprattutto non si farà più la conta degli infettati. Un’epoca che ci si augura vicina, ma il cui arrivo potrebbe destare preoccupazione in alcuni. Voltare pagina significa parlare finalmente d’altro, riacquistare libertà e tranquillità sanitaria, ma anche mettere in pericolo posizioni acquisite e centri di potere sbocciati da poco.

Nel piattume del dibattito politico è forse sfuggito ai più, analisti compresi, un dato incontestabile: il virus ha fornito l’atteso alibi per portare avanti con forza la privatizzazione della Sanità. Un percorso di affidamento al privato realizzato con dedizione, seppur reso difficile da alcune misure volute dal secondo governo Conte. Infatti il premier dell’esecutivo giallo-rosso aveva destinato alle Regioni consistenti fondi perché queste potessero intervenire sugli ospedali pubblici e sui i reparti di rianimazione. Allo stesso tempo era stato dato l’incarico allo Spallanzani di lavorare alla ricerca del vaccino anti Covid: un prodotto frutto della ricerca pubblica.

Inutile ricordare che sono state spese piccole percentuali dei fondi destinati alla Sanità regionale, specialmente in Piemonte. Altrettanto di scarsa importanza è rilevare come Draghi abbia risolto lo spinoso problema “Vaccino italiano” revocando immediatamente i finanziamenti destinati al progetto: eliminazione che si è posta tra i primissimi atti del Consiglio dei Ministri voluto da Renzi, Berlusconi e Confindustria.

Le conseguenze sono davanti ai nostri occhi, e la colpa di quanto sta accadendo in questa quarta ondata virale non è mai attribuita al governo. Non sono stati costruiti nuovi reparti, non è stato migliorato il sistema del trasporto pubblico che ancora oggi è tra le principali cause di contagio, ha faticato a decollare la prevenzione e sono spariti i servizi sanitari definiti “Non urgenti”, ma gli errori non sono mai delle istituzioni. Assumersi le proprie responsabilità non è certo la caratteristica che distingue il sistema politico nostrano.

La Regione Piemonte ha deciso recentemente che a causa del diffondersi del Covid le strutture private “potranno presentare nuove domande di accreditamento al servizio sanitario sulla base delle necessità espresse dalle Asl per potenziare l’offerta dell’attività specialistica ambulatoriale. La motivazione è quella di ridurre le liste d’attesa tramite la stipula di altri accordi economici che esternalizzano le prestazioni sanitarie. La delibera regionale precisa che “mentre si sta procedendo alla revisione complessiva del sistema, tutti i provvedimenti di accreditamento attualmente in vigore siano confermati fino al 31 dicembre 2023”.

In sintesi, da gennaio le visite specialistiche non dichiarate urgenti si effettuano fuori dal sistema ospedaliero pubblico, ma al contempo il privato accetta quasi esclusivamente richieste a carico economico del paziente: spesso diventa addirittura impossibile certificare la richiesta di esenzione all’obbligo vaccinale. Le stesse operazioni chirurgiche vengono effettuate nelle cliniche, ma previa chiamata del reparto ospedaliero pubblico che ha registrato la prenotazione in lista di attesa.

Mascherine, tamponi e naturalmente vaccini rappresentano una grande fonte di profitto per il mercato. Il virus in pochi mesi è diventato affare di libero mercato, anziché questione esclusivamente sanitaria. Secondo una ricerca di Oxfam, confederazione internazionale di organizzazioni no profit, durante l’epidemia i dieci uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato i loro capitali guadagnando in un colpo solo circa 1,5 trilioni di dollari (cifra che normalmente immaginiamo esista solamente nei fumetti della Disney).

Oxfam, rendendo pubblica la denuncia, invita i governi a riflettere sul varo di una specifica tassa che riguardi i grandi profitti incamerati durante i mesi del Covid-19, e ricorda come altri 163 milioni persone in questi ultimi anni abbiano raggiunto redditi ben al di sotto della soglia di povertà.

Parlare di imposta patrimoniale nel nostro Paese è sempre cosa difficile, più semplice è aumentare il peso fiscale sui redditi bassi e bassissimi, oppure è più facile e popolare imporre, ad esempio, sanzioni fino a millecinquecento euro per coloro che si presentano al lavoro privi di super green pass: scelte utili a rafforzare il consenso tra i distratti che di certo non disturbano il manovratore.

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