SANITA' MALATA

Le Asl prima pagano i medici poi rivogliono indietro i soldi

Le visite nelle Rsa, autorizzate e pagate per oltre dieci anni, non erano coperte da una norma regionale. Il pronunciamento della Corte dei Conti dà il via al recupero forzoso. In ballo circa 4 milioni in tutto il Piemonte. Barillà (Smi): "Denunceremo le Aziende"

Prima hanno autorizzato e pagato le visite dei medici di famiglia agli ospiti delle Rsa, adesso le Asl si riprendono indietro quei soldi trattenendoli dallo stipendio dei professionisti. Una vicenda che se non dell’incredibile, certamente ha dell’assurdo. L’epilogo, peraltro provvisorio visto che si preannunciano ulteriori carte bollate, sta nelle poche righe inviate in questo caso dall’Asl Città di Torino, ma la questione riguarda l’intera regione, ai medici di medicina generale avvisandoli che l’azienda “avvierà il recupero della somma indebitamente erogata, mediante trattenuta stipendiale”.

A una prima lettura, quell’“indebitamente” porta immaginare truffe giocate su visite mai fatte, dati taroccati, magari pure a immaginare pazienti fantasma come strumento per intascare soldi pubblici, appunto, “indebitamente”. Niente di tutto ciò. In realtà un’inchiesta dei Nas ci fu e il passato remoto è d’obbligo visto che risale a un bel po’ di anni fa, coinvolse un medico che andò a processo per alcune irregolarità, ma soprattutto quella sentenza penale mise in moto la Corte dei Conti. I magistrati contabili “scoprirono” che il pagamento da parte della Regione, tramite le Asl, quelle visite agli ospiti delle case di riposo da parte dei loro medici di famiglia non erano supportate da una norma. 

I 18,90 euro lordi corrisposti ai medici di famiglia per ogni visita nell’ambito dell’Adp (l’assistenza domiciliare programmata), misura che scatta nei casi in cui l’assistito non possa recarsi nell’ambulatorio e presenti una serie di requisiti clinici, non si sarebbero dovuti pagare ai dottori per l’assistenza a chi era ospite delle Rsa. Questa la disposizione dei magistrati di fronte a una carenza di legge da parte della Regione che risale a molto più di dieci anni fa e pare difficile trovare paternità certa. 

Era però noto alle Asl (o almeno ce lo si augura) quali le normative in vigore e i limiti da non valicare nell’approvazione di quelle visite dei medici di famiglia ai loro assistiti ospiti delle Rsa, dove spesso non c’era il medico di struttura. Invece per molti anni le visite vanno avanti e sempre autorizzate da altri medici, in questo caso i responsabili delle aziende sanitarie preposti a verificare le richieste dei colleghi del territorio e, nel caso, dare risposta positiva. Regolarmente dalle casse delle Asl sono usciti, anno dopo anno, soldi per prestazioni autorizzate preventivamente dalle aziende stesse, salvo poi scoprire dalla Corte dei Conti che quella procedura era fuorilegge.  

Non deve ingannare la cifra corrisposta per ogni visita, i conti che si stanno facendo riferiti al decennio 2010-2020 (le somme relative al periodo precedente non sono più esigibili) portano a prevedere un “ritorno” nelle casse delle Asl di tutta la regione di qualcosa come più di 4 milioni di euro. Ci sono medici che si vedranno trattenere alcune centinaia di euro, altri per cui il conto raggiunge decine di migliaia.

Non proprio una sorpresa per quelli che una volta erano i dottori della mutua. L’avviso di recupero forzoso delle somme “indebitamente” erogate era arrivato, nel caso di Torino, all’inizio del 2020, proprio in coincidenza con l’esplosione della pandemia. I sindacati dei medici avevano alzato le barricate e chiesto una moratoria, cercando nel frattempo di trovare una soluzione a uno sbaglio che non era stato commesso da loro, bensì da chi aveva autorizzato le visite e i relativi pagamenti come previsto da un protocollo nazionale, ma non recepito con una norma dalla Regione. Congelati per tutto il periodo della pandemia, i provvedimenti per il recupero delle somme sono partiti non appena dichiarata la fine dello stato di emergenza.

Visto il pronunciamento della Corte dei Conti, nessuna possibilità di ricorrere contro il provvedimento, per i medici. “Ma questo non vuol dire che accetteremo senza battere ciglio una decisione che riteniamo profondamente ingiusta”, avverte il segretario del sindacato dei medici di medicina generale Smi, Antonio Barillà. “Quelle visite sono state fatte, autorizzate dall’Asl e noi faremo causa alle Asl. Se qualcuno ha sbagliato non va cercato certo nei medici di famiglia, ma in chi prima ha approvato le procedure, ha pagato le prestazioni e adesso si riprende i soldi indietro”. Un precedente che, dopo due anni di emergenza Covid in cui non poche prestazioni richieste ai medici del territorio hanno avuto un riconoscimento economico, non può che allarmare i camici bianchi e alimentare i timori che quello che sta  capitando possa ripetersi. 

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