REGIONE PIEMONTE

Lega-FdI, lo scontro finisce al Tar

Ricorso del capogruppo meloniano Bongioanni contro la procedura seguita per il rinnovo dell'Ufficio di presidenza a Palazzo Lascaris: "La pec non è prevista dal nostro regolamento". La parola ora passa al tribunale amministrativo

Non è bastato il rimpastino in giunta e qualche pezzetto di Welfare dirottato da Chiara Caucino a Maurizio Marrone, per sedare le fibrillazioni nella maggioranza regionale. Gli strascichi dopo l’esclusione di Fratelli d’Italia dall’Ufficio di presidenza di Palazzo Lascaris continuano ad alimentare sospetti e tensioni in un rapporto con la Lega che stenta a ricomporsi. E dalle aule della politica lo scontro si trasferisce in quelle del tribunale amministrativo con il capogruppo di FdI Paolo Bongioanni che, dopo averlo minacciato più volte, ha preso carta e penna e scritto il ricorso al Tar proprio contro la votazione che ha eletto il nuovo Udp, confermando il presidente Stefano Allasia, ma soprattutto lasciando fuori, anche per la seconda parte della legislatura, quell’alleato tanto scomodo a livello nazionale e pure locale. Un atto volto ad “avere giustizia” ma che, almeno da parte di FdI, non incrina i rapporti in maggioranza: “Rimaniamo leali nei confronti del presidente Alberto Cirio e delle altre forze della coalizione” assicura Bongioanni.

Oggetto della contestazione, presentata ieri, c’è il sistema di voto con posta certificata utilizzato nella seduta dell’8 febbraio, proprio quella in cui è stato rinnovato il vertice di via Alfieri. Il parlamentino piemontese, infatti, è stato l’ultimo a tornare in presenza e così i consiglieri hanno dovuto collegarsi da casa o dal proprio ufficio e hanno espresso la preferenza con una pec che – a detta del Csi – garantiva la segretezza del voto. Qualche dubbio, però, è rimasto.

Fino ai giorni precedenti i meloniani avevano trattato con altre forze di maggioranza e opposizione per sparigliare, lo stesso Bongioanni era pronto a candidarsi contro il leghista Allasia, che già faticava a tenere a bada la fronda interna al suo partito. Manovre sotterranee, potenziali franchi tiratori pronti a entrare in azione in una Lega tutt’altro che compatta; ma con la votazione a distanza in pochi si sono fidati della segretezza dell’urna virtuale e così il gioco è saltato. Lega e Forza Italia hanno votato compatte i propri candidati, la minoranza ha scelto i suoi e FdI, in polemica, non ha partecipato al voto. “I nostri alleati, Lega e Forza Italia – era stato l’affondo di Bongioanni – non hanno voluto riconoscere la presenza del loro alleato nell’Ufficio di presidenza: è l'unico caso in Italia”. Uno smacco politico che si è potuto consumare grazie anche a una “procedura non prevista dal regolamento” ha protestato Bongioanni. Ora chiederà giustizia al Tar.

 

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