Non ci indigniamo neppure più

Siamo entrati nel secondo anno di emergenza sanitaria. Alle nostre spalle vi sono mesi segnati da tensioni, preoccupazioni e incertezza verso il futuro. Inquietanti bollettini sin dal 2020 hanno reso pubblico ogni giorno il numero dei contagiati, dei guariti e dei morti. Negli ultimi tempi la conta ha incluso anche i vaccinati, creando un’inedita contrapposizione tra questi e coloro, che per vari motivi, non hanno ricevuto l’inoculazione: puniti con la sospensione dal lavoro, e soprattutto della busta paga, per lungo tempo.

I provvedimenti condizionanti stipendi e salari hanno decisamente influito sul reddito e sulla qualità di vita di molte persone; ma naturalmente mentre su alcuni è caduta la mannaia della povertà, su altri le tragedie umane si sono rivelate un aumento esponenziale del profitto.

I pochi che nel mondo incassano tanto hanno scoperto come sia facile replicare modelli speculativi decisamente favorevoli al loro benessere. Appena la morsa del virus sembrava mollasse leggermente la presa, e una timida luce si stava affacciando in fondo al tunnel, è stata prontamente annunciata un’altra crisi: quella energetica.

I costi del gas e dell’energia elettrica sono lievitati sin dal settembre scorso, fino a raggiungere livelli inediti negli ultimi cinquant’anni. Si è trattato di un aumento insostenibile per le famiglie composte da lavoratori precari, oppure da pensionati che percepiscono “La minima”. Ad esempio, a Torino in molti palazzi gli abitanti hanno trovato nella buca delle lettere la richiesta, da parte del loro amministratore, di integrare le rate a saldo dei costi dovuti per il riscaldamento: un supplemento pari al doppio di quanto già pagato per l’anno in corso.

Il doppio. Non si tratta di rincari del tre o quattro per cento, bensì del cento per cento, che vanno a sommarsi a quelli contenuti nelle bollette della luce e del gas per uso domestico (+84%). In conseguenza a una bolla puramente speculativa di questo genere se la passano male i cittadini appartenenti alla classe media e bassa; così come soffrono le piccole imprese, di cui molte oramai a rischio chiusura e quindi licenziamento dei dipendenti.

Il motivo che dovrebbe giustificare l’emanazione di fatture del settore energetico tanto care risiederebbe nella vertiginosa crescita del prezzo delle materie prime. L’affermazione però verrebbe contraddetta dalle aziende che pur producendo prevalentemente energia dall’idroelettrico, quindi rinnovabile, hanno comunque ritoccato al rialzo le proprie tariffe. In sintesi, il profitto in capo ai produttori è salito in maniera vertiginosa, spingendo stati come la Spagna a chiedere di destinare i ricchi guadagni societari al taglio dei folli costi ricaduti sui consumatori. Una scelta politica coraggiosa, e subito censurata dalla Commissione europea nel nome del libero mercato.

La voglia di approfittare della situazione non poteva escludere dalla tentazione anche le grandi compagnie petrolifere, le quali senza averne la necessità reale hanno fatto balzare il prezzo della benzina a oltre due euro al litro. Il caro carburante si è ristabilizzato verso il basso grazie alla rimozione temporanea da parte del governo di alcune accise. Anche in questo caso si è stati ben attenti a non turbare gli interessi dei grandi speculatori preferendo la via della riduzione delle tasse. Va espressa una nota di merito alla Tamoil, l’unica azienda che non ha modificato i display delle colonnine erogatrici.

Non credo ci sia da stupirsi di fronte al quadro sin qui descritto. L’Italia ha fatto una scelta di stampo privatistico, abbandonando da tempo, o meglio svendendo, tutte le sue partecipazioni industriali e produttive. Per cui, nel nome della concorrenza lo Stato non può fare più nulla per contrastare i grandi cartelli della distribuzione, che impongono tariffe e prezzi, e neppure per fermare i rincari che strangolano letteralmente tante famiglie. Inoltre, nello specifico, l’esecutivo in carica segue una visione “iper-neoliberista” dell’economia, per cui meglio ricette simili a quelle che hanno affamato la Grecia, che misure di tutela del welfare e di nazionalizzazione dei settori strategici nazionali.

Ad ogni modo, è interessante constatare come non ci indigniamo neppure più. Subiamo quello che ci impone il destino, o meglio le scelte di chi davvero comanda, senza battere ciglio, senza neppure pensare ad azioni collettive minori, tra cui non accettare gli immotivati aumenti delle rate del riscaldamento e decidere magari di non pagarle in nessun condominio. 

Covid, tamponi, inoculazioni continue, sospensioni dei salari, aumenti vertiginosi delle bollette, sono fatti che non ci scalfiscono più. Allora perché non aggiungere un altro bel peso sulle nostre spalle, come il terrore nucleare. Se non dovesse bastare, si può sempre sperare in una prossima sciagura cosmica.

Puntuale, ecco allora la guerra insieme al suo classico bagaglio di tragedia, sofferenza e paura. Un biennio che vorremmo tutti dimenticare, ma le cui conseguenze purtroppo ce lo impediranno per molti anni.

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