SACRO & PROFANO

"Francesco, datti una mossa"

Le indiscrezioni fotocopia trapelate nei giorni scorsi sono una sorta di "pizzino" recapitato a Santa Marta perché si acceleri sulla nomina del vescovo di Torino. Due new entry di peso. L'annuncio per la festa di don Bosco? Critiche bipartisan sulle scelte episcopali di Bergoglio

Sono dunque arrivati i giorni cruciali. In ogni incontro clericale di queste ore, siano presenti preti o laici, il nervosismo – e anche la stanchezza – per questa lunga vigilia d’attesa si fa palpabile se pure, secondo l’uso, ben dissimulata. Sono così in molti a chiedersi che cosa dalla Santa Sede si stia aspettando a dare il tanto atteso annuncio di chi sarà il nuovo arcivescovo di Torino. Anche le ampie rose dei nomi fatte circolare sembrano quasi dei segnali lanciati a Santa Marta perché il papa rompa gli indugi e provveda alla guida pastorale della diocesi primaziale del “suo” Piemonte. Di essi colpisce la prevalenza dei lombardi, segno, secondo i più, che Francesco non abbia molta stima dei nativi e preferisca scegliere altrove. Un nome nuovo è sicuramente quello del cremonese monsignor Gian Carlo Perego, sessantunenne arcivescovo di Ferrara, dal 2009 direttore generale della Fondazione Migrantes dove ha dovuto gestire i casi di alcuni preti “problematici” incaricati dell’assistenza spirituale agli emigrati. Così pure, quello del sessantaseienne originario di Erba, monsignor Donato Ogliari, abate ordinario benedettino di Montecassino, già missionario della Consolata, dotato di vari gradi accademici e di un considerevole curriculum di studi teologici.

La settimana scorsa, l’arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, in pellegrinaggio da Carlin Petrini, ha fatto sapere che la sua nomina a Torino sarebbe frutto di pura fantasia. Infine, continua a circolare la voce che la scelta di Francesco potrebbe cadere – come avvenuto per altre diocesi – su un outsider, magari un prete proveniente da altre regioni.

Nei giorni scorsi sul blog Silere non possum – certamente non ascrivibile alla galassia tradizionalista, ma sempre puntuale e rigoroso nelle analisi e nei commenti – è comparsa un’impietosa ma realistica disamina della situazione delle diocesi italiane dove il pontificato di Francesco «annunciato come un evento che avrebbe reso la Chiesa la porta aperta per chi era scappato, sta diventando l’occasione per far uscire anche chi dentro c’era». Circa le nomine episcopali «la scelta di Francesco cade sempre su soggetti che è di grazia se hanno il baccellierato in sacra teologia. Vengono così meno quelle regole non scritte che però hanno funzionato. Come la nomina di un presbitero appartenente alla regione ecclesiastica, norma che permetteva che il nuovo vescovo fosse libero dai condizionamenti del presbiterio da cui proveniva ma allo stesso tempo garantiva la conoscenza del popolo di Dio e dei sacerdoti. Francesco sceglie invece, fra i tanti, di prendere un fiorentino e spedirlo in Calabria. Quale attenzione al popolo viene data? Non si pensa al presbiterio? Facile poi dire che le cose non funzionano. Il frutto di questo governo dispotico e sconclusionato è un episcopato incattivito che da un lato tenta di incensare il Pontefice auspicando di entrare nella sua aurea cerchia, dall’altro cova una rabbia che potrà trovare sfogo all’alba di un nuovo conclave. Per non parlare di quei vescovi che hanno iniziato a pronunciare omelie volte a far cambiare idea a Francesco su di loro, nella semplice speranza di non avere più il mirino puntato e che Santa Marta non ci siano emissari che vadano a controllare i preventivi per le pianete commissionate dall’episcopio».

Diversi preti, coperti dall’anonimato, confermano che la descrizione riportata corrisponde alla piena verità e delinea addirittura un quadro fin troppo benevolo. Se così è, si comprende come – progressisti o conservatori che siano – l’ansia di conoscere chi sarà il nuovo vescovo si faccia spasmodica. Secondo alcune voci, l’annuncio avrà luogo intorno al 31 gennaio, festa di S. Giovanni Bosco, così come era avvenuto per il cardinale Anastasio Ballestrero. Ma quelli erano veramente altri tempi.

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