VERSO IL VOTO

Comunali, tira una brutta aria per il centrodestra piemontese

Forte preoccupazione della Lega per Alessandria. Una sconfitta nella città del segretario regionale e capogruppo alla Camera sarebbe un colpo durissimo. Molinari e i suoi pancia a terra. Data per persa Cuneo, si teme un ferale ballottaggio per Rasero ad Asti

Pure la cabala non aiuta. Se il centrodestra in Piemonte mostra segni di crescente preoccupazione guardando alle elezioni comunali del 12 giugno, volgere lo sguardo indietro nella città dove la Lega si gioca ben più della già cruciale riconferma del suo sindaco è roba da brividi gelati lungo la schiena. 

Ad Alessandria, città del segretario regionale e capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari, l’ultimo sindaco che è riuscito a essere riconfermato dopo il primo mandato è stata Francesca Calvo, protagonista della fortunata stagione leghista agli inizi degli anni Novanta ponendo fine (complice le vicende nazionali) all’ininterrotta serie di primi cittadini socialisti che governarono la città dal 1946. Dopo la sindaca che si trovò a fronteggiare la disastrosa alluvione del ’94, a Palazzo Rosso arrivò Mara Scagni candidata per il centrosinistra dove c’erano ancora i Democratici di Sinistra. Dopo cinque anni la diessina di ci riprova, ma viene sconfitta dal forzista Piercarlo Fabbio cui è riservato analogo destino nel 2012 quando il Comune torna al centrosinistra con Rita Rossa. Pure lei, cinque anni fa, si ricandida ma viene sconfitta dal leghista Gianfranco Cuttica con cui il centrodestra conferma quell’alternanza che adesso lo spaventa.

Inutile girarci attorno, la questione del mantenimento della guida del capoluogo mandrogno è vitale, soprattutto per la Lega. Una sconfitta nella culla e poi feudo politico di Molinari rappresenterebbe per lui e per il partito qualcosa che da quelle parti non si vuole neppure prendere in considerazione, anche se tocca farlo per cercare di evitarlo.

Da qui una tensione sempre più palpabile e una preoccupazione che ha come contraltare un certo ringalluzzirsi del centrosinistra, del Pd in particolare, che dopo aver iniziato la corsa con le orecchie basse e altrettanto entusiasmo adesso fa dire anche ai più attenti a non sbilanciarsi troppo che la possibilità di sorpassare l’avversario al primo turno non è remota come si temeva. 

Giorgio Abonante, il candidato sindaco dem non è figura dirompente, già assessore con la Rossa è amministratore stimato anche dagli oppositori, ma il suo (low) profilo forse aveva indotto il centrodestra a temerlo poco e non come, invece, consiglia l’aria che starebbe tirando. Ieri per lui è arrivato il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, poi faranno tappa tra gli altri Pierluigi Bersani ed Enrico Letta. Sul fronte opposto l’altro giorno è arrivata la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, accolta dai candidati ma non dalla folla che si attendeva. Si parla di una visita pure di Silvio Berlusconi, che in città ha quel che resta di un partito dopo scazzi, divisioni e transumanze, così come non mancherà Matteo Salvini a suggellare un impegno che Molinari e i suoi stanno profondendo senza risparmio. Come si fa quando ci si gioca tutto e non si deve perdere.

Perché il rischio c’è e se lo si percepisce laddove dovrebbe essere più lontano, figurarsi altrove. Risalendo lungo il Tanaro, le acque nel centrodestra non sono meno agitate ad Asti dove sulla carta l’uscente Maurizio Rasero è dato in netto vantaggio ma su di lui pesa l’incognita del ballottaggio, da evitare come la peste secondo molti della coalizione, visto che se il forzista non incasserà la vittoria al primo turno potrebbe scattare una pericolosissima e politicamente letale conventio ad excludendum.

Data per persa Cuneo, il centrodestra corre un ulteriore rischio sempre più concreto: quello di uscire sconfitto da una sorta di fuoco amico in un paio di città importanti. Ad Acqui Terme dove il borsino è in continua ascesa per Danilo Rapetti, già sindaco in passato per due mandati, ex azzurro passato alla Lega, ma non candidato dalla coalizione che ha scelto, invece, la forzista Franca Roso. A Mondovì, feudo dell’ex ministro e attuale deputato di Azione Enrico Costa, il centrodestra ha molte probabilità di dover cedere di fronte al rassemblemant del Patto Civico che candida Luca Robaldo, capo della segreteria del governatore Alberto Cirio

Ma a far fibrillare i partiti della coalizione c’è anche la contesa, in termini di voti, tra il partito di Salvini e quello della Meloni, guidato in Piemonte da Fabrizio Comba. In una tornata elettorale che, da questo punto di vista, sarà molto rilevante anche per la distribuzione dei collegi per le politiche del prossimi anno, la rincorsa al primato nelle urne tra le due forze politiche, con Forza Italia mezza dissanguata da fuoriuscite (soprattutto verso FdI, proprio nel caso di Alessandria dopo l'ardita operazione di cambio al vertice del partito cittadino condotta dal coordinatore regionale Paolo Zangrillo) mesta (e pesta) spettatrice.

Nella città dove la Lega deve mantenere il suo sindaco per evitare conseguenze ancor peggiori, incominciando da un indigeribile smacco per uno dei suoi uomini di punta a livello nazionale (nonché numero uno nella regione), Molinari e i suoi devono anche tenere d’occhio l’alleato sul fianco destro per evitare un altrettanto imbarazzante sorpasso. Ma soprattutto per il partito di Salvini l’imperativo di fronte a una non improbabile Caporetto del centrodestra in Piemonte, è difendere la bandiera issata cinque anni fa su Alessandria. Sfatando quella cabala che pesa come le ragioni che ne stanno alla base, tradotte nel voto degli elettori.

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