SANITÀ MALATA

Pronto soccorso, medici in fuga. L'emergenza in mano alle coop

Numerosi ospedali piemontesi affidano la prima linea a personale esterno. Costa molto di più e spesso non è specializzato. Camici bianchi anziani e che non parlano italiano. De Iaco (Simeu): "La nave sta affondando". Servono interventi economici e organizzativi

C’è anche il medico ottantenne che, poveraccio, non fa in tempo a concludere il turno in Pronto Soccorso e finisce in cardiologia, come paziente però. E c’è chi prende servizio nella prima linea della sanità e poco dopo si scopre che ha difficoltà con l’italiano anche solo, si fa per dire, nel compilare un referto. 

Intendiamoci, non tutti i medici delle cooperative cui viene affidata la copertura dei turni in sempre più Pronto Soccorso del Piemonte sono così, ci sono anche fior di professionisti e specialisti. Però il problema dell’esternalizzazione, che fa più fine definire outsourcing, di uno dei servizi più delicati e cruciali della sanità esiste, cresce e per dirla con Marina Civita, presidente regionale della Simeu la Società italiana medicina emergenza-urgenza, “siamo oltre il baratro”. C’è carenza di specialisti, soprattutto mancano urgentisti disposti a vivere una vita da medico diversa da quella di quasi tutti gli altri colleghi. Questo è il dato di partenza, l’arrivo ad oggi incerto non è sicuramente in discesa. Da rimedio tampone, il ricorso alle cooperative sta diventando prassi con un aumento continuo delle aziende sanitarie e ospedaliere del Piemonte che, seguendo ma anche spesso superando un trend nazionale, “risolvono” il problema della carenza di personale affidandosi a servizi esterni che, però, oltre a costare molto di più “superano” vincoli che dovrebbero garantire maggior sicurezza. 

Basta dire che per essere assunto in Pronto Soccorso è indispensabile la specializzazione in medicina di emergenza e urgenza o equipollente, mentre l’outsourcing mette a disposizione anche medici non specializzati o specialisti che mai potrebbero entrare nella pianta organica di quel reparto. Sui costi, di cui si diceva, il confronto è lampante: Asl e Aso pagano alle cooperative circa 130 euro all’ora la prestazione del medico e fare i conti su quanto costa una notte è semplice. Per contro un primario di Pronto Soccorso, porta a casa ogni fine mese non più di 4.600 euro al mese, meno di 3mila un neoassunto.

“Il ricorso alle cooperative e alle società di servizio è diffusissimo e in aumento”, conferma Fabio De Iaco, presidente nazionale di Simeu che della situazione discuterà oggi al ministero e porterà nei prossimi giorni il tema all’attenzione del presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. “Pur avendo protestato mille volte non riesco a dare la colpa alle aziende sanitarie per quello che a oggi pare essere l’unico rimedio alla carenza di personale. Questa situazione è risolvibile con problemi importanti e rivoluzionari, come mettere gli specializzandi dal terzo anno in poi in grado di lavorare come dirigenti medici a tutti gli effetti negli ospedali”. C’è, però, anche un problema economico e di condizioni di lavoro da risolvere, in tempi rapidi, per evitare che l’esternalizzazione diventi la soluzione più comoda, anche se più onerosa e non certo più sicura.

“Nei mesi scorsi abbiamo presentato alla Regione una serie di richieste, in parte accolte e tradotte in direttive – spiega Civita – , che riguardano l’organizzazione, i percorsi dei pazienti verso gli specialisti, la riduzione del boarding. Il problema è che alcune aziende le hanno applicate, ma la gran parte ancora no e questo pesa sulle condizioni di lavoro. In Pronto Soccorso si affrontano ancora patologie minori che dovrebbero essere risolte sul territorio, si curano pazienti che dovrebbero andare nei reparti nel giro di poche ore, invece restano alcuni giorni”. 

Rivolgersi alla cooperative è più semplice e rapido rispetto a mettere mano all’organizzazione. È questa una delle ragioni dell’aumento dell’outsourcing? Per cercare di dare una riposta a questa e altre domande il consigliere regionale del Pd Domenico Ravetti ha richiesto l’accesso agli atti relativi alla gestione dei Pronto Soccorso del Piemonte.  

Una risposta, dal fronte medico, che è anche un duro atto d’accusa alla gestione del sistema arriva dal sindacato dei medici ospedalieri Anaoo-Assomed: “Nei Pronto Soccorso in pochi scelgono di lavorarci e tanti che ci lavorano cercano di andare via – spiega la segretaria regionale Chiara Rivetti –. Il disagio è troppo, anche per un lavoro molto entusiasmante. Da tempo chiediamo di rendere appetibile il lavoro, di pagare di più il disagio, di potenziare il territorio, approfittando del Pnrr, per ridurre gli accessi impropri. Invece, per coprire i turni vengono impiegati medici delle cooperative. Ma nel Pronto Soccorso è indispensabile creare un lavoro di equipe, investire nella formazione dei medici, motivare il gruppo. Tutte cose che non si possono fare con i medici a gettone che spesso non hanno la specialità, ma costano molto più dei dipendenti”.

Medici, quelli che coprono le carenze nella porta d’accesso agli ospedali, con la valigia in mano: arrivano da varie regioni, un giorno qui l’altro là, non di rado prendendo servizio in ospedali che non hanno mai visto prima, lavorando con personale che non conoscono, come non conoscono i sistemi informatici. “Se il Pronto soccorso lavora bene – osserva il presidente nazionale di Simeu – tutto l’ospedale ne ha giovamento e lavora bene, al contrario se nell’emergenza urgenza ci sono problemi, questi inevitabilmente si riflettono su tutta la struttura. “La nave affonda – ha scritto sulla sua pagina Facebook De Iaco a proposito della situazione dei Pronto Soccorso – e noi continuiamo a provare a tenerla a galla. Cittadini, medici e infermieri sulla stessa barca, stiamo affondando insieme. E continuiamo ad attendere i soccorsi”.

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