Il sapere di chi governa

La situazione politica internazionale mostra scenari inediti e sconvolgenti per chi ha un’età intorno ai cinquant’anni. Al contrario, la popolazione più giovane percepisce un mondo dove imperversa una grande confusione che diventa nevrotica routine quotidiana, di cui è possibile solo prendere atto.

In effetti i quarantenni sono cresciuti in una società molto diversa rispetto a quella delle generazioni precedenti, che hanno conosciuto la Guerra fredda e un pianeta diviso in due enormi blocchi. Coloro che lavoravano o studiavano negli anni ’90 sapevano bene cosa volesse dire, in termini di distruzione e morti, iniziare una guerra nucleare. I giovani dell’epoca, compresi i disimpegnati amanti della discoteca, vedevano un’Europa divisa e alla perenne ricerca di un faticoso equilibrio di forza: da una parte la Nato filoamericana e dall’altra, oltrecortina, il Patto di Varsavia ispirato dall’Unione Sovietica.

A Est il Cremlino con la bandiera rossa, su cui erano ricamate una stella e la falce incrociata con il martello, e a Ovest la Casa Bianca sotto il vessillo a stelle e strisce. In mezzo, l’Unione Europea con i suoi leader, statisti di altri tempi. Infatti, la stessa classe politica ha subito una mutazione genetica dall’epoca di Andreotti, Spadolini, Fanfani e, guardando verso l’opposizione parlamentare, di Berlinguer oppure Capanna. Sono legati al profondo passato pure i confronti elettorali, la dialettica delle Tribune Politiche in cui accadeva che il segretario del Pci si contrapponesse con forza ad Almirante, leader dell’Msi, in un clima di determinata ma rispettosa inimicizia.

In seguito al disfacimento dell’Urss sono scoppiate guerre ovunque e ampie porzioni del nostro continente sono cadute nelle mani dei nazionalisti. I vecchi partiti, alcuni corrotti ma in grado di reggere (seppur faticosamente) le sorti della nostra acciaccata democrazia, sono scomparsi di colpo. Dopo di loro l’ambiente politico ha accolto ogni sorta di arrivismo e di carrierismo senza scrupoli, restio ai grandi valori sociali. 

La cultura del Grande Fratello e dell’inflazionato trash televisivo ha letteralmente riempito il tempo libero di chi è diventato adulto in questi decenni. La prevaricazione del singolo sul collettivo, del successo sull’etica, ha creato una sorta di corto circuito che paradossalmente ha scolpito la nuova classe politica. 

E’ come se i refrattari alle scienze umanistiche, considerate una perdita di tempo e quindi di denaro, oppure i più distratti della classe, quelli che passavano tutto il tempo a lanciare palline di carta e saliva con le Bic trasformate in cerbottana, oggi governassero i vertici di molte democrazie occidentali. Dirigenti insensibili a qualsiasi tipo di analisi ad ampio spettro, ma pronti ad accettare tutto ciò che conviene nel nome del pragmatismo e del denaro.

Non valgono più gli obiettivi a lungo termine, e nemmeno le scelte che tutelino principalmente le classi sociali più deboli. Si procede a governare dando valore solo a filoni di stampo neoliberista e globale, senza badare alle conseguenze, alle ricadute sulla vita di chi lotta per portare a casa uno stipendio, comunque insufficiente per garantire un’esistenza dignitosa alla propria famiglia.

Non dà stupore quindi l’anomalo clima bellico che si sta vivendo in questi giorni in Italia e in Europa. Non si rimane basiti neppure di fronte alle tentazioni interventiste di molti opinionisti, diventati ormai bravi a trasformare quadri complessi in banalissimi schemi tipo “Buoni contro Cattivi”. Gli ideologi della semplificazione culturale sono comunque sempre pronti a dispensare una buona dose di pesanti stigmatizzazioni a chiunque non condivida la loro visione del mondo. I fautori del pensiero minimalista, una volta protagonisti assoluti delle discussioni da tifoseria al bar, negano qualsiasi confronto con chiunque non abbia fede nel dogma che li anima.

Le scelte di questo governo sembrano scaturire da analisi ingenue, oppure elementari, di situazioni complesse: considerazioni sballate derivanti da una non adeguata conoscenza della materia. L’unica altra spiegazione alla manchevolezza dei vertici politici è quella di una malafede ben radicata, che condiziona tutti i loro atti. In caso contrario, non si comprenderebbe il motivo di un’informazione piegata alla retorica di guerra: violenza psicologica di cui si potrebbe fare a meno se la trasparenza e la buona fede regolassero l’agire degli esecutivi.

Quando si affida tutto a persone arroganti e prive di una cultura che vada oltre a quella tecnica, in genere economica o bancaria, può accadere che un Sottosegretario dichiari, con estremo candore, come alcune misure di interdizione al lavoro per i non vaccinati non fossero solamente di carattere sanitario, ma anche punitive e di esempio per tutti gli altri: la confessione spudorata di come sia stata straziata la Costituzione repubblicana da coloro che invece devono salvaguardarla.

L’assenza di buona fede in parte di chi governa presenta ora i conti in tutta Europa. In Francia le conseguenze di tanta ipocrisia portano il successo di Le Pen, mentre in Italia si manifestano sotto forma di un Paese a un passo dal collasso e dalla guerra.

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