FINANZA & POTERI

Crt, il salto della Quaglia (azzoppata) di Palenzona

Con la sconfitta sulle Generali si apre il redde rationem all'interno della Fondazione. Mercoledì prossimo il consiglio di indirizzo aprirà il fuoco (di domande) sul presidente. Le chance di Irrera in picchiata. Big Fabrizio ha in testa il successore: se stesso

Guardando a quello che è successo e sta succedendo in via XX Settembre un brillante osservatore delle stanze del potere subalpino la definisce “crisi dei trent’anni”. Una cosa è certa, a memoria d’uomo non si ricorda un periodo altrettanto travagliato come quello che sta attraversando in questi ultimi mesi la Fondazione Crt. Decisioni contrastate e contestate, tensioni tra organismi interni, ambizioni e ripicche. Il presidente Giovanni Quaglia, fresco di sconfitta nella partita Generali, è sempre più sulla graticola. Il prossimo 18 maggio si riunirà la prima commissione del consiglio di indirizzo che, aldilà dei suoi scarsi effetti pratici (“poco più che uno sfogatoio”, la liquida un componente del cda), chiederà conto ai vertici della scelta di schierarsi con la lista di Caltagirone nella battaglia sul Leone di Trieste e su come sia stata gestita una partita complessa e per la quale i segnali di maggior cautela e riflessione non erano affatto mancati di arrivare a Quaglia e al segretario generale Massimo Lapucci. È pur vero, e questo verrà fatto notare tra le probabili risposte, che tutte le decisioni sono state avallate dal consiglio di amministrazione. Insomma, un passaggio dagli esiti pratici prossimi allo zero, anche se il solo fatto di discuterne non potrà che aumentare la temperatura interna.

A questo non può non essere aggiunto un altro fatto di estrema rilevanza, ovvero la “trombatura” del presidente per la sua riconferma nel consiglio dell’Acri, la potente associazione tra le casse di risparmio e le fondazioni. La designazione del suo vice vicario  Maurizio Irrera non è solo uno schiaffo a Quaglia ma svela una fitta trama che ha come obiettivo principale i futuri assetti. Irrera ha mosso mari e monti per entrare nella stanza dei bottoni di quello che per un ventennio fu il regno di Giuseppe Guzzetti prima del passaggio di testimone al numero uno di Compagnia di San Paolo Francesco Profumo. A quel posto Irrera ha puntato (anche) per provare a mettere in atto il suo disegno, ovvero modificare il vincolo che fissa in due mandati la permanenza nelle fondazioni. E lui, essendo al secondo giro, vedrebbe ad oggi precluso l’obiettivo di diventare tra poco più di un anno il successore di Quaglia. Da qui il tentativo, disperato e senza speranza secondo molti, di abbattere quel limite cogliendo l’occasione della riforma cui è chiamata l’Acri insieme al Mef, introducendo un’interpretazione estensiva della norma in essere, facendo leva sul fatto che il veto sarebbe limitato al medesimo ruolo, ovvero: vale per il consigliere, ma non se il consigliere pur con due mandati è eletto presidente. 

Da quel che risulta, Acri però non ha alcuna intenzione di allargare maglie che andrebbero bene così. E il fatto che difficilmente Irrera rriuscirà a entrare nell’esecutivo dell’Associazione sembra mettere la parola fine alle sue velleità. Si era ipotizzato, ma anche questa eventualità è tutt’altro che condivisa, di concedere una deroga per i presidenti uscenti che non avessero fatto uno dei due mandati in maniera completa. Caso in cui rientrerebbe proprio Quaglia, che ricevette il testimone da Carlo Maria Marocco subentrando in corsa al notaio scomparso recentemente. Espressione delle Province di Biella, Vercelli, Novara e Verbania, Irrera punta a succedere al Quaglia, il quale da tempo era stato avvertito del fatto che stava allevando un serpe in seno, con evidente riferimento al suo vice e alla sue, peraltro legittime, mire. A norma vigente, l’ex presidente della Provincia di Cuneo, collezionista di incarichi,non è rieleggibile . E anche questo spiega i suoi non nascosti tentativi di restare in Acri per poter meglio perora la deroga. Se è possibile, ma non scontata l’eccezione per i presidenti – caso che riguarda Quaglia, ma anche qualche altro collega nella sua stessa situazione – tutti escludono l’ipotesi che farebbe comodo a Irrera.

Nelle stanze del potere, economico e politico, ci si interroga, con crescente preoccupazione, su come far uscire la cassaforte torinese da questo pantano. Tre sono le ipotesi ad essere prese in considerazione. La prima: dopo la batosta Generali, Quaglia fa un passo indietro e si dimette. Nessuna probabilità che ciò possa accadere. La seconda: la fronda interna, proprio in seguito alle decisioni contestate del presidente che ne ha attestato una conclamata debolezza, lo cinge in uno stretto perimetro, condizionandolo nelle scelte future (in particolare nelle nomine). Insomma, una sorta di utile quaglia zoppa. La terza guarda più avanti, alla fine naturale del mandato di Quaglia e dunque alla successione. A chi gli ha chiesto, in questi mesi, cosa ne pensasse del presidente attuale e dei potenziali papabili, a partire dallo stesso Irrera, Fabrizio Palenzona ha sempre risposto così: “Di Quaglia conosco pregi e difetti, degli altri solo i difetti”. Tradotto, big Fabrizio non è affatto favorevole a una sostituzione anzitempo del presidente, ma soprattutto non vede un suo successore. A meno di non guardare lo specchio. Perché alla fine sono in molti a scommettere che sarà proprio lui a sedersi sulla poltrona di via XX Settembre.

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