PROFONDO ROSSO

Il Pd è tornato al governo,
più tasse per i torinesi

Palazzo Civico è di nuovo al verde. Il sindaco Lo Russo chiede al Governo un fondo straordinario da 70 milioni all'anno fino al 2042 e aumenta l'Irpef ai redditi sopra i 28mila euro

Sembra una sorta di riflesso condizionato, neanche il tempo di tornare al potere e la sinistra ha già trovato il modo per far quadrare i conti: alzando le tasse, as usual. Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ritoccherà l’aliquota Irpef oltre lo 0,8 per cento attuale e chiederà al governo un contributo straordinario di 70 milioni all’anno per vent’anni a fronte di misure draconiane per uscire dal profondo rosso in cui sono piombati i conti della città negli ultimi quindici anni. Un fondo che l’esecutivo mette a disposizione di quei grandi centri sui cui grava un disavanzo superiore ai 700 euro pro-capite. Torino, neanche a dirlo, ci rientra a pieno titolo.

Sulle casse del Comune pesa un disavanzo certificato dalla Corte dei Conti di 884 milioni di euro, come se non bastasse, quest’anno ci si è messo anche il caro bollette che provocherà un aumento della spesa per le utenze di 30 milioni. Si aggiunga che il Comune vuole assumere per far ripartire i servizi e quindi nei prossimi anni aumenterà la spesa per il personale et voilà, ecco la tempesta perfetta.

Con l’ultima delibera, approvata questa mattina in una giunta straordinaria, l’assessore al Bilancio Gabriella Nardelli propone un aumento dell’Irpef dello 0,15% per i redditi tra i 28mila e i 50mila euro, e dello 0,25% per chi supera i 50mila euro. Di fatto si va a intaccare il tesoretto che i cittadini pensavano di poter mettere da parte grazie alla riduzione dell’imposta inserita dall’esecutivo Draghi nell’ultima finanziaria. Su un reddito di 30mila euro, il ritocco previsto da Lo Russo inciderà per 45 euro all’anno che salgono a 60 per i redditi di 40mila euro e su fino a un incremento di 500 euro per i “paperoni” che possono contare su oltre 200mila euro annui. Da questa operazione il Comune ha messo in preventivo di ottenere maggiori entrate per 18 milioni di euro che si aggiungeranno così ai 70 milioni in arrivo dal governo.

Una lunga corsa quella dell’Irpef a Torino, che in vent’anni ha sostanzialmente decuplicato il proprio valore. Nel 2002, con Sergio Chiamparino appena insediato, il primo salto dallo 0,1 allo 0,3 per cento; scavallate le Olimpiadi, nel 2007, si sale di un altro gradino allo 0,5. Arriva una doppia crisi economica, la bolla del mercato immobiliare, a Roma c’è Mario Monti e a Torino la lunga ombra di Piero Fassino e a quel punto, siamo nel 2012, quasi si raddoppia: da 0,5 a 0,9 per cento, è il massimo previsto dalla legge. Anche l’Imu esplode. Sono gli anni più duri, pane e cipolla, poi arriva Chiara Appendino che resiste alla tentazione di aumentare le tasse, l’ultimo bilancio di previsione lo chiude addirittura entro l’anno precedente (dovrebbe essere normale ma pare un’impresa). Situazione finalmente sotto controllo? Macché.

Assieme al contributo del Governo e ai maggiori introiti dovuti all’aumento delle tasse, il Comune ha promesso l’immancabile strategia per rendere più efficiente la riscossione delle proprie entrate, anche attribuendo l’attività di recupero coattivo a soggetti terzi, compresa l’Agenzia delle Entrate.

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